Washington ha dato il via al ritiro delle truppe dalla Siria. “Abbiamo iniziato a riportare a casa i soldati degli Stati Uniti mentre passiamo alla fase successiva di questa campagna”, afferma la Casa Bianca in una nota. “Cinque anni fa, l’Is (Islamica state, lo Stato islamico, ndr) era una forza estremamente potente e pericolosa in Medio Oriente. Ora gli Stati Uniti hanno sconfitto il califfato” nella regione. Ma è scontro con il Pentagono: “La lotta all’Isis non è finita, anche se la coalizione ha liberato alcuni territori che erano in mano all’organizzazione”, afferma Diana White, portavoce del Dipartimento della Difesa, confermando come gli Usa “hanno iniziato il processo di rientro delle truppe e si avviano alla prossima fase della campagna”.

La notizia del rientro dei 2mila militari del contingente Usa era stata anticipata da diversi media statunitensi e da un tweet di Donald Trump: “Abbiamo sconfitto l’Isis in Siria, la mia unica ragione di permanenza lì durante la presidenza Trump”, ha scritto il presidente degli Stati Uniti. Una decisione che, secondo il New York Times, troverebbe contrario il Pentagono: i vertici del Dipartimento della difesa avrebbero cercato di convincere la Casa Bianca che una mossa del genere sarebbe un tradimento degli alleati curdi le cui truppe da anni operano a fianco di quelle Usa in Siria e che rischierebbero di essere attaccate da un’offensiva della Turchia.

Secondo il Wall Street Journal il ritiro sarebbe stato deciso dallo stesso Trump a seguito di una conversazione con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che considera dei “terroristi” le Forze siriane democratiche, sostenute da Washington e che operano nell’est del Paese nel quadro della Coalizione internazionale anti-Isis. Lunedì lo stesso Erdogan ha annunciato che la Turchia potrebbe avviare “da un momento all’altro” una nuova operazione militare contro i curdi in Siria, nell’area a est del fiume Eufrate. E dalle forze curde arriva il grido di allarme: la decisione “improvvisa” degli americani è una “pugnalata alla schiena“, afferma una fonte militare delle Forze siriane democratiche.

Non solo: in una serie di incontri e telefonate, il segretario alla Difesa James Mattis e altri funzionari hanno evidenziato i rischi legati ad un ritiro integrale: la decisione consentirebbe alla Russia e all’Iran di ampliare il proprio controllo sul Paese di Bashard Al Assad.

“Queste vittorie sull’Is in Siria non segnano la fine della Global Coalition o della sua campagna – si legge ancora nel comunicato della Casa Bianca – Abbiamo iniziato a riportare a casa le truppe degli Stati Uniti mentre passiamo alla fase successiva di questa campagna. Gli Stati Uniti e i nostri alleati sono pronti a impegnarsi nuovamente a tutti i livelli per difendere gli interessi americani ogni volta che sarà necessario”, prosegue la Casa Bianca. “Continueremo a lavorare insieme”, si legge ancora. La lotta al terrorismo verrà condotta su tutti i fronti per contrastare l’espansione degli estremisti, bloccare “finanziamenti e supporto” e impedire “che si infiltrino attraverso i nostri confini”.

La decisione contraddice le precedenti affermazioni del Consigliere americano per la Sicurezza nazionale John Bolton, secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero mantenuto la loro presenza militare nella regione fino a quando le forze iraniane non avessero lasciato la Siria.

L’annuncio dell’amministrazione Trump ha sollevato diverse critiche: “Se le notizie sono vere, l’amministrazione Trump farà un errore come quelli che fece Obama“, è il commento di Lindsey Graham, senatore repubblicano che, da critico del presidente, si era trasformato negli ultimi tempi in un suo grande alleato a Capitol Hill. Secondo Graham, il ritiro ora “sarebbe una grande vittoria” per lo Stato Islamico, per l’Iran, il presidente siriano Bashar al Assad e per la Russia. “Temo che porterà a conseguenze devastanti per la nostra nazione, per la regione e per tutto il mondo – ha detto il senatore che è membro della commissione Difesa – rimanere in Siria è un’assicurazione contro il riemergere dell’Is e la distruzione dei nostri alleati curdi che hanno combattuto così coraggiosamente”.

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