“Babbo Natale non esiste”, predicò il prete in provincia di Cagliari nel suo sermone domenicale, di fronte a famiglie con bambini seduti nelle prime file. E a quel suo segnale, si scatenò l’inferno: pianti di bambini depredati dell’illusione più dolce, madri colte impreparate e catechiste chiamate a fare straordinari per sedare i più piccoli. In pochi attimi, i fedeli si sono visti costretti a contraddire uno dei cardini della vita del parrocchiano: “Bambini, non ascoltate le parole del prete”.

Premesso che, quando già in ottobre si accendono le prime luminarie e i bambini cominciano a canticchiare le strofe dello spettacolo natalizio, vorrei potermi smaterializzare in Iran, ma faccio atto di penitenza e mi piego alla volontà della mistica del Natale, unicamente per amore dei miei figli. Ben consapevole che sento più magia nel vin brulé che in Jingle Bells. A volte si deve fare, per amore e buonsenso, quello che è giusto per gli altri. E tuttavia l’ardore o il fanatismo religioso, accecati da dogmi svuotati del loro significato, spesso scelgono la strada sbagliata, come ad esempio il figlio di un testimone di Geova che distribuisce in classe, scritto di “suo pugno”, un tema sul male assoluto che attanaglia il mondo: la festa di Halloween.

Credere, credere in qualcosa che non vedo ma so che esiste eppur non so spiegarlo, richiede essere uomini di scienza o di fede. Compiere un atto di fede è un gesto incredibilmente folle e ingenuo, oppure è un atto d’amore. Sentire nell’ostia il corpo di Cristo è un’emozione privata che il rituale ecclesiastico prevede, far vivere ai bambini l’illusione di un altro tipo di corpo, certo più favorevole e digeribile, preservando loro la favola dell’infanzia, è un gesto che non dovrebbe precludere la dottrina. La speranza dei bambini riposta nel mito di Babbo Natale ha il potere di abbracciare ricchi e poveri, bianchi e neri, ce ne sarebbe già per gridare al miracolo. Negarla in un impeto di pio furore è qualcosa di incredibilmente sadico o stupido.

D’altro canto, se questi fossero gli unici peccati dei preti, ben venga la messa al bando del Natale. Le colpe di cui si macchiano le (non poche) tuniche sono altre, più oscure e tragiche, varcano i corridoi più silenziosi della Santa Sede o gli anfratti più freddi delle sagrestie di remoti paesini. Dove ignari bambini compiono l’atto di fede più estremo, attaccandosi alle vesti dei loro prossimi carnefici in Pennsylvania, Argentina, Australia, Germania, Irlanda, Cile, Honduras, un mappamondo ostile occultato scientemente dagli “uomini di fede”, ma che grazie alle vittime, ai veri “Uomini di Dio” e all’impegno di giornalisti sta lentamente affiorando in superficie, come spiega, tra le altre, l’inchiesta di Der Spiegel.

Il gesuita bavarese Zollner, membro della Commissione del Vaticano contro gli abusi, commenta imperturbabile gli scandali sostenendo che “è insensato supporre che tutti i sacerdoti siano angeli in Terra, incapaci di fare del male”. Un motivo in più per non consegnare mai a nessuno, con cieca fiducia, i propri figli. Un atto di fede è un atto d’amore e se l’amore ricerca solo il bene, ogni uomo deve cercarlo dentro di sé, nel suo cuore e nel suo istinto di genitore. E quindi caro Babbo Natale, perdona quel prete che ti ha rinnegato, perché non sapeva quel che faceva.

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