Il programma di Papa Francesco è tutto racchiuso nelle sue prime parole pronunciate, appena eletto, la sera del 13 marzo 2013. “E adesso, – disse Bergoglio – incominciamo questo cammino: vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza”. In sei anni di pontificato quel cammino tra vescovo e popolo è diventato sempre più evidente.
Don Walter Insero, direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma, ha voluto focalizzare questo aspetto, troppo spesso trascurato anche dagli osservatori vaticani, nel volume Il popolo secondo Francesco (Lev). “L’idea – spiega l’autore – di approfondire la categoria di ‘popolo’ nell’esperienze, nella riflessione e nell’insegnamento di Papa Francesco è nata dalla lettura delle omelie, dei discorsi e degli interventi del nuovo vescovo di Roma, in cui appariva sempre più evidente come la realtà del ‘popolo’ fosse il cuore della sua esperienza pastorale e l’architrave della sua impostazione teologica”.
Nella sua accurata analisi il sacerdote non dimentica nemmeno gli attacchi che questa visione di Bergoglio gli ha procurato. “Leggendo le critiche – sottolinea Insero – e confrontandomi con chi sostiene che il pontificato del Papa argentino poggi su deboli e povere basi teologiche, è cresciuta in me l’esigenza di studiare il significato e la centralità del concetto di ‘popolo’ nella sua visione di Chiesa. Sono convinto, pertanto, che senza questa analisi preliminare, sia impossibile comprendere la coerenza, la solidità e la linearità del suo pensiero teologico che egli esprime con chiarezza, essenzialità e semplicità”.
In questi sei anni di pontificato Francesco è stata definito più volte un Papa populista, nel senso negativo del termine. In alcuni casi perfino un Pontefice comunista o peronista. Insero aggiunge, invece, un’altra definizione, sicuramente molto più appropriata e aderente alla realtà, ovvero quella di “Papa del popolo” sottolineando che Francesco “inaugura per la Chiesa un modo nuovo di comunicare grazie alla sua personalità e originale modalità comunicativa”. Per il sacerdote è proprio qui che “si trova anche il segreto del successo mediatico e popolare di Papa Bergoglio, il suo essere e sentirsi pienamente parte del popolo, egli è ‘del’ popolo, ‘nel’ popolo e ‘col’ popolo. Non si ha mai la percezione che Papa Francesco guardi e comprenda la Chiesa, popolo di Dio in cammino, dal vertice della piramide ecclesiastica, egli la guarda dal basso e la considera dalla periferia, da dove, egli sostiene, si vede e si comprende meglio ciò che avviene al centro”.
Per Insero “questa è la radice e il fondamento teologico del suo essere vicino alla gente. Non è solo una questione di stile o di sensibilità, che potrebbe essere suggerita dal temperamento espansivo di un pastore latino-americano, ma di una visione di Chiesa che è dietro una prassi e un’esperienza pastorale. Sempre alla luce dell’insegnamento conciliare, Bergoglio sottolinea come la Chiesa è il popolo di Dio costituito da fedeli, laici e pastori, uniti anche se con diversi ruoli, accomunati dalla stessa vocazione battesimale. Egli non presenta una visione piramidale e gerarchica della Chiesa”.
Non a caso Francesco, nel documento programmatico del suo pontificato, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, scrive: “Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati a un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare ‘una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova’. Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello a una conversione pastorale”.
Tutto questo significa anche una riforma incentrata su una sana decentralizzazione del governo partendo dalle periferie, geografiche ed esistenziali, tanto care a Francesco. Una riforma che non può prescindere dall’attenzione verso il popolo che non è populismo o ricerca di audience e consenso, ma attenzione agli ultimi, a quelli che la società, come denuncia Bergoglio, considera scarti. Per il Papa, invece, essi non solo hanno diritto ai primi posti, ma anche a un’attenzione prioritaria nelle scelte di governo. Ed è ciò che sta avvenendo nel suo pontificato.