Il maxi-emendamento del governo depositato al Senato dettaglia le misure di correzione dei conti promesse alla Ue. Risparmi per 4,7 miliardi sui fondi per quota 100 e reddito. Dalla web tax attesi 150 milioni, dall'aumento delle imposte sui giochi 450. Ridotti di 800 milioni le disponibilità di cassa del Fondo sviluppo e coesione e di 600 milioni le risorse per gli investimenti di Fs. Salgono di 9,4 miliardi per il 2020 e 13,1 per il 2021 gli aumenti Iva che scatteranno se non vengono trovate altre coperture
Possibili aumenti dell’Iva per un totale di 23 miliardi nel 2020 e quasi 29 nel 2021 e nel 2022 come clausole di garanzia per rassicurare Bruxelles, che però ieri ha notato come queste “salvaguardie” non siano mai davvero scattate. Il taglio progressivo, per tre anni, dell’adeguamento all’inflazione per le pensioni sopra i 1.522 euro mensili e il contributo di solidarietà su quelle oltre i 100mila euro annui. Un’imposta del 3% sui ricavi da servizi digitali, che colpirà le società con ricavi superiori a 750 milioni di euro. La vendita di immobili pubblici, che porterà però ricavi di neanche 1 miliardo di euro per il 2019 e 150 milioni nel 2020 e 2021. L’aumento delle tasse su slot e videolotteries, per un incremento totale del gettito di quasi 450 milioni. Sono alcuni dei punti principali che emergono dal maxi-emendamento alla manovra messo a punto dal governo per recepire l’accordo con la Ue e depositato mercoledì sera in commissione Bilancio al Senato. L’approdo in Aula del testo è previsto per le 17 di giovedì, senza mandato al relatore. Solo venerdì intorno all’ora di pranzo, si stima possa essere pronto il maxi-emendamento finale su cui il governo porrà la fiducia, che recepirà anche le proposte dei relatori.
La correzione di 10,25 miliardi, che come risulta dall’allegato alla lettera inviata alla Commissione porta l’indebitamento netto al 2% del pil e azzera il peggioramento del disavanzo strutturale, viene raggiunta grazie a 9 miliardi di minori spese e 1,2 miliardi di maggiori entrate. Nel 2020 e 2021 i tagli, rispetto alla manovra originale, salgono a 12,2 e 15,9 miliardi.
Accantonati 2 miliardi di fondi dei ministeri – Viene poi prevista una ulteriore clausola da 2 miliardi: vengono accantonate dotazioni dei ministeri pari a quella cifra che verranno sbloccate solo nel caso in cui il prossimo luglio il Tesoro verifichi che gli andamenti tendenziali dei conti pubblici sono “coerenti con il raggiungimento degli obiettivi programmatici”. In caso di scostamenti, invece, gli accantonamenti saranno confermati. Sempre per contenere i costi, nel 2019 presidenza del Consiglio, ministeri, enti pubblici non economici, agenzie fiscali e università non potranno assumere personale a tempo indeterminato prima del 15 novembre.
I risparmi su quota 100 e reddito – La tabella che accompagna l’emendamento mostra che la maggior parte dei risparmi deriverà dalla revisione al ribasso delle risorse del “fondo per la revisione del sistema pensionistico” (leggi quota 100) e di quello per il Reddito di cittadinanza: gli stanziamenti, rispetto ai circa 9 miliardi per il reddito e 6,7 per quota 100 previsti inizialmente, scendono rispettivamente di 1,9 miliardi e 2,7 miliardi in seguito alla decisione di farli partire da fine marzo e a stime sulla percentuale di potenziali beneficiari che effettivamente li chiederanno. Per il reddito restano quindi 7,1 miliardi, per la quota 100 solo 4.
Stop a Ires ridotta per gli enti non commerciali – Seguono 940 milioni di definanziamenti, compresi 600 milioni destinati agli investimenti delle Ferrovie dello Stato, e 850 milioni di riprogrammazioni di fondi (le risorse destinate al programma Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito Ue). Sul fronte delle maggiori entrate spicca l’aumento delle imposte sui giochi, che porterà circa 450 milioni di incassi aggiuntivi. Numerosi altri ritocchi colpiscono agevolazioni e crediti di imposta: gli enti non commerciali non avranno più diritto all’Ires ridotta del 50%. Viene poi cancellato il credito di imposta relativo alle deduzioni forfettarie Irap per chi impiega lavoratori dipendenti a tempo indeterminato in Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Vengono anche ridotte di 800 milioni le disponibilità di cassa del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, l’ex Fondo aree sottoutilizzate, che raccoglie le risorse nazionali aggiuntive rispetto a quelle ordinarie e a quelle comunitarie e nazionali di cofinanziamento. Le risorse vengono impiegate per interventi a favore di produttività e competitività, ricerca, innovazione, occupazione, infrastrutture.
Il contributo dei pensionati (che riduce gli introiti fiscali) – I pensionati l’anno prossimo contribuiranno ai risparmi per 577 milioni, al lordo però delle minori tasse che pagheranno per effetto dei minori aumenti o dei tagli agli assegni. Per prima cosa è previsto dal prossimo anno un nuovo raffreddamento dell’indicizzazione (ripartita solo nel 2018) dei trattamenti pensionistici di importo superiori a tre volte il minimo, cioè 1.522 euro al mese, che secondo i dati Inps sono oltre oltre 2,8 milioni: per tre anni sarà tagliato l’adeguamento all’inflazione. L’indicizzazione piena ci sarà solo per le pensioni fino a 1.522 euro, poi sono previste sei fasce di tagli. L’adeguamento sarà del 97% per assegni fino a 2.029 euro, 77% fino a 2.537 euro, 52% fino a 3.042 euro, 47% fino a 4.059 euro, 45% fino a 4.566 euro e 40% oltre 4.566 euro, che è nove volte il minimo.
Confermati gli interventi sulle “pensioni d’oro“, ma solo se calcolate con metodo retributivo: i trattamenti oltre i 100mila euro verranno ridotti attraverso un contributo di solidarietà temporaneo (per 5 anni) e progressivo per scaglioni di reddito. Le fasce sono complessivamente cinque: tra 100mila e 130mila euro (fascia in cui ricadono 16.644 persone) il contributo sarà del 15%, mentre il prelievo salirà al 25% per i redditi tra 130.001 e 200mila euro (6.665 persone), al 30% per i redditi tra 200.001 e 350mila euro (873 persone), al 35% per i redditi tra 350.001 e 500mila euro (82 persone) e al 40% oltre i 500mila euro, eventualità che riguarda solo 23 pensionati d’oro. Dal raffreddamento dell’indicizzazione sono attesi risparmi per 415 milioni nel 2019, ma contestualmente quei pensionati pagheranno meno tasse per 162 milioni. La riduzione delle pensioni d’oro lascerà nelle casse dello Stato 138 milioni ma ridurrà le entrate fiscali di 68 milioni.
La web tax sulle grandi aziende – Viene prevista l’istituzione di un’imposta sui servizi digitali gravante sui soggetti che nell’esercizio dell’attività di impresa prestino servizi digitali – vendita di pubblicità, servizi o raccolta di dati – e che superino determinate soglie. Lo schema della nuova tassa, che colpirà per esempio Amazon ed Airbnb, è ricalcato sulla proposta presentata a marzo dalla Commissione Ue. La nuova misura imporrà un’aliquota al 3% sui ricavi, da versare entro il mese successivo a ciascun trimestre. Verrà applicata ai soggetti che prestano servizi digitali e che “hanno un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni e che hanno un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali non inferiore a 5,5 milioni di euro”. Nelle casse dello Stato dovrebbero entrare 150 milioni nel 2019, 600 nel 2020 e 600 nel 2021. Perché diventi operativa serviranno comunque provvedimenti attuativi di due ministeri, dell’Agcom, del Garante della privacy e dell’Agenzia per l’Italia digitale.
Dismissioni ferme a 1 miliardo – Diminuiscono le ambizioni di ricavi dalla vendita di patrimonio pubblico: dal programma di dismissioni immobiliari sono attesi introiti “per un importo non inferiore a 950 milioni per il 2019 e a 150 milioni per ciascuno degli anni 2020, e 2021, al netto delle quote non destinate al Fondo ammortamento titoli di Stato o alla riduzione del debito degli enti”. Il piano dovrà essere pronto entro il 30 aprile prossimo.