Sarà anche la città più vivibile ma non per tutti. Soprattutto non per i bambini della “Locomotiva di Momo”, il nido di via Augusto Anfossi a Milano. La storia ha tutta l’aria di una di quelle diatribe condominiali dove non si capisce dov’è il limite della ragione.
Le titolari della scuola affittano nel dicembre del 2011 settecento metri quadrati con accesso separato e insonorizzazione inclusa. Guardano bene le carte e vedono che il regolamento non prevede nulla quanto all’esercizio di un nido ma il mese dopo scoprono che il condominio non li vuole. Nel giro di breve tempo si passa alle vie legali fino alla sentenza della Corte d’Appello che dà ragione agli inquilini e condanna l’asilo a chiudere con le seguenti motivazioni: “La destinazione dell’immobile ad uso asilo determina l’esercizio di un’attività che rientra tra quelle specificatamente vietate dal regolamento condominiale essendo l’asilo una scuola ove si pratica notoriamente anche musica e canto…», quando nel regolamento condominiale dello stabile si sancisce che «è vietato destinare gli alloggi… a scuole di musica, canto e ballo e pensioni”.
Il giudice l’ha fatta breve: i bambini visto che ballano e cantano non possono restare lì. Ora al di là della sentenza della Corte d’Appello [la cui esecutività al momento è stata sospesa], al di là del fatto che i locali sono insonorizzati c’è da porsi qualche domanda se siamo arrivati al punto di trovare fastidiosi dei bambini.
Perché i residenti in via Anfossi 36 sono così avversi a dei piccoli tra i 6 mesi e i 3 anni? Quando una società rifiuta dei bambini c’è da fermarsi e capire. Non basta una sentenza c’è qualcosa di più da comprendere. Forse dietro questa storia c’è il desiderio snob di abitare in un luogo dove vi mettono piede solo colletti bianchi e famiglie della Milano bene che non possono certo incontrare il sorriso di un bambino di tre anni. Forse c’è il desiderio di essere esclusivi. Una comunità che rifiuta dei bambini è senza speranza. Non guarda al futuro. Non investe. Il “no” ai bambini di via Anfossi è un no che deve fare eco perché possiamo tutti difendere il diritto di cittadinanza dei bambini.