La città guidata da Lega, Fi e Fratelli d'Italia segue la linea del comune lombardo, da poco condannato. Nel bilancio preventivo si penalizzano gli stranieri anche per l'accesso alle donazioni dei concittadini. Il documento sarà approvato dal consiglio comunale il 22 dicembre ma le opposizioni promettono battaglia: "Siamo di fronte a un caso Lodi all’ennesima potenza”
Pisa come Lodi, anzi peggio: la giunta di centrodestra metterà in votazione un bilancio preventivo pieno di discriminazioni. Come nel caso del comune lombardo, condannato dal tribunale di Milano perché escludeva dalle mense scolastiche i figli di extracomunitari , che dovevano dichiarare di non possedere case, conti correnti e auto nel loro Paese d’origine.
Una traccia, quella lodigiana, seguita anche dalla nuova amministrazione toscana, guidata dal sindaco Michele Conti e sostenuta dalla Lega, da Forza Italia e da Fratelli d’Italia. Nella città della torre pendente non si ha un occhio di riguardo per i connazioni solo nelle assegnazioni di case popolari, ma anche nell’accesso ai nidi e sugli aiuti provenienti da un fondo creato con le donazioni dei cittadini. Insomma pure per la carità vengono prima gli italiani.
L’appuntamento per l’approvazione del bilancio nella città della torre pendente è per il 22 dicembre, ma le opposizioni promettono battaglia. “Chiederemo il ritiro delle parti che mostrano un’evidente discriminazione nei confronti dei cittadini extracomunitari. Siamo di fronte a un caso Lodi all’ennesima potenza”, dice al fattoquotidiano.it Ciccio Auletta, consigliere della lista civica Diritti in Comune.
Ma quali sono le parti incriminate del bilancio pisano? Li elenca L’altro Diritto Onlus, che si occupa di diritto agli stranieri e distingue due diversi profili discriminatori nel documento unico di programmazione. La prima riguarda i casi in cui la discriminazione viene esplicitata direttamente nel documento. Nella sezione Obiettivi strategici, ai punti 2, 3 e 4 (quelli dedicati a “Interventi di carattere sociale”, “Politiche abitative” e “Nidi e sostegno per la prima infanzia”), il documento “fornisce l’esplicita indicazione all’amministrazione di regolamentare ed emettere bandi che favoriscano cittadini italiani”. In effetti, andando a leggere le parti indicate dal rapporto, si nota come per le prestazioni di sicurezza sociale venga specificato che debbano essano erogate “favorendo i cittadini italiani”, “garantendo priorità ai cittadini italiani” o “favorendo le famiglie residenti da più anni nel Comune di Pisa”.
Un concetto che – con definizioni simili – si ripete anche successivamente, nella parte relativa agli Interventi per le famiglie: al punto 2 la giunta prevede l’istituzione di un fondo per sostenere le famiglie in gravi situazioni di disagio economico. Questo fondo, come spiega il testo, si baserà su donazioni da parte dei cittadini che potranno avere una deduzione (abbattimento del reddito) pari all’importo donato. Insomma: aiuti il comune ad aiutare i più poveri e paghi meno tasse. Anche qui, però, “favorendo i cittadini italiani”.
Per questo motivo l’associazione L’altro diritto parla di “discriminazione diretta fondata sulla nazionalità” che è in contrasto sia con le leggi nazionali che con i trattati dell’Unione europea “cui il legislatore deve intendersi costituzionalmente vincolato”. Tradotto: un documento di previsione e, in caso di approvazione, un bilancio comunale non possono violare le norme nazionali ed europee, che sono di rango superiore. L’amministrazione ha inoltre l’obbligo eliminare ogni norma interna non conforme a queste leggi. Se questo non accade, la giurisprudenza europea prevede la “responsabilità diretta” dell’amministrazione locale. Il rapporto del centro di informazione giuridica ricorda poi che, in materia di accesso ai diritti sociali essenziali, le leggi nazionali ed europee prevedono che questo debba “essere garantito a tutti i cittadini stranieri in condizioni di parità rispetto al cittadino italiano”.
La seconda situazione critica individuata nel parere è quella relativa alla sezione sugli “Interventi per il diritto alla casa”: al punto 3 sono presentati i nuovi criteri per le assegnazioni di abitazioni popolari e le prestazioni in tema di diritto alla casa. È su questo punto che il Dup pisano ricalca il provvedimento dell’amministrazione di Lodi che ha portato alla condanna in primo grado da parte del Tribunale di Milano. Nel documento si legge che è prevista “l’introduzione dell’obbligo di produzione, da parte dei cittadini extracomunitari, di un certificato scritto, ottenibile mediante ambasciate e consolati, che certifichi i possedimenti immobiliari nella nazione di origine per poter accedere all’assegnazione degli alloggi popolari e alle prestazioni sociali agevolate in tema di diritto alla casa”. In poche parole, le famiglie di cittadini extracomunitari, per poter accedere alle graduatorie sulle assegnazioni di case popolari e servizi relativi, dovranno dimostrare di non avere altre proprietà nel Paese di appartenenza. Anche in questo caso, L’Altro Diritto ha individuato “un’ipotesi di discriminazione diretta e/o indiretta” nei confronti del cittadino straniero che, a differenza di quelli italiani e comunitari, è tenuto a dimostrare di non possedere altri beni nel Paese d’origine. Situazione che, nuovamente, contrasta con la normativa italiana ed europea sul “principio generale di parità di trattamento nei rapporti con la pubblica amministrazione”.
A questo si aggiunge un’altra incongruenza che aggrava ulteriormente, secondo il parere, la discriminazione nei confronti dei cittadini extracomunitari. Il meccanismo di controllo sulla veridicità delle dichiarazioni Isee si basa esclusivamente sui dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps. Questo rende impossibile per la pubblica amministrazione svolgere controlli non solo sui beni all’estero dei cittadini extracomunitari, ma anche di quelli dei cittadini comunitari e italiani. Quindi, per fare un esempio, se un cittadino italiano non dichiarasse di possedere case in altri Paesi, magari extraeuropei, difficilmente i dati in mano alle amministrazioni riuscirebbero ad accorgersene. Se si volesse veramente eliminare ogni dubbio di questo genere, spiega il rapporto, “si giungerebbe all’assurdo logico per cui tale certificazione dovrebbe essere richiesta a tutti gli utenti (indipendentemente dalla cittadinanza, quindi anche ai cittadini italiani) e con riferimento a tutti gli stati riconosciuti dal governo italiano (non solo riguardo al Paese di origine)”. Poi aggiunge: “Questa richiesta si fonda sull’irragionevole presunzione di possidenza di beni esclusivamente nel Paese di origine del cittadino straniero, presunzione priva di fondamento normativo”.
Sul testo, che dovrebbe essere votato sabato 22 dicembre in consiglio comunale, le opposizioni promettono battaglia. “Abbiamo portato il caso nella riunione di consiglio di domani – ha spiegato Auletta – e chiederemo alla giunta di ritirare la delibera e modificarla radicalmente perché possa essere portata in discussione e in votazione in aula”. Nel caso in cui la maggioranza dovesse decidere di tirare dritto fino all’approvazione del Dup, documento necessario per poter approvare il bilancio comunale, Auletta promette ricorsi: “Siamo pronti a farci sentire in tutte le sedi competenti, anche a livello europeo. Non vogliamo che Pisa diventi un nuovo caso Lodi all’ennesima potenza”.