Un futuro in cui poliziotti con in mano apparecchi portatili provvisti di lettori di impronte digitali e immagini facciali potranno scovare terroristi con false identità. E in cui un avatar, pilotato da un algoritmo in grado di interpretare i movimenti del volto, potrà intervistare gli extracomunitari che chiedono di entrare nell’Unione europea, segnalando all’ufficiale di frontiera gli individui sospetti. Non è fantascienza ma lo scenario che si aprirà se le istituzioni comunitarie approveranno il regolamento sull’interoperabilità, attualmente in discussione al trilogo, ovvero il comitato di conciliazione dell’Ue formato da rappresentanti di Commissione, Parlamento e Consiglio. Ideato da un gruppo segreto di esperti istituzionali di alto livello, il regolamento metterebbe in connessione sei registri di dati alfanumerici e biometrici – ovvero impronte digitali e immagini facciali – di cittadini extracomunitari. Il nuovo, enorme, registro di dati, sarà a disposizione di autorità di frontiera e forze dell’ordine dei paesi membri, nonché delle agenzie europee Frontex ed Europol. Come documenta un’inchiesta di Fq Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez, attualmente in edicola, l’Europa ha in progetto di investire centinaia di milioni di euro nei sistemi biometrici, con forti pressioni della lobby delle industrie specializzate. Questo nonostante i forti dubbi di molti tecnici, anche ai vertici della Polizia di Stato italiana.
Un sogno dell’antiterrorismo, infatti, rischia però di trasformarsi in incubo: «L’interoperabilità costa miliardi e integrare diversi sistemi non è facile come sembra – afferma Sandro Gaycken, direttore del Digital Society Institute dell’Esmt di Berlino – i militari Usa ci stanno combattendo, in pratica non funziona mai». «E’ meglio investire nell’intelligenza delle persone – dice l’esperto di cyber intelligence – così si assicura più sicurezza in modo meno intrusivo per la privacy».
“Secondo noi non porterà più sicurezza – dice Ralf Bendrath, consigliere per gli affari digitali del partito dei Verdi al Parlamento europeo ai giornalisti del team dell’inchiesta “The Invisible Border”. “Nel corso del dibattito, la Commissione ha fatto ripetutamente riferimento al caso del terrorista Anis Amri che aveva molte identità diverse – spiega Bendrath che è coinvolto nel trilogo – ma Amri era già conosciuto e seguito dalle forze dell’ordine”. “Invece di spendere miliardi in costosissimi sistemi di information technology, il denaro sarebbe meglio investito in operazioni di polizia mirate”. “Sfortunatamente è previsto che il trilogo sull’interoperabiità sia finalizzato a gennaio. Sembra che solo i verdi e i partiti di sinistra voteranno contro, così anche questo passo sarà fatto”.
L’interoperabilità dei sistemi informativi rappresenterebbe «un punto di non ritorno» avverte il garante europeo per la privacy, il magistrato italiano Giovanni Buttarelli, che in un documento ufficiale ha sottolineato come un attacco informatico al database centralizzato metterebbe in pericolo «un numero di individui potenzialmente molto ampio». Anche il direttore del Servizio centrale anti terrorismo Lamberto Giannini mette in guardia: «Se non vi corrisponde l’impiego di strumenti di analisi sempre più sofisticati – afferma- si corre il rischio di essere sommersi da informazioni inutili o incoerenti o contraddittorie, che potrebbero “oscurare” il dato rilevante per la sicurezza».
Intanto si susseguono conferenze sul contrasto al terrorismo organizzate dalla Commissione europea e sponsorizzate da multinazionali leader dell’industria biometrico, in cui si elogiano i benefici dell’interoperabilità. Accade persino che una funzionaria di Frontex sieda nel consiglio di amministrazione di una lobby del settore delle rilevazioni digitali utilizzate per la gestione delle frontiere. Fq Millennium ha partecipato alla conferenza annuale dell’Associazione europea per il biometrico, documentando cosa accade quando la Guardia costiera e di frontiera europea viene infiltrata dalla lobby dell’industria.
L’inchiesta pubblicata su Fq MillenniuM attualmente in edicola è stata realizzata nell’ambito del progetto “The invisible border”, sostenuto dal fondo Investigative journalism 4 the european union (IJ4EU).
LA REPLICA DI FRONTEX: “EAB NON e’ UNA LOBBY”
Sono del tutto imprecise le affermazioni contenute nell’articolo riguardo i presunti contatti tra Frontex, l’European Border and Coast Guard Agency e i lobbisti delle aziende che lavorano nel settore della gestione delle frontiere.
Frontex è effettivamente un membro dell’European Association for Biometrics, ma quest’ultima non è per nulla una “lobby”. E’ stata avviata dal rinomato Faunhofer Institute ed è divenuta il più importante forum che permette ai portatori di interessi di diverse aree di incontrarsi e di discutere su temi relativi alla biometria e alla crescente digitalizzazione delle procedure di identificazione in Europa.
Frontex è stata invitata solo recentemente a entrare nel Supervisory Board dell’associazione, che non include un solo rappresentante dell’industria biometrica o di qualunque altro settore. Oltre a Frontex, il Board include rappresentanti della Fraunhofer Society, dell’Università del Kent, dell’Università Cattolica di Lovanio, dell’Università norvegese di Scienze e Tecnologia. Frontex ha un ruolo esclusivamente consultivo limitato a materie collegate alla gestione delle frontiere, e non ha alcuna relazione finanziaria con alcuna compagnia presente nell’Associazione. Aggiungiamo che Frontex si incontra soltanto con aziende registrate nell’EU Transparency Register.
Allo stesso modo, vorremmo sottolineare che allo scopo di adempiere al suo mandato di “ponte” fra l’industria e gli Stati membri, è vitale che l’European Border and Coast Guard Agency partecipi a discussioni sulle necessità degli operatori della gestione delle frontiere in relazione all’uso della biometria in questo settore. Queste tecniche, aggiungiamo, possono giocare un ruolo cruciale nel combattere il crimine transfrontaliero e nell’assicurare alla giustizia trafficanti di esseri umani e di merci illecite come droga e armi.
Infine, esprimiamo il nostro disappunto sul fatto che un giornale rispettato come Il Fatto Quotidiano non si sia preso la briga di contattare l’Ufficio stampa di Frontex per richiedere un commento o un chiarimento sulle contestazioni mosse prima di andare in stampa.
Frontex Press Office
LA CONTROREPLICA DELL’AUTRICE DELL’ARTICOLO
Sulla natura dell’Eab chiunque può farsi un’idea guardando il sito dell’Associazione, in particolare la sezione del “Gruppo Speciale di Interesse per l’Industria” (https://www.eab.org/expertise/ sig/industry.html?ts= 1547203495102), che ha l’obiettivo di rendere possibile una “più ampia, più rapida e migliore adozione della biometria in Europa”. Inoltre faccio notare che gli sponsor della conferenza Eab cui ho assistito erano Idemia (il gigante francese del biometrico) e Security Identity Alliance, partecipata dalle grandi industrie del settore.
Riguardo ai rapporti fra Frontex ed Eab, è vero che il sito attualmente indica un coinvolgimento nel solo Supervisory Board (https://www.eab. org/about/team.html?ts= 1547204452068). Tuttavia, in una pagina che probabilmente è stata cancellata, ma di cui siamo in possesso, la stessa Eab dà notizia che il 17 settembre 2017 la dirigente di Frontex Rasa Karbauskaite è stata eletta membro del “Management Board” dell’Associazione.
Infine, conservo diverse mail di novembre 2018 che documentano la mia insistenza nel voler intervistare Fabrice Leggeri, direttore di Frontex, e le risposte della sua portavoce, secondo la quale Leggeri era troppo occupato per rispondere (lj)