Ancora qualche ora e scoppierà di nuovo l’estate. Succede – come ogni anno di questi tempi – a Pineta, località balneare la cui media di omicidi ormai fa spregio all’intero Honduras. All’ora di cena del giorno di Natale, gli abbonati SkyCinema avranno finalmente la scusa per levarsi dal tavolino per poggiare gli occhi – strabuzzanti di brodi, lessi e zucchero a velo – sui Delitti del BarLume, il barre della west coast toscana intorno al quale da 5 anni in televisione e da oltre 10 nei libri di Marco Malvaldi si muore parecchio, in proporzione si indaga, ma soprattutto si ride da buttarsi via. Tornano, con questa missione, i Bimbi – cioè i quattro vecchini – vale a dire Emo (Alessandro Benvenuti, ormai quasi un capocomico), Pilade Del Tacca (il rotondo Atos Davini), il tirchione egoista Gino il Rimediotti (Marcello Marziali) e Aldo, l’uomo di mondo (Massimo Paganelli). I Bimbi in realtà nelle due nuove puntate – la prima il 25 dicembre, la seconda il primo gennaio – saranno impegnati a risolvere più che altro la solitudine sentimentale della Tizi (Enrica Guidi, per abitudine declamatrice di diversi “Boia” che sono melodia) e la sorte del Viviani (Filippo Timi), ex titolare del barre, esule in Argentina dove ha trovato una novia ma anche parecchi casini. Lì, in mezzo a questa triangolazione, il povero Beppe (Stefano Fresi) che ormai sembra essersi ambientato – o forse sarebbe meglio dire rassegnato – all’atmosfera aristocratica sempre a metà tra il budello di tu’ ma’ e il m’importa ‘na sega.
La puntata di Natale si chiama Il battesimo di Ampelio e visto il momento solenne che ha a che fare parecchio con il sacro, il racconto accoglie subito lo spettatore, il quale – se ha avuto già dimestichezza con l’ambiente di Pineta – può riconoscere il calore dell’antico focolare: “Ci si leva di ‘ulo”, “Fai proprio caa’”, “Sei sempre la solita merda” mandano a dire – e non a torto – nel primo minuto di puntata i Bimbi al Viviani in una videotelefonata. La Tizi nel frattempo sarà pure “sempre più topa” come da commento tecnico di un compaesano subito prima del battesimo, ma si è parimenti trasformata nella sorella instabile di Annie di Misery non deve morire. Il motivo sono i primi mesi di vita di Ampelio, suo figlio, di padre ignoto, che coincidenza vuole che si chiami come il babbo del Viviani Massimo. Insomma: questo battesimo sarebbe il titolo della puntata ma la testina di Ampelino non sarà mai bagnata perché manca chi dovrebbe officiare, e manca è proprio nel senso di viene a mancare, e viene a mancare – essendo Pineta come Cabot Cove – non per uno scompenso ma perché l’ammazzano. Da lì iniziano le indagini del commissario Fusco (Lucia Mascino), faticose come sempre non solo per le omertà e le mezze verità (tipiche dei paesini in cui sono tutti pillaccheroni) ma soprattutto perché deve dannarsi da una parte per togliersi di torno il questore (scemo in modo così irritante da diventare simpatico) e per stare dietro ai suoi unici due agenti, entrambi rincoglioniti, Cioni e Govoni, quest’ultimo intento pure a baccagliare una francese che francese non è. Servirà sapere, infine, che l’indiziato numero uno dell’omicidio è Pasquali, l’assicuratore rompicoglioni che vive nell’accento improbabile veneto di Corrado Guzzanti. La seconda puntata andrà invece in onda la sera del primo gennaio, in palese concorrenza con la replica del concerto di Capodanno di Vienna. Ma di quest’altra storia è bene dire un po’ meno, tranne che proprio per quei casini del Viviani in Argentina di cui si parlava più su i quattro Bimbi saranno costretti – dopo una vita passata al tavolino del barre – a andare in Argentina. Dialogo teaser,: Aldo: “Prima di torna’ in Italia una la bombo”, Gino: “Anch’io”, Paride: “E allora vi conviene posticipa’ il ritorno almeno di 3-4 annetti”.
Qui finisce la descrizione perché la trama è pur sempre quella del giallo, tra l’altro impeccabile nell’imprevedibilità sia sul lato poliziesco sia su quello delle risate, grazie alla sceneggiatura firmata dall’ideatore del mondo di Pineta (Malvaldi), dal regista Roan Johnson (presente anche davanti alle telecamere con un lungo cammeo come legale disperato di Pasquali-Guzzanti che ogni volta che parla, fa un casino) e da Ottavia Madeddu, Carlotta Massimi, Davide Lantieri che con Johnson hanno scritto Piuma. Un racconto che nella forma si appoggia in buona parte sull’ironia livornese-pisana, diversa dai canoni pieraccioni, anzi libertina, indolente e un po’ buttata via, che dà margine di azione (e quasi pare di improvvisazione) anche ai personaggi minori non necessariamente toscani (come il questore Tassone-Michele Di Mauro). I Delitti del BarLume lasciano la sensazione (che forse è nostalgia, che forse è illusione) che esistano ancora luoghi – anzi, uno: l’estrema provincia – dove resiste la comunità, nel bene e nel male, con un approccio spensierato ma solidale anche ai problemi più seri e senza il veleno del livore. Una roba superata dalla realtà, apparentemente, in un tempo di analisi sul forgotten man. Il BarLume insegna a non farla mai pesante, anzi tutto il contrario, e quindi è bene prendere spunto e goderselo e basta. Resta, quella sì, un velo di incazzatura: qui, tutto intorno, è ghiaccio stecchito e lì al barre c’è gente in bermuda e infradito, che beve sul lungomare. Altro che livore, viene voglia da dare fuoco all’albero di Natale.