Il 19 aprile 1943, dopo che i nazisti avevano iniziato a deportare i residenti del Ghetto, centinaia di partigiani ebrei scelsero la via della lotta armata. Gli insorti preferirono morire combattendo invece che in una camera a gas nel campo di sterminio di Treblinka, dove le truppe di Adolf Hitler avevano già inviato più di 300mila abitanti di Varsavia. Tra loro c’era anche Simcha Rotem. Era l’ultimo sopravvissuto tra i combattenti della rivolta del Ghetto di Varsavia del 1943, ed è morto il 22 dicembre in Israele a 94 anni. “Questa sera ci separiamo da Simcha Rotem, l’ultimo dei combattenti del Ghetto di Varsavia”, ha annunciato il presidente israeliano Reuven Rivlin.
Kazik, questo il suo nome di battaglia, ha fatto parte dell’Organizzazione ebraica di combattimento, protagonista della ribellione contro le deportazioni di massa operate dai nazisti. Parlando ad una cerimonia del 2013, in Polonia, per celebrare il 70° anniversario della rivolta, Rotem ricordò che nell’aprile del 1943 la maggior parte degli ebrei del ghetto era morta e che i 50mila rimasti attendevano di subire lo stesso destino. L’anziano ex combattente disse che lui e i suoi compagni avevano deciso di combattere per “scegliere il tipo di morte” che volevano. “Ancora oggi continuo a domandarmi se avevamo il diritto di prendere la decisione di avviare la rivolta e in questo modo abbreviare la vita di molte persone di una settimana, o anche solo di un giorno o due”, rifletteva.
Migliaia di ebrei morirono in quella che fu la prima rivolta anti-nazista in Europa. La maggior parte finì bruciata viva, quasi tutti gli altri furono deportati a Treblinka. Rotem sopravvisse grazie a una fuga attraverso i condotti di scarico con dozzine di compagni. I lavoratori delle fogne polacche li guidarono in superficie. Continuò quindi a partecipare alla resistenza dei partigiani polacchi anche nel 1944.