In tempi record e a due mesi e mezzo dai domiciliari il pm Michele Permunian ha chiuso l’inchiesta “Xenia” sul Comune di Riace. Verso il processo l’unico italiano finito nell’elenco, stilato dalla rivista “Fortune”, degli uomini più influenti del pianeta per essere riuscito a trasformare il suo piccolo Comune della Locride in un modello di accoglienza per i migranti
In tempi record e a due mesi e mezzo dalla misura cautelare disposta dal gip per Mimmo Lucano, la Procura di Locri chiude l’inchiesta “Xenia” sul Comune di Riace. Il sostituto procuratore Michele Permunian ha notificato ieri l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai 31 indagati per i quali già il gip aveva rigettato l’arresto, demolendo la principale accusa di associazione a delinquere ai danni dello Stato nella gestione dei fondi per l’accoglienza. Solo per il principale indagato, il sindaco Mimmo Lucano, e solo per due capi di imputazione minori (rispetto all’inchiesta), infatti, a inizio ottobre il gip di Locri aveva disposto gli arresti domiciliari poi trasformati dal Riesame in divieto di dimora nel Comune di Riace.
Il procedimento per la misura cautelare e il processo nel merito seguono due binari diversi ed ecco, quindi, che a due mesi di distanza, la Procura di Locri chiude le indagini con lo stesso capo di imputazione per il quale il gip aveva sottolineato la “vaghezza e genericità”. A Lucano, infatti, viene contestato di essere il promotore di un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.
In passato era stato l’unico italiano finito nell’elenco, stilato dalla rivista “Fortune”, degli uomini più influenti del pianeta per essere riuscito a trasformare il suo piccolo Comune della Locride in un modello di accoglienza per i migranti. Eppure oggi, secondo la Procura, il sindaco Lucano ha commesso illeciti nella rendicontazione di soldi pubblici destinati ai progetti Sprar e Cas.
Soldi pubblici di cui, però, neanche un euro sono finiti nelle tasche di Mimmo Lucano accusato anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (per aver contribuito a presunti matrimoni fittizi) e di alcune irregolarità nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel suo comune. Raccolta che è stata affidata a due cooperative, non iscritte nell’albo regionale del settore (all’epoca non attivo), che si occupavano della raccolta differenziata a Riace con due asinelli. Tutto, secondo la Guardia di finanza che ha condotto le indagini, ruotava attorno all’associazione “Città Futura” che, assieme alle altre associazioni che si occupavano dei migranti, avrebbe avuto un ingiusto vantaggio patrimoniale di 2 milioni e 300mila euro “mediante indebite rendicontazioni al Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e alla prefettura di Reggio Calabria delle presente relative ad immigrati non aventi più diritto a permanere nei progetti”.
“L’accoglienza non è a termine” si è sempre difeso il sindaco Lucano che più volte, durante le indagini, ha chiesto di essere interrogato dalla Procura di Locri. Un interrogatorio che, nella fase delle indagini non c’è mai stato e il primo a sentirlo è stato il gip che ha emesso l’ordinanza di arresti domiciliari. A proposito proprio il giudice per le indagini preliminari Domenico Di Croce ha demolito l’inchiesta e l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa che ora viene riproposta al cospetto del Tribunale.
Seppure la “gestione dei fondi destinati all’accoglienza” viene definita “opaca e discutibile”, infatti, il gip chiarisce che in nessun caso risulta che Lucano abbia mai intascato un centesimo. Il giudice aveva contestato alla Procura anche la somma della presunta truffa: “Gli inquirenti – aveva scritto nell’ordinanza – sono incorsi in un errore grossolano” nel conteggiare le cifre e, comunque, il “compendio indiziario non è idoneo” per l’arresto. Pure le “preoccupazioni” espresse da Lucano, nelle intercettazioni sono state lette dal giudice in maniera diversa dalla Procura: “Il turbamento dell’indagato – scrive il gip – non sembra derivare dall’aver distratto” i 2,1 milioni. Piuttosto – sottolinea sempre il giudice, “dall’assurdità, ovviamente dal suo punto di vista, di un sistema normativo contabile che gli impediva di imputare alla rendicontazione… attività collaterali comunque riconducibili al servizio di ospitalità offerto”.
Concetto più volte espresso da Lucano in queste settimane in cui dopo la revoca dei domiciliari è costretto a stare lontano dal suo comune. “Non mi sono pentito per niente” aveva dichiarato Mimmo ‘u Curdu all’indomani dell’arresto che, secondo il sindaco, aveva uno scopo ben preciso: “Uno degli obiettivi era quello di indebolire e dimostrare che Riace era come tutti gli altri. Il gip ci ha messo 20 secondi a capire che non c’è la frode allo Stato. Mi hanno arrestato per questo in una Regione controllata dalle mafie e diventata la pattumiera d’Europa che qui scarica i rifiuti tossici? Devo pagare io che ho cercato di costruire un’opportunità per il mio territorio”. Notificato l’avviso di conclusione indagini, adesso Lucano e i suoi avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua avranno venti giorni per decidere se chiedere di essere interrogati prima che la Procura valuti un eventuale richiesta di rinvio a giudizio.