Verdure lavate imbustate, carne e pesce porzionati in vaschette di polistirolo, confezioni di uova da 2 a 12 pezzi, fazzoletti e tovaglioli di carta, poi ancora flaconi, bottiglie, cartoni, rotoli… Ogni giorno nelle mani di ciascun consumatore passano decine di prodotti: è talmente radicata l’abitudine di vederli nelle loro confezioni che difficilmente ci si immagina di poterli avere in una forma diversa da quella proposta dalla grande distribuzione. In un periodo in cui si moltiplicano i roghi nei depositi di rifiuti (tanto in quelli abusivi, quanto in quelli regolari) è tornato d’attualità il dibattito sulla gestione dell’enorme quantità di immondizia che ciascun italiano produce quotidianamente. Mentre la politica discute sull’opportunità di realizzare nuovi impianti di termodistruzione o incentivare la raccolta differenziata, c’è chi prova un’altra strada: la riduzione.
E’ il caso della “famiglia sballata” che a Varese, a partire dal mese di novembre, ha provato a vivere azzerando i rifiuti da imballaggio: “Non è facile – spiega subito Chiara Ricardi, protagonista dell’iniziativa assieme al figlio e al marito -. Abbiamo dovuto rivedere le nostre abitudini. Diciamo che non posso più permettermi di fare la spesa nelle ore buche, ma la devo pianificare. Abbiamo tutta una serie di imballaggi durevoli che ci permettono di limitare il ricorso a quelli usa e getta, quindi devo ricordarmi di averli con me quando faccio la spesa”. Nella casa degli ‘sballati’ sono arrivati così sacchetti di tessuto per le verdure, porta-uova in plastica rigida, borracce al posto delle bottiglie, assieme a cassette e contenitori di ogni risma. Sono tornati in tavola i tovaglioli di stoffa, così come sono stati accantonati i fazzoletti di carta. I detersivi vengono acquistati alla spina e per la merenda a scuola non si usano più né pellicola né stagnola: “Non abbiamo quantificato la riduzione in maniera scientifica – spiega Chiara – ma diciamo che il sacco della plastica è visibilmente più leggero. Possiamo dire che siamo a meno di metà”
Piccoli sacrifici in termini di comodità e tempo che permettono di dare un grande contributo ambientale. Oggi una famiglia di 4 persone produce circa 2 tonnellate di rifiuti ogni anno (dato Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale 2017: 489,2 kg di rifiuti solidi urbani procapite), vale a dire poco meno di un chilo e mezzo di rifiuti a testa ogni giorno. Circa metà di questi, il 55,5% (sempre stando al dato medio nazionale aggregato da Ispra nel rapporto sui rifiuti 2018) viene avviato al riciclo o al recupero, la frazione rimanente per la maggior parte viene avviata alla termodistruzione (19%) o allo stoccaggio in discarica (24%). E, basta farci caso, buona parte di questi rifiuti è composta da imballaggi: i dati dicono che sono addirittura il 53% di quello che buttiamo o differenziamo. Il cartone del latte, la bottiglia di plastica, la vaschetta della carne, la confezione dei biscotti: nel 2017 in Italia sono stati immessi nel marcato più di 13 milioni di tonnellate di imballaggi, il 78% di questi è finito nella spazzatura (67,5% riciclato e 10,5% incenerito). Analizzando la frazione di rifiuti derivante dagli imballaggi scopriamo che addirittura il 93% di tutta la plastica raccolta arriva da un imballo