Per la ‘ndrangheta i morti sono importanti. Ma anche le date in cui vengono commessi gli omicidi. Ieri, nel giorno di Natale, in un agguato consumato nel centro storico di Pesaro è stato ammazzato Marcello Bruzzese, 51 anni, pregiudicato di origini calabresi ma soprattutto fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese di Rizziconi.
Due killer incappucciati gli hanno scaricato addosso l’intero caricatore di una pistola automatica calibro 9. Forse sono state utilizzate due armi visto che i bossoli trovati a terra sarebbero 24. Lo aspettavano fuori dall’abitazione che, al numero 28 di via Bovio, il ministero dell’Interno gli aveva assegnato perché parente del pentito di ‘ndrangheta.
Marcello Bruzzese era sottoposto a tutela ma, evidentemente, non è servito a salvargli la vita. I sicari lo hanno atteso mentre parcheggiava l’auto in garage prima di colpirlo in diverse parti del corpo. Portata a termine la sentenza di morte, si sono allontanati a piedi tra i negozi chiusi e il traffico natalizio. L’agguato si è consumato intorno alle 18.30 quando i vicini di casa di Marcello Bruzzese hanno sentito i colpi di pistola e hanno avvertito le forze dell’ordine.
Sposato e con due figli, la vittima viveva a Pesaro da tre anni. Era lì che il programma di protezione lo aveva spedito per stare lontano dagli ambienti mafiosi che fino all’inizio degli anni duemila ha frequentato con il fratello Girolamo detto “Mommo”. Era il 2003, infatti, quando entrambi erano vicini al boss Teodoro Crea ed erano considerati uomini del clan. Nel luglio di 15 anni fa, però, Mommo Bruzzese da latitante si è costituito ai carabinieri di Polistena consegnando loro la pistola con cui aveva appena sparato in testa al boss, anche lui all’epoca latitante.
Credendolo morto e temendo le rappresaglie della cosca, Bruzzese aveva saltato il fosso e da uomo di fiducia di Teodoro Crea aveva scelto di collaborare con la giustizia. Sebbene gravemente ferito al capo, però, il boss era riuscito a salvarsi. I suoi familiari lo avevano trasportato prima all’ospedale di Polistena e poi all’ospedale di Reggio Calabria dove Teodoro Crea riuscì a farcela.
Ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Mommo Bruzzese raccontò gli affari della cosca di Rizziconi e i suoi legami con l’imprenditoria e la politica locale facendo arrestare i maggiorenti del clan e l’esponente dell’Udc Pasquale Inzitari che, assieme ad altri due imprenditori, finì al centro di un’inchiesta per un’estorsione subita dai Crea, una delle famiglie mafiose più sanguinarie della piana di Gioia Tauro.
Nelle pieghe di quell’inchiesta, infatti, era emerso che Pasquale Inzitari si era rivolto alla cosca Rugolo e al cognato Antonino Princi prima ancora che alla polizia. La risposta dei Crea non si fece attendere: Antonino Princi fu squartato con un’autobomba e il figlio del politico locale fu prima accoltellato quando era minorenne e poi, appena compiuti 18 anni, ucciso davanti a una pizzeria a colpi di pistola.
Anche Marcello Bruzzese, in passato subì un attentato. Era luglio 1995 quando fu ferito in un agguato in cui morirono suo padre Domenico, considerato il braccio destro del boss Teodoro Crea, e il genero di quest’ultimo Antonio Madaffari. Ritornando a ieri, sull’omicidio di Marcello Bruzzese stanno indagando i sostituti procuratori di Pesaro Fabrizio Giovanni Narbone e Maria Letizia Fucci. Molto probabilmente, però, l’inchiesta passerà alla Dda di Ancona e al pm Daniela Paci che, a Rimini, in passato si è occupata dell’indagine sulla banda della Uno bianca.
La Direzione distrettuale antimafia, adesso, dovrà verificare se l’attentato è stata una ritorsione nei confronti del fratello pentito. Un messaggio della ‘ndrangheta che, a distanza di 15 anni, non dimentica e presenta il conto il giorno di Natale. Se questo dovesse essere confermato, le indagini dovranno rispondere all’interrogativo di come le cosche calabresi siano venute a conoscenza del luogo in cui si nascondeva Marcello Bruzzese e di come è stato possibile che, nonostante la tutela a cui era sottoposta la vittima, i killer siano riusciti a studiare le sue abitudini per ucciderlo nel centro di Pesaro.