La caccia sarà permessa solo nelle acque territoriali e nella zona economica esclusiva del Giappone, mentre sarà vietata nelle acque dell’Antartide e nell’emisfero australe. Si tratta comunque di una decisione storica, destinata a far discutere, anche perché le attività erano state interrotte più di trent’anni fa
Il Giappone uscirà dall’International Whaling Commission (ICW), la Commissione internazionale per la caccia alle balene, con l’obiettivo di riprendere la caccia per scopi commerciali a luglio 2019. Una decisione annunciata nel corso di una conferenza dal capo di gabinetto Yoshihide Suga ma nell’aria da tempo. D’altronde già a settembre scorso il Giappone aveva proposto di revocare il divieto nel corso del vertice annuale dell’Iwc in Brasile. La proposta era stata respinta e Tokyo aveva minacciato di riconsiderare la sua adesione all’ente. Nello stesso summit, si era anche arrivati (dopo 20 anni di negoziati) al no definitivo a una riserva per le balene nell’Atlantico meridionale. Contro, oltre al Paese del Sol Levante, si erano schierati Islanda, Norvegia e Russia. Sono mesi dunque che all’interno dell’associazione si è creata una spaccatura tra Paesi favorevoli alla caccia, come il Giappone e quelli contrari, come l’Australia e la Nuova Zelanda. E poi ci sono le nazioni che già in passato hanno lasciato l’Iwc per poi ritornarci, come è accaduto all’Olanda.
UNA DECISIONE STORICA – La caccia sarà permessa solo nelle acque territoriali e nella zona economica esclusiva del Giappone, mentre sarà vietata nelle acque dell’Antartide e nell’emisfero australe. Si tratta comunque di una decisione storica, destinata a far discutere, anche perché le attività erano state interrotte più di trent’anni fa. Il Giappone, infatti, che aveva aderito alla Iwc nel 1951, era stato costretto a interrompere la caccia ai fini commerciali dopo l’adozione, da parte dell’organizzazione, di una moratoria nel 1986. Eppure Tokyo in questi decenni ha continuato a uccidere le balene, sostenendo che fosse una scelta dovuta a ragioni legate alla ricerca scientifica. Non è servita a cambiare la situazione neppure la diffida arrivata nel 2014 dalla Corte di giustizia dell’Aja, secondo cui le motivazioni addotte dal governo nipponico sono solo un pretesto.
GLI INTERESSI IN BALLO – A ricordarlo, commentando l’uscita dall’Icw, è stato il direttore esecutivo di Greenpeace Japan, San Annesley. “Questo è un grave errore che allontana il Giappone dal resto del mondo”, ha detto sottolineando che “negli anni passati la flotta giapponese ha continuato le sue attività in violazione delle conclusioni della Corte internazionale di giustizia” e che il governo nipponico “ha una lunga storia di non collaborazione con l’Iwc”. Secondo gli ambientalisti, dietro questa decisione c’è la volontà di sostenere l’industria della carne di balena, nonostante il netto calo di vendite. I numeri: se negli anni Sessanta in Giappone si consumavano 200mila tonnellate di carne, oggi si è scesi a 5mila. La campagna per abbandonare l’Iwc è partita da un gruppo di parlamentari liberaldemocratici che fanno parte di una lega a favore della caccia commerciale alla balena. Ma quello di Tokyo non è certo l’unico caso. Basti pensare a Islanda e Norvegia che, pur facendo parte dell’Iwc, continuano a praticare la caccia alle balene. E, a differenza del Giappone, ufficialmente per scopi commerciali. Ed è per questo che a livello internazionale, l’ente è stata spesso criticata per inefficacia.
GREENPEACE E WWF: “UN GRAVE ERRORE” – Secondo il direttore esecutivo di Greenpeace Japan, “il governo nipponico deve agire con urgenza per conservare gli ecosistemi marini, piuttosto che riprendere la caccia commerciale”. Secondo il Wwf “è scandaloso che nel 2018 il Giappone manifesti la volontà di continuare la caccia alla balena, massacro anacronistico e senza alcuna giustificazione, se non una subcultura dura a morire, che rischia di portare verso l’estinzione due specie come la balenottera comune (già in declino) e quella minore (a rischio)”. Specie finora messe a dura prova, oltre che dalla caccia a scopi scientifici, anche dal bycatch, ossia la cattura accidentale “che uccide almeno 300mila balene e delfini ogni anno, la collisione con le navi e l’inquinamento con l’ingestione di micro e macro plastiche attraverso una catena alimentare ormai contaminata”. L’anno scorso ben 330 balenottere minori sono state uccise in Antartide. “Eppure i sondaggi – ha sottolineato il Wwf – ci dicono che appena l’11% dei giapponesi consuma ancora carne di balena e si dice favorevole a questa attività. Uno schiacciante 90% non vuole più saperne”.