“Il tema dei poteri occulti è essenziale per la comprensione del nostro Paese, sfuggente e inafferrabile per natura, l’argomento lascia smarriti, un po’ persi tra le nuvole di ciò che esiste ma non è.” È questo il significativo incipit del saggio di Stefania Limiti, Poteri occulti, pubblicato or sono alcuni mesi in agile volumetto dall’editore Rubettino, nella collana “Focus”. Un saggio il cui oggetto è “il lato oscuro del potere”, cioè “il modo stesso di esercitare quel potere”. Poco più di 120 pagine che raccontano del potere reale in Italia, di un grumo di interessi di varia natura che si sono annidati dentro il potere formale, ufficiale, democraticamente eletto, riuscendo a condizionarlo, a indirizzarlo, a guidarlo.
Né cosa di poco momento né punto di riflessione, facile da prendere in considerazione o accettare, essendo tanti a respingerlo, bollandolo come improbabile o come frutto di una serie di ipotesi non dimostrate o non dimostrabili: da relegare, dunque, nelle categorie del complotto o della dietrologia, materie affascinanti ma che non sono in grado di comprendere nulla di quanto è veramente accaduto.
Già nel 1984, del resto, Norberto Bobbio, il quale li chiamava “poteri invisibili”, aveva scritto: “Mi stupisce quanto poco si sia riflettuto da parte degli scrittori politici sull’importanza che ha assunto nella nostra vita di tutti i giorni il potere occulto, sia da parte dello Stato sia da parte dell’antistato”. Il grande filosofo della politica, di cui nel saggio di Stefania Limiti viene ripercorso il pensiero, espresse tuttavia lucidamente la convinzione giusta secondo la quale “vi è sempre stato, e purtroppo sembra che non se ne possa fare a meno, un potere invisibile dentro lo Stato, che comprende i servizi segreti per la sicurezza interna ed esterna dello Stato, l’organizzazione dello spionaggio e del controspionaggio”. Potere invisibile che non a questo si riduce, ma che è tutto interno alla Guerra Fredda, che aveva le sue esigenze e le sue ferree leggi da rispettare.
A tal proposito, se per un verso non può tacersi il fatto che l’Italia sia divenuta – nella nuova dislocazione postbellica – un Paese di confine, avendo nelle sue propaggini orientali i Paesi che all’epoca facevano parte della “cortina di ferro”, tutti in vario modo legati all’Unione Sovietica, per l’altro non va trascurata la circostanza che l’Italia dovesse essere controllata da vicino e protetta, avendo una situazione politica particolare: un partito comunista forte, radicato in tutto il Paese, guidato da un segretario prestigioso e noto anche all’estero come Palmiro Togliatti, oltretutto molto legato all’Urss di Stalin.
Per dar corpo all’endiadi “potere occulto”, di cui la più prudente valutazione storica deve tenere conto nella descrizione delle faccende italiane – a meno di non scivolare nella reticenza e con il rischio di una grave perdita di dati di realtà – basterà come fa Stefania Limiti concentrare il fuoco dell’attenzione sui caratteri costituenti di tali “organizzazioni”: il segreto che copre in tutto o in parte i membri, le azioni e, talvolta, la stessa esistenza dell’organizzazione; la funzione di contropotere, poiché perseguono autonomamente i propri fini di potere, diversi o contrari rispetto al potere legittimo; l’illegalità delle attività e per lo più della loro stessa natura.
Quanto, poi, ai principali poteri occulti operanti nel nostro Paese, talvolta con metodi illegali anche senza l’autorizzazione del governo italiano, il pensiero corre alle organizzazioni eversive clandestine; la grande criminalità organizzata; le logge massoniche deviate e/o segrete, come ad esempio la P2; le onnipotenti multinazionali. Delle malefatte, dei complotti, dei depistaggi posti in essere da queste organizzazioni, il saggio di Stefania Limiti offre, sia pure in via di rapidissima sintesi, una complessiva panoramica, attingendo a testimonianze che vanno da quelle di Federico Umberto D’Amato, “il poliziotto nel senso più storicamente autentico del termine”, e di Emanuele Macaluso, già dirigente del Pci, a quelle di Fernando Di Giulio, anch’egli alto esponente del Partito comunista, e di Massimo D’Alema.
La riflessione sui poteri occulti, nel saggio di Stefania Limiti, non s’incentra sui “complotti che assediano il sovrano e gli tolgono il sonno: nell’oscurità degli arcana imperii, si muovono da sempre trame, congiure, tradimenti, finti giuramenti, serpenti velenosi dal volto attraente che disorientano il re legittimo”. Il nucleo centrale è costituito, piuttosto, dall’analisi “di come il potere legittimo si serva, o tolleri, o stenda putridi compromessi con altri poteri, grandi o piccoli, finanche talvolta perdenti, ma comunque illegittimi, per raggiungere scopi non dichiarati”.
Nel 2016 diedi, sine strepitu, alle stampe per Koinè Nuove Edizioni il libro In pessimo Stato. Non una “storia segreta” di oltre 150 anni d’Italia unita, poiché “per la contraddizion che nol consente”, non può considerarsi più “segreto” ciò ch’è “svelato”, ma una vera e propria controstoria di quegli oltre 150 anni, che – per chi non si accontenta delle versioni e dei documenti ufficiali – per dirla con Enzo Ciconte, il prefatore del saggio di Stefania Limiti, “sta accanto o sotto o dietro – a seconda delle preferenze – alla storia nota”.
Pagine dettate dalla triste e angosciante consapevolezza di quanto poco l’Italia civile, evocata da Norberto Bobbio nel titolo di un libro stupendo, abbia inciso e incida davvero, abbia contato e conti; di quanti sono, annidati negli anfratti del potere, uomini di governo, uomini di partiti e di movimenti, uomini di amministrazione o giudici, gli allievi non di Dante, o di Beccaria, o di Manzoni, e nemmeno di Machiavelli, ma di Guicciardini, lucida, amara coscienza dell’Italia incivile: “È incredibile quanto giovi a chi ha amministrazione che le cose sue sieno secrete; perché non solo e disegni tuoi quando si sanno possono essere prevenuti o interrotti, ma etiam lo ignorarsi e tuoi pensieri fa che gli uomini stanno sempre attoniti e sospesi a osservare le tue azioni, e in su ogni minimo moto si fanno mille commenti; il che ti fa grandissima riputazione. Però chi è in tale grado doverebbe avverrare sé e i suoi ministri non solo a tacere le cose che è male che si sappino, ma ancora tutte quelle che non è utile che si pubblichino.”