Quando si tratta di investire sul futuro, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, specie in un Paese come il nostro in condizione di conclamata emergenza digitale, non è mai abbastanza. Bisogna, però, riconoscere che a scorrere la legge di bilancio appena approvata al Senato e a provare a unire i puntini che saltano da un comma all’altro si riesce a scorgere, senza troppa fatica, un piano, un programma, una road map di un governo che sembra almeno intenzionato a orientare la prua della nave nella direzione giusta.
Idee, programmi e fondi dedicati all’innovazione e al futuro, infatti, quest’anno non mancano. Tante quelle su start-up innovative e Venture Capital. Invitalia Ventures, per cominciare, potrà essere ceduta a Cassa Depositi e Prestiti affinché quest’ultima, in coerenza con il proprio piano industriale, possa dar vita a un grande fondo di Venture Capital pubblico, secondo le indiscrezioni il più grande mai creato in Italia.
Presso il ministero dello Sviluppo economico viene creato un fondo da 90 milioni per il sostegno delle attività di Venture Capital e viene previsto che non meno del 15% delle entrate dello Stato derivanti dagli utili o dividendi delle società partecipate dovranno essere destinati a investimenti in fondi di Venture Capital. Lo Stato, quindi, reinveste, per scommettere sul futuro. A prescindere dai numeri, ancora lontani da quelli dei Paesi “concorrenti” nel resto d’Europa, il segnale è oggettivamente importante e positivo.
Aumentano, infine – per chiudere sulle misure relative al Venture Capital – le agevolazioni fiscali per chi decide di investire sulle start-up innovative. Lo Stato, quindi, prova a “orientare” gli investimenti e a suggerire che scommettere sul futuro, oggi, è la cosa giusta da fare. E la manovra, oltre a guardare a domani, sembra strizzare l’occhiolino a dopodomani. Pesa 45 milioni di euro, per i prossimi tre anni, il fondo costituito presso il ministero dello Sviluppo economico per blockchain, intelligenza artificiale e internet delle cose.
I soldi, naturalmente, non sono tutto e, anzi, in questo caso, la differenza la faranno le modalità con le quali si deciderà di investirli in questi ambiti ma i tavoli di esperti – in particolare su blockchain e intelligenza artificiale – in via di costituzione per tracciare una road map di Paese su questi temi consentono, alla vigilia del nuovo anno, di guardare in avanti con ottimismo. Ed è positiva, innovativa, illuminata anche l’idea di riconoscere alle piccole e medie imprese un voucher, fino a 40mila euro, per dotarsi di un manager dell’innovazione che li guidi nei processi di trasformazione digitale.
Difficile, naturalmente, non nutrire almeno qualche timore sul fatto che i soldi, tanti, investiti in questa direzione finiscano nella tasche sbagliate: l’Italia non ha tanti manager dell’innovazione competenti per davvero quanti ne servirebbero alla nostra piccola e media impresa e il rischio che in tanti, anzi in troppi, si presentino come tale senza averne le competenze è enorme. Servirà vigilare, imporre regole stringenti sia sulle competenze delle manager che sulla reale intenzione dell’impresa di cambiare pelle e imboccare la strada del futuro. Ma le intenzioni restano buone e, obiettivamente, le critiche alla disposizione in ragione del possibile conflitto di interessi della Casaleggio & Associati, super manager dell’innovazione vicino agli uomini pentastellati del governo, sembrano spuntate.
Non è a colpi di voucher da 40mila euro per la piccola e media impresa che, in questo Paese, si forgiano conflitti di interesse e tra la misura appena adottata e le casse della Casaleggio c’è un’interminabile serie di incognite, bivi, crocevia e variabili. Tanti, inoltre, i soldi e gli incentivi nell’ambito della cosiddetta industria 4.0, a partire da agevolazioni per le imprese che migrano verso il cloud. Ma alcune delle iniziative più significative contenute nella manovra, guardano al futuro passando per la televisione.
Gli 80 milioni di euro in due anni accordati alla Rai per attuare i programmi di innovazione tecnologica e digitale già previsti nel nuovo contratto di servizio pubblico – tanto per cominciare – o gli incentivi destinati, tra l’altro, all’acquisto di smart tv. Sono disposizioni che sembrano importanti per provare a usare la televisione come strumento di inclusione digitale: gli italiani, infatti, restano prepotentemente attaccati alla tv e, quindi, tanto vale provare a usare la vecchia signora del piccolo schermo per portare nelle loro case servizi, contenuti e opportunità in digitale.
Bene, dunque, la manovra di Natale per l’Italia dell’innovazione. Peccato solo per l’unica nota davvero stonata che guasta la festa: la nuova imposta sui servizi digitali, ormai nota al grande pubblico come web tax, una scelta che sembra davvero uscita – e forse è così – da una testa e una penna completamente diverse da quelle di chi ha concepito gli altri capitoli della legge di bilancio dedicati a futuro e nuove tecnologie.