Una pattuglia della polizia impegnata nel controllo di un 17enne è stata accerchiata da una cinquantina di residenti in un campo nomadi e uno degli agenti, per allontanare la folla, ha sparato un colpo di pistola in aria. È successo a Torino nella zona di strada dell’Aeroporto. Il giovane era a bordo di un’auto, insieme a due ragazze (di 17 e 11 anni), che era stata notata in zona Madonna di Campagna procedere a fari spenti e a velocità sostenuta: non solo non si era fermato all’alt ma, una volta raggiunto, aveva tentato di speronare la volante.

Il 17enne, abitante nel campo nomadi, ha chiesto aiuto e gli altri si sono avvicinati alla pattuglia chiedendo di lasciarlo andare. Dopo lo sparo sono arretrati. Gli agenti hanno poi verificato che il giovane aveva appena effettuato un furto all’interno di un cantiere nell’area di parcheggio di corso Grosseto. All’interno dell’auto è stata trovata la refurtiva, del materiale in legno. Il 17enne è stato così denunciato per resistenza e furto aggravato.

“È l’ennesimo grave campanello di allarme che non deve essere ignorato”, dice il segretario generale provinciale del Siap, Pietro Di Lorenzo. “La fuga dei ragazzini – osserva – poteva finire in tragedia e stupirsi che un agente abbia dovuto sparare in aria per difendere la pattuglia dall’assalto delle decine di rom intervenute sarebbe ipocrita e ingiustificato”. Anche il segretario generale del Siulp Torino, Eugenio Bravo, sottolinea che “non accennano a diminuire i casi in cui, per fermare o anche solo controllare alcune persone, le forze dell’ordine devono affrontare e contrastare i rischi di aggressione di altri soggetti che vorrebbero sottrarre i prevenuti dai controlli di polizia”.

“Continuiamo a ripetere – aggiunge Bravo – che servono pene esemplari e rieducative: diversamente questi comportamenti aggressivi non si attenueranno e non verranno ridimensionati”. Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, evidenzia ancora come non sia “la prima volta che la folla accerchia una pattuglia per ribellarsi ai controlli”. “Queste gravi condotte sono alimentate dal senso di impunità che caratterizza queste persone, soprattutto i minori”, è la sua spiegazione.

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