Il ministro dell'Interno nelle Marche dopo l'omicidio del fratello di un pentito di 'ndrangheta: "Mi risulta - ha spiegato - che la procedura fosse in corso e che ci fosse un ragionamento economico su come chiudere la partita. Evidentemente era lui il primo a sentirsi fuori pericolo. Chi ha sbagliato salterà..."
Marcello Bruzzese aveva chiesto “già da più di due anni e mezzo di uscire dal sistema di protezione”. Il fratello del collaboratore di giustizia ucciso il giorno di Natale a Pesaro, rivela Matteo Salvini, non voleva più vivere sotto tutela e la sua domanda era in corso di valutazione: “Mi risulta – ha spiegato il ministro dell’Interno – che la procedura fosse in corso e che ci fosse un ragionamento economico su come chiudere la partita. Evidentemente era lui il primo a sentirsi fuori pericolo”.
Poi ha specificato che sul tipo di protezione dei collaboratori di giustizia e dei familiari non è il ministro che lo decide per “simpatia o antipatia, sono valutazioni tecniche di altissimo livello di polizia, carabinieri, magistrati che decidono chi è a rischio e chi non è più a rischio”. Un modo per rispondere indirettamente a quanto emerso nelle scorse ore: dal nome sul campanello di casa al cognome non cambiato.
“Sono situazioni – dice Salvini – che prescindono dalla politica. Il mio dovere è mettere a disposizione soldi per assumere più poliziotti, vigili del fuoco e carabinieri e questo c’è. Come proteggere i testimoni, ci sono persone molto migliori di me che lo sanno fare”. E chiarendo che comunque bisognerà chiarire “cosa non ha funzionato”, il vicepremier leghista ha poi risposto “chi ha sbagliato salterà…” a una signora che, al termine della riunione in Prefettura, gli aveva urlato: “Non si può morire in questo modo a Pesaro”.
L’omicidio di Bruzzese, freddato con 20 colpi di pistola nel garage di casa nel pomeriggio di Natale, secondo Salvini altro non è che un “gesto di estrema debolezza, non di forza. Un segnale di arroganza, di violenza ma di debolezza”. Lo Stato, ha aggiunto è “più forte e, alla fine, la battaglia sarà vinta. Se pensano di spaventare qualcuno, si sbagliano”.
Intanto, però, c’è da registrare la presa di posizione del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci. L’esponente dem ha detto durante il Comitato per l’ordine e sicurezza che lo Stato “ha portato persone a proteggersi dalla ‘ndrangheta perché ritiene questo territorio più sicuro di altri” sottolineando di aver “chiesto una riduzione dei collaboratori di giustizia sul nostro territorio”. Sul punto, ha aggiunto, “anche la procura è del parere che ve ne siano tanti nelle Marche, proprio perché ritenute un territorio più sicuro rispetto ad altri”.
Riguardo alle indagini, Salvini ha detto di contare che “possa essere reso noto il prima possibile il perché e per come” grazie al lavoro della Dda di Ancona, che indaga sull’agguato. Il ministro ha ricordato che in Italia ci sono circa “1.200 collaboratori e testimoni protetti, ampliando ai familiari si arriva a 6mila persone: vi è un ingente utilizzo mezzi e uomini delle forze dell’ordine. Chi ci dà una mano per combattere mafia, camorra e ‘ndrangheta deve avere lo Stato dalla sua parte”.