Siamo arrivati in fondo al 2018, un anno dove non abbiamo visto eventi eclatanti, ma la conferma di certe tendenze a lungo termine che già si intuivano e che adesso sono più chiare. Vediamo di riassumerne qualcuna.

1. Il 2018 ha marcato il centenario della fine della Grande guerra, quella che, al suo tempo, si diceva avrebbe dovuto mettere fine a tutti i conflitti. Era troppo, certamente, ma perlomeno ci potevamo aspettare di aver riflettuto su certe cose. Invece, l’anniversario è passato in sordina e siamo nel pieno di una corsa agli armamenti che ricorda la situazione di quella che oltre cento anni fa portò alla prima guerra veramente “mondiale” della storia umana. Purtroppo, da un’analisi statistica dei dati storici degli ultimi seicento anni che abbiamo fatto insieme con i miei collaboratori (Martelloni e di Patti), sembra proprio che non ci sia nessuna tendenza a una riduzione nel tempo della violenza delle guerre. Una nuova guerra è perfettamente possibile e stavolta abbiamo armi nucleari. Speriamo bene.

2. Il 2018 conferma le tendenze relative al cambiamento climatico. Da una parte, sembra che sia stato l’anno più caldo mai registrato in assoluto (comunicazione preliminare ricevuta dai colleghi climatologi, sarà ufficiale in gennaio), con buona pace della famosa “pausa,” ormai consegnata al bidone della spazzatura della scienza (per non parlare di quelli che ancora straparlano di “nuova era glaciale”). D’altra parte, sebbene ormai si sappia bene come stanno le cose con il clima, nessuno vuol fare sacrifici, neanche minimi per evitare il peggio. La COP24 di Katowice è riuscita perlomeno a evitare il fallimento, ma la reazione alle “ecotasse” sui motori inefficienti, sia in Italia come in Francia, lascia poca speranza alla possibilità di fare qualcosa di serio prima che la situazione diventi brutta. Ma brutta veramente.

3. Nel 2018 sono venute fuori con una certa chiarezza alcune tendenze del mercato delle materie prime che erano già intuibili qualche anno fa. Mentre l’estrazione del petrolio di scisto negli Usa è ancora in crescita, Antonio Turiel è stato il primo a lanciare l’allarme sul declino dell’olio pesante e sul “picco del gasolio” che rischia di portarci a gravi problemi per i trasporti. Pochi si sono accorti, invece, del “picco globale del cemento,” avvenuto nel 2015 e segnalato per primo da Steven Rocco. È un cambiamento epocale: la produzione di cemento cresceva in modo continuo da almeno 80 anni. Per inciso, in Italia la produzione di cemento è in crollo dal 2008 (anche se mostra qualche segno di stabilizzazione negli ultimi tempi). Secondo Rocco, siamo anche di fronte a uno stallo epocale nella crescita del Pil mondiale, ma su questo i dati sono ancora incerti.

4. Il 2018 è stato anche l’anno in cui la Cina ha smesso di importare rifiuti di plastica dall’Europa e ci siamo accorti di che mangiamo plastica oltre a trovarcela intorno dappertutto in forma di rifiuti. Fino a pochi anni fa, sembrava che il problema non esistesse, anzi, la plastica era vista come un trionfo della tecnologia moderna. Ma ora siamo nella plastica (per non dir di peggio) fino al collo. Riciclare la plastica non fa altro che rimandare il problema, bruciarla negli inceneritori fa i suoi danni, usare la bioplastica è costoso. Bisognerebbe rendere illegali molti usi della plastica e ridurne la produzione. Questo però genera resistenze: molta gente crede ancora che più si produce meglio è, non importa cosa. Impareremo, prima o poi, ma nel frattempo continuiamo a mangiare plastica e non sembra proprio che faccia bene.

Tutto male, dunque? Non necessariamente. È vero che siamo in una situazione difficile, ma certe cose che ci sembrano problemi potrebbero poi rivelarsi delle opportunità. Per esempio, il declino della disponibilità di gasolio è un elemento positivo per spingere verso la sostituzione dei vecchi veicoli inquinanti con veicoli elettrici più puliti e più efficienti. In Italia siamo ancora molto in ritardo, ma ci dobbiamo arrivare per forza. E i veicoli elettrici sono un elemento fondamentale della transizione da energia fossile a energia rinnovabile, anche quella una cosa che dobbiamo fare per forza. Se poi l’industria petrolifera sarà messa in difficoltà dalla combinazione dell’esaurimento delle risorse e riduzione della domanda, beh, produrranno anche meno plastica e questo ci farà bene alla salute. E, con un po’ di fortuna, ci saranno anche meno risorse da dedicare agli armamenti, cose estremamente energivore. Quanto poi al declino del cemento, volevamo veramente trasformare il nostro pianeta in una palla da biliardo? Forse è ora di darsi una calmata anche su quello. E quindi, avanziamo verso un 2019 che potrebbe essere molto difficile, ma che ci da almeno qualche elemento di speranza.

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