La procedura d’infrazione sarebbe stata “disastrosa”. L’ammissione del governo arriva attraverso le parole del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, durante l’audizione nella commissione Bilancio della Camera, al termine della quale è iniziata la discussione degli emendamenti che porterà al voto e poi all’approdo del testo in Aula. Durante la sua relazione ai deputati, il titolare del Tesoro – che ha avuto un lungo battibecco con il Pd su quanto lasciato dai governi precedenti – ha difeso l’impostazione spiegando che l’attuale versione, in via di approvazione definitiva, “riduce la spesa corrente nel 2019 e non lo fa a scapito di quella degli investimenti“. Una versione parzialmente condivisa dal presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio che poche ore prima aveva confermato una crescita nel triennio avvertendo tuttavia sui rischi recessivi nel biennio 2020-21. E per quanto riguarda le clausole sull’Iva lievitate a 23 miliardi nel 2020 e a quasi 29 nel 2021 ha detto che “la situazione non è facile” ammettendo che “dovremo lavorare a lungo e partire da subito”.

L’accordo con la Commissione Ue, ha spiegato Tria, è stato “il migliore possibile” sia “dal punto di vista economico finanziario che politico” perché “conferma gli obiettivi fondamentali di riforma e politica economica del governo e li riconduce ad un livello di deficit” più basso “di quello preventivato”. E allo stesso tempo, sostiene, permette di avere uno “spread più vicino ai fondamentali dell’Italia, di pagare meno interessi e di ridare fiducia a consumatori e investitori”.

L’avvio della procedura d’infrazione, infatti, “sarebbe stato disastroso”, afferma Tria. Che poi, per quanto riguarda gli investimenti, assicura che “la priorità è dare sviluppo a quelli pubblici” perché “da troppi anni l’Italia necessita di un piano di grandi, medie e piccole opere”. In questo quadro, aggiunge, “istituiamo un fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali” le cui risorse “restano invariate nel prossimo triennio”, con una somma pari a 15 miliardi. “Si è ridotto il contributo dello Stato di due miliardi solo perché parte dell’intervento sarà finanziato da fondi europei già disponibili”, spiega.

Riguardo alle clausole Iva, Tria dice che c’è la “conferma” della piena sterilizzazione di aumenti Iva “per il 2019 per 12,4 miliardi previsti dall’ultima legge di bilancio del governo Gentiloni“. Mentre, riguardo alle clausole per il 2020 portate a circa 23 miliardi e per il 2021 a poco meno di 28,8 miliardi, il ministro aggiunge: “Confidiamo di poter intervenire per gli anni prossimi come fatto quest’anno, sperando in una maggiore crescita e adeguate coperture, da trovare come quest’anno, anche con fatica”. La situazione, ha ammesso durante le repliche, “non è facile, dovremo lavorare a lungo e partire da subito”. Poi ha aggiunto: “Non è che non siamo preoccupati, ma contiamo di recuperare 2 miliardi di interessi che sarebbero esplosi e poi ci sono gli investimenti pubblici”.

Il ministro ha nuovamente confermato che il decreto che istituirà il reddito e la pensione di cittadinanza “sarà emanato all’inizio del 2019“, sostanzialmente in linea con i tempi previsti dal governo. Mentre, per quanto riguarda quota 100, “si confermano l’impianto e l’impatto della riforma”. I “dettagli ordinamentali” verranno stabiliti, spiega, “con un apposito collegato alla manovra” che sarà emanato, come quello relativo al reddito, all’inizio del nuovo anno. “Si potrà andare in pensione 62 anni e 38 di contributi, senza alcuna riduzione assegno pensionistico”, sostiene Tria. Il valore della pensione, che dipende dai contributi versati, resta infatti invariato. ”Il riconoscimento di un assegno inferiore” è legato, invece, al sistema retributivo.

Nel corso dell’interlocuzione con la Commissione Europea, ha spiegato il titolare del Tesoro, “si è tenuto conto” del fatto che “la fiducia è scesa e le previsioni sono state riviste al ribasso” ricordando la “battuta di arresto della Germania che ha impatto molto forte” sull’economia italiana, i cui dati sono peggiorati come nel resto d’Europa. Nei negoziati, ha aggiunto, sono entrati “tre aspetti, la revisione al ribasso della previsione di crescita, l’aggiornamento delle proiezioni di finanza pubblica e gli aggiustamento di bilancio migliorativi del saldo per circa 10,25 miliardi di euro“. La Commissione, ha aggiunto, ha guardato “in particolare all’entità della correzione di bilancio e alla sua composizione perché la Commissione chiedeva misure strutturali“.

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