Ho già elencato un mese fa i punti di forza della comunicazione del governo Conte e di Matteo Salvini in particolare, che del governo è il front-man, quello sempre in prima linea. Punti di forza che i media mainstream – non solo gli oppositori – si ostinano a non capire o non ammettere, ma che sono tuttora confermati dai sondaggi, che continuano a registrare un altissimo consenso ai due partiti di governo.
Tutto bene, dunque? Non direi: anche il più abile comunicatore di turno, in Italia, sconta purtroppo una mediocrità di cui prima o poi rischia di pagare lo scotto. È accaduto a Matteo Renzi, e ne avevo scritto abbondantemente quando ancora il suo consenso era altissimo (si vedano questo articolo, questo e questo, ad esempio). Può accadere a Salvini, ora, perché è lui oggi a giocare il ruolo del “bravo comunicatore“ che, prima del crollo, toccò per un paio d’anni a Renzi. E allora vediamo cosa rischia Salvini.
1. La prova dei fatti
È il rischio principale non solo di Salvini, ma di tutto il governo Conte. Una comunicazione che punta moltissimo – molto più di quanto abbiano fatto gli ultimi governi – sul mantenimento delle promesse e sul “patto con gli elettori“ rischia di inciampare alla prima delusione concreta. Per fortuna del governo, ci vuole tempo affinché la delusione sia percepita dai più, non solo perché occorrono diversi mesi per tradurre le parole in fatti, non solo perché la speranza è dura a morire, ma perché tutti sanno che ci vuole tempo per cambiare e questo governo si autodefinisce, appunto, “del cambiamento“. In più, Salvini è bravo (ma anche Di Maio lo è) a insistere ogni giorno sul fatto che “stanno lavorando per noi“, che “ancora sono passati pochi mesi“, eccetera. Tutti modi per allungare la luna di miele con l’elettorato.
2. I toni aggressivi
Come ho già scritto, Salvini ha una bonomia, una paciosità e una capacità di rassicurare, con il corpo e le parole, che i media mainstream e i detrattori non gli riconoscono. È vero tuttavia che è capace di combinare questi tratti, anche in questo caso con insistente ripetizione, con l’aggressività e con le parole “contro”: contro i migranti e l’Europa, che sono i suoi bersagli preferiti, ma anche contro le mafie, i ladri e tutti coloro che minacciano la nostra sicurezza. Ciò inevitabilmente alza l’aggressività complessiva del dibattito pubblico, soprattutto perché i media selezionano solo i toni forti di Salvini, trascurando il Salvini del “bacione” e del “vi voglio bene”. Il risultato è che tutti urlano, sui media e all’opposizione, oggi più di ieri, di solito a vuoto e spesso più dello stesso Salvini.
3. Salvini “fascista” e “razzista”
Purtroppo i media e gli oppositori di Salvini continuano dargli del “fascista” e “razzista”. Lo fanno ovviamente per denigrarlo, ma in realtà finiscono per normalizzare il discorso sul fascismo e sul razzismo e addirittura per valorizzarlo, per farne un’abitudine e persino una moda. Un po’ come accade al turpiloquio, che a furia di essere usato non impressiona più nessuno, tanto che spesso diventa un vezzo. Lo dimostrano il numero di dibattiti televisivi sul fascismo e razzismo, che puntano a fare audience cavalcando l’onda. E si pensi a quanti libri sul fascismo (tutti contro, per carità) stanno uscendo in questi mesi, nella speranza di vendere cavalcando sempre la stessa onda. Il rischio in questo caso è soprattutto nostro, non solo di Salvini e del governo: ci toccherà assistere alla normalizzazione del discorso sul fascismo e sul razzismo (se non ai due fenomeni), com’è accaduto al turpiloquio in politica? Speriamo di no: le implicazioni sarebbero ben più gravi.
4. Salvini mangia. Troppo
Sembra un’inezia ma non lo è. Salvini ha l’abitudine (anche in questo caso, quasi tutti i giorni) di twittare il piatto che sta mangiando, a colazione, a pranzo o a cena. Serve a mettere in scena la sua normalità, il suo essere uno come tanti, come tutti quelli che condiscono la pasta col sugo Star perché non hanno tempo o non sono capaci di farne uno fresco, che mangiano pesante e se ne fregano di colesterolo e dieta, che amano la Nutella. Lo scivolone sulla Nutella del giorno di Santo Stefano è solo il primo sintomo di un problema grave: non puoi pretendere di dar voce ai poveri, ai bisognosi, a “quelli che non arrivano a fine mese”, ingozzandoti più volte al giorno e ingrassando visibilmente. Perché allora sei comunque élite, non stai davvero con la “gggente” come dici. Specie se sciorini marche: Star, Barilla, Baci Perugina eccetera. Tutte marche popolari, certo. Ma Salvini dimentica che in Italia oggi ci sono 5 milioni di poveri assoluti che mangiano poco e niente, magari alle mense di carità (quando riescono), e 9 milioni di poveri relativi, che fanno la spesa al discount dove le marche sciorinate da Salvini non ci sono proprio. In quest’Italia, ostentare cibo a ripetizione non è solo di cattivo gusto, ma fuori luogo e, alla lunga, diventa un boomerang.