di Stefano Manganini

Non restano ormai dubbi sul fatto che Matteo Salvini abbia adottato lo stile di comunicazione politica del parla come mangi (o mangia come parli). Ha fatto scalpore la sua scelta di pubblicare una foto che lo mostra intento a divorare una fetta biscottata e Nutella il giorno del terremoto di Catania e dell’agguato a Pesaro: entrambi eventi la cui gestione, a livelli diversi, rientra nelle competenze del dicastero che lui rappresenta. Non è dato sapere se si sia trattato di un errore di amministrazione del profilo da parte del suo social media manager, ma quella di postare fotografie del piatto del giorno è un’abitudine ormai consolidata del ministro dell’Interno. In merito, è interessante osservare che, al netto delle preferenze culinarie, tutte le fotografie hanno un denominatore comune: si tratta sempre di prodotti a prezzi più o meno popolari. Il sillogismo è chiaro e a 360 gradi: mangio come voi perché sono uno di voi e sono uno di voi proprio perché mangio come voi.

È un processo semiotico piuttosto semplice, che è diventato fondamentale per la politica salviniana/salvinista e che adempie a due due compiti fondamentali: quello di rivendicare la provenienza “popolare” del leader e la sua contrapposizione alla precedente classe dirigente che, almeno nell’immaginario collettivo, passava più tempo a cene di gala che nelle piazze. Non è irrazionale pensare che l’inarrestabile crescita della Lega nei confronti degli alleati 5stelle sia una conseguenza dell’adozione da parte del segretario di quella “popolarizzazione della politica” che fu cardine dello stile comunicativo grillino sin dagli albori della loro esperienza. Diceva Arthur Bloch che “la maniera migliore per avere successo in politica è trovare una folla che sta andando da qualche parte e mettercisi davanti” e Salvini sembra averlo fatto con estrema grazia, trasformandosi in quella guida forte e carismatica che manca al Movimento da quando Beppe Grillo ha deciso di posizionarsi nelle retrovie.

Al contrario dei 5stelle, tuttavia, Salvini non cerca di includere gli elettori tramite uno stile di democrazia “dal basso” (vedi piattaforma Rousseau ecc.) ma li convince di essere loro rappresentante legittimo, al netto delle politiche perpetrate, in virtù della stessa provenienza sociale e abitudini alimentari. Se da un lato la scelta di prodotti rigorosamente italiani indica la dedizione al suo Paese, la scelta di cibi surgelati o dalla cottura veloce rappresenta la scarsità del tempo a disposizione del leader che lavora duramente e si immola per salvare il suo popolo. Un’immagine vista e rivista nella storia, a partire dalle Sacre Scritture fino al Ventennio più buio della storia italiana.

L’immagine di un ministro dell’Interno mai fu così distante dalla seriosità dell’istituzione che rappresenta: questo attira una crescente ammirazione da parte dei suoi sostenitori. Il culto della personalità in versione light è funzionale a rendere il leader intoccabile, in quanto trasforma i suoi sostenitori in pretoriani votati alla sua difesa superando ogni capacità critica sul suo operato. Il suo popolo sembra così perfettamente identificato nella sua figura che un qualsiasi attacco al “capitano” è un attacco a tutti e prevede una reazione sul modello “con noi o contro di noi”. Non è dato sapere quanto l’alleanza gialloverde durerà, ma per il momento Salvini sembra trarne vantaggio, anche se non perde occasione di mostrare i muscoli agli alleati: così simili ma allo stesso tempo così diversi. Si vis pacem, para bellum, diceva qualcuno.

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