La fine dell’anno solare è sempre accompagnata dal discorso di fine anno del presidente della Repubblica italiana. Un momento prezioso, per la vita politica ma anche sociale del Paese, per tracciare un bilancio dei 12 mesi trascorsi e guardare al futuro. È anche un’occasione, ogni volta, per misurare la distanza metaforica tra le due sponde del Tevere: quella politica appunto, rappresentata dalle massime istituzioni dello Stato, e quella ecclesiale, con i vertici della Conferenza episcopale italiana ma soprattutto con il Vaticano.
A registrare con assoluta precisione i rapporti tra i presidenti della Repubblica italiana e i Pontefici, dal 1946 a oggi, è un interessante e utile volume dello studioso Alessandro Acciavatti. Si intitola Oltretevere (Piemme) ed è impreziosito dalla prefazione di Paolo Mieli e dalla postfazione di Giuliano Amato. Il lavoro di Acciavatti colma un vuoto nel panorama bibliografico e svela numerosi retroscena inediti dei rapporti tra l’Italia e il Vaticano in 72 anni di vita repubblicana.
Non a caso il libro è stato recentemente presentato a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, per volontà dell’ambasciatore Pietro Sebastiani. Ogni anno, infatti, questo luogo ospita il più importante vertice tra le massime autorità dell’Italia, guidate dal presidente della Repubblica, e del Vaticano, capitanate dal Segretario di Stato, in occasione dell’anniversario dei Patti lateranensi, firmati l’11 febbraio 1929 e successivamente modificati il 18 febbraio 1984.
Il volume di Acciavatti – che è stato, tra l’altro, collaboratore della Commissione Parlamentare antimafia e attualmente lo è di Libera – raccoglie anche numerosi documenti inediti, come un contributo di Papa Francesco e una lunga memoria di Benedetto XVI in merito ai loro rapporti con i capi dello Stato. “Negli incontri avuti – scrive Bergoglio – con i presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella è sempre emersa chiara la consapevolezza di questa responsabilità verso il bene comune, la consapevolezza che Chiesa e Stato non sono enti distanti o concorrenti, ma realtà che, nell’ordine loro proprio e senza confusione di ruoli, possono e devono collaborare strettamente per servire la dignità di ogni singola persona umana come della collettività nel suo insieme”.
Molto interessanti sono anche le due interviste realizzate dall’autore agli ex presidenti del Senato, Marcello Pera, e della Camera, Pier Ferdinando Casini, in merito alla storica visita di San Giovanni Paolo II al Parlamento avvenuta il 14 novembre 2002. Prima e unica volta, in epoca repubblicana, di un Papa a Montecitorio, luogo dove anticamente veniva amministrata la giustizia dello Stato pontificio. Nel libro, Pera confessa di non essere stato per nulla d’accordo con la visita di Wojtyla al Parlamento.
“Il mio spirito – afferma l’ex presidente del Senato – fu assai combattuto, perché la questione fu per me esclusivamente istituzionale. Detto con franchezza, non ero d’accordo. C’è di mezzo la separazione Stato-Chiesa, un pilastro del moderno Stato di diritto. Un conto è la visita di un Pontefice al presidente della Repubblica, sono due capi di Stato. Un conto assai diverso è la visita di un Pontefice al Parlamento, addirittura al Parlamento a camere congiunte, con in più il presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica e il presidente della Corte Costituzionale, i quali ultimi, per rispetto al principio della separazione dei poteri, non entrano mai in Parlamento. Credo che non sia mai accaduto”.
Ma Pera, coautore di un volume sulle radici cristiane dell’Europa insieme con l’allora cardinale Ratzinger e oggi noto critico di Bergoglio, non si ferma qui. “C’è poi da aggiungere che all’epoca Giovanni Paolo II era a favore di un provvedimento di clemenza, amnistia, indulto o altro che è gelosissima prerogativa del Parlamento e su cui le opinioni politiche erano discordi. Il presidente Casini ritenne però di prendere l’iniziativa da solo e comunque a me la comunicò a cose già decise”.
Fin qui la storia. C’è da domandarsi, infine, oggi quanto siano distanti le sponde del Tevere. Il 15 dicembre 2018 il premier cattolico Giuseppe Conte ha incontrato riservatamente Papa Francesco in un’udienza informale senza il seguito e i giornalisti. Ci sono voluti quasi sei mesi perché questo faccia a faccia si svolgesse. Era servito molto meno tempo per organizzare la prima, e al momento unica, visita di Stato del presidente cattolico Sergio Mattarella in Vaticano, avvenuta il 18 aprile 2015. Visita ricambiata dal Papa che il 10 giugno 2017 si è recato al Quirinale per la seconda volta dopo averlo visitato quando c’era ancora Giorgio Napolitano. Numerosi, però, sono stati gli incontri, seppure fugaci, tra Bergoglio e Mattarella, soprattutto in occasione delle celebrazioni in piazza San Pietro e nella Basilica Vaticana. Ma bastano una stretta di mano e una foto per avvicinare le due sponde del Tevere?