L'ex ministro Carlo Carlo Calenda aveva sentenziato: "Il provvedimento è stato tagliato". Mentre il direttore dell'area Politiche Industriali di Confindustria esulta. Nel mezzo l'esperto di Digital economy, Francesco Sasso, che sottolinea vizi e virtù del provvedimento: gli aspetti positivi come il ritorno della formazione, il cloud computing, il fondo per l'intelligenza artificiale. E quelli dolenti come il ridimensionamento del credito d'imposta ricerca e sviluppo
Industria 4.0 riprende quota col maxi emendamento. O no? No, secondo il suo “padrino” Carlo Calenda che alla vigilia di Natale ha lamentato come la manovra abbia “tagliato tutto”, le imprese vengono “più tassate, tagliata industria 4.0 e niente per la scuola. Prevedo altri sacrifici in arrivo in primavera”. Secondo Calenda, infatti, l’unico pregio della manovra “è aver evitato per ora la procedura, ipotecando però le prossime manovre e scaricando il problema su chi verrà dopo”.
Sulla stessa scia Federmeccanica, che giovedì 27 dicembre ha lamentato una “riduzione ulteriore degli investimenti” tra il resto in “Industria 4.0”, il programma di stimoli per la digitalizzazione che secondo i confindustriali “si poteva e si può certamente rimodulare e correggere; ma è stato un provvedimento di importanza straordinaria, direi epocale”. Ad andare controcorrente, invece, è stato niente meno che il direttore dell’area Politiche Industriali di Confindustria, Andrea Bianchi, che in un intervento pubblicato da Agendadigitale.eu nei giorni scorsi ha parlato con entusiasmo di una sostanziale conferma della struttura del piano industria 4.0 “sia pure con alcune modifiche che nella gran parte dei casi vanno nella direzione auspicata dalle imprese”.
La verità sta invece nel mezzo per il professor Francesco Sacco, che insegna Digital economy all’Università dell’Insubria. Innanzitutto Sacco sottolinea la difficile circostanza in cui arriva il maxiemendamento che ritirato le fila di Industria 4.0 dopo mesi in cui il piano di stimoli era stato dato per morto, causando uno stop agli investimenti. Ora c’è stato il dietrofront, ma nel frattempo le prospettive dell’economia, a livello globale e non solo italiane, sono molto cambiate in peggio. Quindi, è il ragionamento, è tutt’altro che automatico che il ritorno degli incentivi ridia spazio agli investimenti.
Quanto agli stimoli, la scelta del governo è stata di cancellare il super ammortamento e di confermare l‘iper ammortamento che è stato reso un po’ più generoso. “La logica non è sbagliata: il super ammortamento non faceva distinzioni di classi di beni ed era particolarmente caro alle piccole e medie imprese – spiega Sacco -. l’iper ammortamento invece fa riferimento a una categoria di beni che erano molto ben individuati ed effettivamente innovativi”. Tuttavia così accade che se per esempio un idraulico decide di rinnovare l’attrezzatura sicuramente avrebbe beneficiato del superammortamento, ma difficilmente potrà beneficiare dell’iper ammortamento anche se i nuovi strumenti di lavoro avranno una componente di tecnologia molto forte.
“Una norma più equilibrata sarebbe potuta essere una previsione di diminuzione del super ammortamento senza cancellarlo del tutto e lasciando ancora degli stimoli per la parte chiamiamola più bassa dell’economia che comunque è quella viva, che mette in moto tutta l’energia che poi fa crescere il pil”, commenta Sacco. Ricordando che il fondo di previsione è di 25 milioni di euro per il 2019 e per gli anni a seguire. Basteranno? “Non ne ho idea, ma è lecito immaginare che proprio in una fase recessiva, i progetti più innovativi, quelli che presentano un rischio maggiore saranno i primi che verranno bloccati o ridimensionati”, continua riconoscendo comunque che il potenziamento dell’iper ammortamento “è una cosa positiva”, però quello che in questa fase “serviva ancora a tenere in piedi le pmi era il super ammortamento”.
Un’altra nota dolente è il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, “una misura che aiutava i grandi progetti d’investimento” e che è stata “molto ridimensionata sotto tutti i punti di vista”. Si tratta, secondo il professore, dell’aspetto “più negativo”. Molto positivo invece il fatto che sia stata reinserita la formazione, seppure in modo depotenziato. Bene anche il fondo per intelligenza artificiale e blockchain, anche se – commenta il professore – è un po’ poco, 15 milioni. “Bisogna vedere come verranno spesi: solo le aziende di Confindustria sono 160mila, se consideriamo tutte, sono 4 milioni di imprese, quindi il monte di investimenti per azienda è molto basso. Eppure siamo convinti che l’intelligenza artificiale trasformerà radicalmente molti settori, ma questo significa che il tema toccherà moltissime aziende”. Il docente giudica positivo, infine, il fatto che sia stato incluso il cloud computing. “C’è un’altra cosa positiva ma è molto modesta: 1 milione di euro per la Cybersecurity, il tema in realtà è molto importante e abbiamo bisogno di farci investimenti molto corposi”, conclude Sacco aggiungendo che in ogni caso trattandosi di misure disseminate nel maxi emendamento, “ci sarà bisogno di una sedimentazione per capire cosa effettivamente ci sia”.