Nel 2014 a San Floro, un paese di 600 abitanti in provincia di Catanzaro, doveva nascere la più grande discarica d’Italia, la seconda d’Europa. Un ecomostro capace di accogliere 300 tonnellate al giorno di rifiuti solidi e speciali, a pochi metri dai terreni agricoli della zona, e che avrebbe compromesso la qualità della vita di migliaia di persone e di tanti piccoli paesi. Stefano Caccavari, all’epoca 27enne, si mette alla guida di un comitato di protesta che coinvolge amministrazioni comunali, movimenti, associazioni ambientaliste. Alla fine, come fosse la battaglia di un Davide collettivo contro Golia, Caccavari e i suoi compagni di protesta battono il gigante e la Regione decide di revocare l’autorizzazione alla discarica, il cui progetto non aveva tutte le carte in regola.
Proprio da questa vittoria ha origine una nuova idea, che unisce tradizione e innovazione: Caccavari fa nascere i primi “Orti di famiglia” che diventano il nucleo originario di quella che negli anni sarebbe diventata una vera e propria comunità con 220 soci. Qualche anno più tardi, si impegna per salvare l’ultimo mulino a pietra della zona. Nasce così “Mulinum”, con una campagna di crowdfunding su Facebook, grazie alla quale riesce a raccogliere 500mila euro soltanto in una settimana, stabilendo un record nel settore agroalimentare. Da lì inizia una nuova sfida fatta di pane lievitato lentamente e sementi recuperate – e un nuovo indotto per il territorio – e parte per salvare altri terreni e altri mulini nel resto d’Italia e d’Europa (gli ultimi in Val D’Orcia e a Mesagne, in provincia di Brindisi).
“Siamo riusciti a realizzare questo miracolo in Calabria – festeggia Stefano – la regione che secondo gli indicatori economici è l’ultima d’Europa e, invece, con un po’ di buona volontà e un pizzico di sana follia, stiamo scrivendo una pagina di partecipazione e impegno senza precedenti. Fra i miei soci ci sono padri che hanno intestato le quote ai figli. Vorrà dire qualcosa, no?”.
Gli inviati di Riparte il futuro, la community digitale italiana che da anni si batte per sconfiggere la corruzione nel nostro paese, hanno incontrato 12 italiani under 40, che hanno deciso di resistere nel paese più corrotto d’Europa, sfidando con coraggio l’immobilità del sistema con attività imprenditoriali, proteste e persino opere d’arte.
Le loro storie saranno pubblicate ogni due giorni anche su ilfattoquotidiano.it. La prima è quella di Nicoletta Scimeca, che a Caccamo, a 17 anni, ha detto no al pizzo: “Resistere è un dovere, e ora portare avanti la mia attività, che dà un’occupazione ai miei concittadini, è diventata una missione”. La seconda è quella degli archeologi che dicono no alle mazzette sui cantieri, secondo cui stando “uniti si resiste”.