Il 2018, nell’universo digitale, è probabilmente destinato a essere ricordato come l’anno dello scandalo di Cambridge Analytica e della riforma – sin qui mancata – della disciplina europea sul diritto d’autore. Ma il 2018 è anche l’anno con il quale, più che in passato, il mondo ha preso coscienza della relazione complessa, le cui regole sono tutte da scrivere, tra uomini e intelligenza artificiale.
La foto di Mark Zuckerberg che chiede scusa davanti al Congresso americano per la leggerezza con la quale Facebook si è preoccupata della privacy dei suoi oltre due miliardi di utenti, i meme che hanno invaso i socialnetwork nei giorni caldi della discussione a Bruxelles sulla nuova proposta di direttiva sul copyright e la struggente lettera di Gillian Brockell – novella mamma coraggio di un figlio mai nato ai giganti della profilazione online rei di aver preso nota della circostanza che aspettava un bambino ma non anche di quella che quel bambino non sarebbe mai nato – sono, probabilmente, i simboli, i momenti, le immagini più rappresentative di un anno nel quale il rapporto tra l’evoluzione tecnologica, le regole e la società è stato teso, difficile, controverso come in passato e forse di più.
1. Cambridge Analytica ha rappresentato il detonatore della più grande crisi economico-finanziaria e valoriale sin qui vissuta da Facebook, una crisi che ha visto il titolo del social network trascinato più in basso di sempre e i suoi vertici costretti a sfilare davanti a Parlamenti e Autorità di mezzo mondo per chiedere scusa e promettere di fare meglio e di più per proteggere la privacy dei propri utenti.
2. Il dibattito – a tratti surreale – ancora neppure concluso a Bruxelles attorno alla riforma delle regole europee sul diritto d’autore ha costituito l’ennesimo preoccupante segnale della drammatica prevalenza che i Governi – inclusi la più parte di quelli europei – continuano a attribuire, negli esercizi di regolamentazione, ai profili economici rispetto a quelli connessi con il rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e dei cittadini. Perché, a prescindere dalla posizione di ciascuno sulla questione, ciò che è innegabile è che nel disegnare il nuovo diritto d’autore europeo, sin qui, ci si sia preoccupati più dei soldi che di diritti e libertà a cominciare da quella di parola, di informarsi e di informare.
3. E, infine, la lettera di Gillian e la sua storia hanno offerto una rappresentazione plastica della circostanza che manca qualcosa – e non è poco – agli algoritmi e alle intelligenze artificiali che, ormai, affollano il nostro quotidiano: l’umanità, l’etica, il rispetto di valori che trascendono la dimensione consumeristica dell’uomo.
Tre episodi, tre momenti di tensione tra società, regole e sviluppo tecnologico, tre occasioni preziosi, specie in un momento come la fine di un anno e l’inizio del successivo, per fermarsi un istante a riflettere, per fare un bilancio di dove siamo arrivati e condividere qualche speranza e qualche buon proposito per l’anno che sta per cominciare. Ciascuno dei tre episodi ha una morale e suggerisce un insegnamento.
1. Lo scandalo di Cambridge Analytica è stato “colpa” – anche se non in termini giuridici per quanto son qui è dato sapere – di Facebook. È vero ma nascosta dietro alla selva di indici puntati contro il gigante dei social network c’è un’altra verità più difficile da ammettere: quello che è accaduto in quell’episodio e in migliaia di altri analoghi episodi analoghi che, tuttavia, non hanno conosciuto la ribalta mediatica è anche (e, anzi, verrebbe da dire in buona misura) colpa nostra dello scarso valore che riconosciamo alla nostra privacy e della poca importanza che attribuiamo alle condizioni generali di contratto e ai termini d’uso dei servizi che ci vengono proposti online.
Siamo sempre più proiettati – e non da oggi – a usare ogni genere di servizio online e a farlo nello spazio di qualche secondo che, purché non ci si chieda un numero di carta di credito, accetteremmo ogni altro e diverso genere di clausola, previsione, disposizione contrattuale senza neppure leggerle. È una pessima abitudine e superarla, cambiarla, interromperla dovrebbe essere in cima alla lista dei buoni propositi del 2019. È una questione di educazione al digitale, di cultura dei nostri diritti, almeno quelli fondamentali. Dobbiamo imparare a resistere a quella che sembra ormai diventata la società dell’accetta e continua, quella nella quale svendiamo letteralmente i nostri diritti senza neppure rendercene conto, in modo inconsapevole, a colpi di qualche tap sullo schermo del nostro smartphone. Se falliamo in questo buon proposito, non ci saranno regole né Autorità in grado di poter garantire per davvero il nostro diritto alla privacy.
2. Il dibattito europeo sulla riforma delle regole del diritto d’autore ha un’altra morale e una lezione diversa: in tanti, in troppi, specie nei Palazzi dei decisori pubblici, nel corso della rivoluzione digitale, sembrano aver dimenticato che la finalità ultima del diritto d’autore non è garantire a qualcuno rendite di posizione o lauti profitti ma massimizzare la circolazione dei contenuti creativi e informativi. Inventare in laboratorio nuovi diritti connessi al diritto d’autore che non esistono in natura come nel caso del diritto all’indicizzazione e allo snippet e trasformare un intermediario della comunicazione – ovvero i gestori delle grandi piattaforme user generated content – in editori tradisce spirito e finalità della disciplina sul diritto d’autore e suggerisce una visione drammaticamente miope delle dinamiche di circolazione dei contenuti online.
Se il 2019 si aprirà con l’approvazione della direttiva sul diritto d’autore nei termini sin qui apparsi cari ai più a Bruxelles, l’anno inizierà con una sconfitta per tutti: i quattro soldi – perché alla fine di questo si tratterà – che pochi grandi editori riceveranno da Google e dai suoi pochi emuli non varranno a risolvere la crisi dell’editoria che ha origini ben diverse e necessità di ben altro genere di intervento e la Rete si ritroverà a fare i conti con un’informazione sempre meno pluralista – i piccoli editori saranno esclusi dai servizi di aggregazione e indicizzazione – e, soprattutto, sempre più povera di contenuti generati dagli utenti perché i gestori delle grandi piattaforme tenderanno a rimuovere, rimuovere, rimuovere pur di sottrarsi a ogni rischio di contestazione per violazione dei diritto d’autore. Basterà qualche anno della nuova disciplina per vedere trasformare Internet in una grande Tv.
Una candela accesa nella buia miopia diffusa a Bruxelles, in questo caso, è quella italiana: il nostro Governo, infatti, continua a tenere il punto e a suggerire di bloccare, almeno in questi termini e sotto questi profili, la corsa a una riforma del copyright il prima possibile e a ogni costo.
3. E c’è poi la storia di Gilian che è, forse, delle tre, quella che propone la lezione più preziosa: algoritmi e intelligenza artificiale possono essere, negli anni che verranno, i migliori alleati degli uomini per aiutarci a consegnare ai nostri figli una società migliore rispetto a quella che ci hanno lasciato i nostri padri. C’è però una condizione perché ciò avvenga, una condizione che non possiamo rischiare di non veder avverata: dobbiamo fare in modo che gli investimenti in algoritmi, intelligenza artificiale, big data e tecnologie capaci di trasformare i “pensieri artificiali” in azione vadano di pari passo con lo studio, la ricerca, l’approfondimento nell’etica, la morale, l’umanità dei robot. Tocca allo Stato orientare – ma verrebbe da dire educare – l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni al rispetto dei diritti umani e fare in modo che le macchine che verranno e con le quali condivideremo la nostra esistenza negli anni che verranno abbiano, by default, la cosa più simile possibile a un’anima e a un cuore.
Consapevolezza, libertà e umanità sono state, probabilmente, le grandi assenti del 2018 nell’universo digitale e c’è da augurarsi che diventino le grandi protagoniste del 2019.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 30 Dicembre 2018
Privacy e diritti digitali, tre cose che dobbiamo imparare dal 2018
Il 2018, nell’universo digitale, è probabilmente destinato a essere ricordato come l’anno dello scandalo di Cambridge Analytica e della riforma – sin qui mancata – della disciplina europea sul diritto d’autore. Ma il 2018 è anche l’anno con il quale, più che in passato, il mondo ha preso coscienza della relazione complessa, le cui regole sono tutte da scrivere, tra uomini e intelligenza artificiale.
La foto di Mark Zuckerberg che chiede scusa davanti al Congresso americano per la leggerezza con la quale Facebook si è preoccupata della privacy dei suoi oltre due miliardi di utenti, i meme che hanno invaso i socialnetwork nei giorni caldi della discussione a Bruxelles sulla nuova proposta di direttiva sul copyright e la struggente lettera di Gillian Brockell – novella mamma coraggio di un figlio mai nato ai giganti della profilazione online rei di aver preso nota della circostanza che aspettava un bambino ma non anche di quella che quel bambino non sarebbe mai nato – sono, probabilmente, i simboli, i momenti, le immagini più rappresentative di un anno nel quale il rapporto tra l’evoluzione tecnologica, le regole e la società è stato teso, difficile, controverso come in passato e forse di più.
1. Cambridge Analytica ha rappresentato il detonatore della più grande crisi economico-finanziaria e valoriale sin qui vissuta da Facebook, una crisi che ha visto il titolo del social network trascinato più in basso di sempre e i suoi vertici costretti a sfilare davanti a Parlamenti e Autorità di mezzo mondo per chiedere scusa e promettere di fare meglio e di più per proteggere la privacy dei propri utenti.
2. Il dibattito – a tratti surreale – ancora neppure concluso a Bruxelles attorno alla riforma delle regole europee sul diritto d’autore ha costituito l’ennesimo preoccupante segnale della drammatica prevalenza che i Governi – inclusi la più parte di quelli europei – continuano a attribuire, negli esercizi di regolamentazione, ai profili economici rispetto a quelli connessi con il rispetto dei diritti fondamentali degli uomini e dei cittadini. Perché, a prescindere dalla posizione di ciascuno sulla questione, ciò che è innegabile è che nel disegnare il nuovo diritto d’autore europeo, sin qui, ci si sia preoccupati più dei soldi che di diritti e libertà a cominciare da quella di parola, di informarsi e di informare.
3. E, infine, la lettera di Gillian e la sua storia hanno offerto una rappresentazione plastica della circostanza che manca qualcosa – e non è poco – agli algoritmi e alle intelligenze artificiali che, ormai, affollano il nostro quotidiano: l’umanità, l’etica, il rispetto di valori che trascendono la dimensione consumeristica dell’uomo.
Tre episodi, tre momenti di tensione tra società, regole e sviluppo tecnologico, tre occasioni preziosi, specie in un momento come la fine di un anno e l’inizio del successivo, per fermarsi un istante a riflettere, per fare un bilancio di dove siamo arrivati e condividere qualche speranza e qualche buon proposito per l’anno che sta per cominciare. Ciascuno dei tre episodi ha una morale e suggerisce un insegnamento.
1. Lo scandalo di Cambridge Analytica è stato “colpa” – anche se non in termini giuridici per quanto son qui è dato sapere – di Facebook. È vero ma nascosta dietro alla selva di indici puntati contro il gigante dei social network c’è un’altra verità più difficile da ammettere: quello che è accaduto in quell’episodio e in migliaia di altri analoghi episodi analoghi che, tuttavia, non hanno conosciuto la ribalta mediatica è anche (e, anzi, verrebbe da dire in buona misura) colpa nostra dello scarso valore che riconosciamo alla nostra privacy e della poca importanza che attribuiamo alle condizioni generali di contratto e ai termini d’uso dei servizi che ci vengono proposti online.
Siamo sempre più proiettati – e non da oggi – a usare ogni genere di servizio online e a farlo nello spazio di qualche secondo che, purché non ci si chieda un numero di carta di credito, accetteremmo ogni altro e diverso genere di clausola, previsione, disposizione contrattuale senza neppure leggerle. È una pessima abitudine e superarla, cambiarla, interromperla dovrebbe essere in cima alla lista dei buoni propositi del 2019. È una questione di educazione al digitale, di cultura dei nostri diritti, almeno quelli fondamentali. Dobbiamo imparare a resistere a quella che sembra ormai diventata la società dell’accetta e continua, quella nella quale svendiamo letteralmente i nostri diritti senza neppure rendercene conto, in modo inconsapevole, a colpi di qualche tap sullo schermo del nostro smartphone. Se falliamo in questo buon proposito, non ci saranno regole né Autorità in grado di poter garantire per davvero il nostro diritto alla privacy.
2. Il dibattito europeo sulla riforma delle regole del diritto d’autore ha un’altra morale e una lezione diversa: in tanti, in troppi, specie nei Palazzi dei decisori pubblici, nel corso della rivoluzione digitale, sembrano aver dimenticato che la finalità ultima del diritto d’autore non è garantire a qualcuno rendite di posizione o lauti profitti ma massimizzare la circolazione dei contenuti creativi e informativi. Inventare in laboratorio nuovi diritti connessi al diritto d’autore che non esistono in natura come nel caso del diritto all’indicizzazione e allo snippet e trasformare un intermediario della comunicazione – ovvero i gestori delle grandi piattaforme user generated content – in editori tradisce spirito e finalità della disciplina sul diritto d’autore e suggerisce una visione drammaticamente miope delle dinamiche di circolazione dei contenuti online.
Se il 2019 si aprirà con l’approvazione della direttiva sul diritto d’autore nei termini sin qui apparsi cari ai più a Bruxelles, l’anno inizierà con una sconfitta per tutti: i quattro soldi – perché alla fine di questo si tratterà – che pochi grandi editori riceveranno da Google e dai suoi pochi emuli non varranno a risolvere la crisi dell’editoria che ha origini ben diverse e necessità di ben altro genere di intervento e la Rete si ritroverà a fare i conti con un’informazione sempre meno pluralista – i piccoli editori saranno esclusi dai servizi di aggregazione e indicizzazione – e, soprattutto, sempre più povera di contenuti generati dagli utenti perché i gestori delle grandi piattaforme tenderanno a rimuovere, rimuovere, rimuovere pur di sottrarsi a ogni rischio di contestazione per violazione dei diritto d’autore. Basterà qualche anno della nuova disciplina per vedere trasformare Internet in una grande Tv.
Una candela accesa nella buia miopia diffusa a Bruxelles, in questo caso, è quella italiana: il nostro Governo, infatti, continua a tenere il punto e a suggerire di bloccare, almeno in questi termini e sotto questi profili, la corsa a una riforma del copyright il prima possibile e a ogni costo.
3. E c’è poi la storia di Gilian che è, forse, delle tre, quella che propone la lezione più preziosa: algoritmi e intelligenza artificiale possono essere, negli anni che verranno, i migliori alleati degli uomini per aiutarci a consegnare ai nostri figli una società migliore rispetto a quella che ci hanno lasciato i nostri padri. C’è però una condizione perché ciò avvenga, una condizione che non possiamo rischiare di non veder avverata: dobbiamo fare in modo che gli investimenti in algoritmi, intelligenza artificiale, big data e tecnologie capaci di trasformare i “pensieri artificiali” in azione vadano di pari passo con lo studio, la ricerca, l’approfondimento nell’etica, la morale, l’umanità dei robot. Tocca allo Stato orientare – ma verrebbe da dire educare – l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni al rispetto dei diritti umani e fare in modo che le macchine che verranno e con le quali condivideremo la nostra esistenza negli anni che verranno abbiano, by default, la cosa più simile possibile a un’anima e a un cuore.
Consapevolezza, libertà e umanità sono state, probabilmente, le grandi assenti del 2018 nell’universo digitale e c’è da augurarsi che diventino le grandi protagoniste del 2019.
RIVOLUZIONE YOUTUBER
di Andrea Amato e Matteo Maffucci 14€ AcquistaArticolo Precedente
Editoria, Conte a Radio Radicale: “Le testate devono saper camminare sulle proprie gambe”
Articolo Successivo
Bentivogli, leader Cisl contro Repubblica: “Io nella commissione del Mise? Così si fa sindacato. Condotta diversa è settarismo”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
Economia & Lobby
A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
Cronaca
Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.