All’estero è una tradizione, da noi è solo business, senz’anima e senza passione. Capita, quando ci si limita ad importare ricette altrui pensando che l’erba del vicino sia sempre più bella. Il Boxing day all’italiana è stato un pacco: stadi mezzi vuoti, con una media spettatori addirittura inferiore a quella stagionale, partite non entusiasmanti. A festeggiare sono solo le pay-tv che lo hanno voluto e ora passano all’incasso.
Per la prima volta a distanza di quasi mezzo secolo la Serie A è tornata a giocare nel giorno di Santo Stefano. Già negli scorsi anni c’erano stati passi in questa direzione: la prima era stata la Serie B (che a un certo punto si era messa a giocare addirittura alla vigilia di Natale, altra scelta scellerata), poi era venuto il turno prima di Capodanno, adesso siamo arrivati al sospirato Boxing day. Peccato che i risultati siano andati molto lontani dalle promesse di stadi gremiti di tifosi festanti.
Lo dicono i numeri: la 18esima giornata di Serie A ha fatto registrare una media di 25.405 spettatori. È un dato assolutamente in linea con la media stagionale, anzi leggermente inferiore (prima del Boxing day eravamo sopra quota 25.500). Nonostante le feste, nonostante biglietti venduti spesso a prezzi stracciati proprio per favorire la maggior affluenza, nonostante la presenza di partite di cartello non c’è stato il boom che tutti si aspettavano. Inter-Napoli, il big match di giornata, si è attestato a quota 63mila spettatori (come un Inter-Frosinone qualsiasi); ma anche le altre piazze medio-grandi (Roma, Bologna, Firenze, Torino) hanno fatto tutte risultati normali o mediocri.
C’è qualcuno che invece ha stappato davvero: le pay-tv, tanto per cambiare. Sky sì che può dire di aver centrato il suo obiettivo: oltre 670mila di spettatori medi nel corso della giornata e 6% di share, punte di oltre 2 milioni di spettatori e 9% di share nel corso della prima serata con Inter-Napoli. Si dirà che è inutile fare i nostalgici, che ormai questo è il futuro del calcio moderno e fanno tutti così. Vero, ma fino a un certo punto: non si gioca in Spagna, Francia, Germania e nei principali campionati europei. Il calcio a Natale è una tradizione solo in Inghilterra, dove ha antiche e motivate radici, e per sport diversi (l’Nba) negli Stati Uniti. La differenza si vede.
Questo fa capire il Boxing day è un regalo solo per le pay-tv (che d’altra parte ormai decidono i calendari a piacimento, come dimostra l’ultima follia di Milan-Bologna giocata di martedì sera). Non per i tifosi, che come visto vanno allo stadio né più né meno che in una domenica qualsiasi, dovendo pure rinunciare alle tradizioni natalizie (queste nostre davvero). E nemmeno per il calcio italiano: le squadre ci arrivano “spompate”, con mille infortuni e l’obbligo di allungare di altri giorni dieci giorni fino all’agognata sosta invernale; gli stadi non si riempiono come promesso.
L’unico concreto vantaggio, quello di far coincidere la pausa col calciomercato, è stato annullato vista la decisione di Lega e Figc di posticipare dal 18 al 31 gennaio la chiusura dei trasferimenti (anche qui su pressione di alcuni presidenti e proprio delle televisioni, che dai soliti e inutili programmi sul mercato guadagnano bene). Insomma, il primo Boxing day della Serie A non è stato proprio un successo. Purtroppo verrà ricordato solo per una tragedia, la morte dell’ultrà Daniele Belardinelli, che col calcio non c’entra proprio nulla.
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