Di auguri, per noi esseri umani, c’è davvero bisogno: perché il 2019 non sarà un anno banale. Nel mondo occidentale, così bello e crudele, Adolf Hitler nasce a poca distanza da Mozart, e l’italiano brava gente si alterna con quello dei genocidi in Etiopia o in Croazia. Periodicamente un quarto degli italiani si riscopre feroce, dapprima in teoria e poi nella pratica concreta.
Siamo in una di queste fasi e ogni volta non è facile, per quelli rimasti civili, ricondurre a ragione la parte ubriaca. Oggi, in particolare, i problemi sono tre:
1. l’informazione disinformante e l’insegnamento regressivo;
2. il modello mafioso che da criminale è diventato egemone, specie ma non soltanto nell’imprenditoria;
3. il cinismo politico che compera le poltrone con l’odio fra i miserabili e la libertà dei padroni.
Per noi dei Siciliani – in quanto giornalisti, in quanto antimafiosi e come cittadini – sono questi i tre campi di battaglia, che certo non dipendono solo da noi ma in cui facciamo pure la nostra parte. Catania – metafora d’Italia – città fallita, città avvelenata e corrotta dal giornalismo mafioso, città in cui nessuno osa guardare in faccia né il fallimento né il veleno, città da cui i ragazzi fuggono in massa per non essere stritolati. Eppure città coraggiosa davanti alle grandi ferocie dalla natura: ricostruita più volte, ardita di fronte ai vulcani e ai terremoti, ma stranamente vile di fronte ai meschini tiranni che tranquillamente la spolpano ogni anno e ogni giorno.
Così, il lavoro da fare non è difficile da comprendere: combattere i distruttori, incivilire i cittadini, non cedere d’un millimetro di fronte al male e continuamente allargarsi, con curiosità e ottimismo, su terreni nuovi. La forza dei Siciliani son sempre stati i giovani, è loro questo miracolo per cui dopo tanti anni ci siamo ancora.
Quest’anno il nostro 5 gennaio sarà un po’ diverso dal solito: oltre al solito corteo silenzioso (rigorosamente senza simboli di partito) e all’incontro alla lapide di Pippo Fava a Catania, l’assemblea dei Siciliani sarà divisa fra varie città collegate in rete. È un salto di qualità del nostro tradizionale “facciamo rete”: ora le tecnologie ci consentono di lavorare insieme fra Catania e Milano, fra Napoli e Bologna, di imparare/insegnarci reciprocamente quel che sappiamo, non una volta ogni tanto ma ogni momento. Così, senza grandi parole ma concretamente, senza crederci il centro di niente ma sapendo di essere utili a qualcosa, comincia un altro anno dei Siciliani.