E’ vero che è stata l’Anci, due anni fa, a chiedere un “intervento di semplificazione” sull’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo, che rappresentava un problema soprattutto per i piccoli Comuni i cui uffici lamentavano un sovraccarico. Ma la semplificazione c’era già stata – l’aveva introdotta il decreto Minniti del febbraio 2017 – e viene di fatto azzerata dall’articolo 13 del decreto Sicurezza firmato da Matteo Salvini. Che abroga la modifica inserita per rispondere alle sollecitazioni dei Comuni e cancella tout court la possibilità di iscrivere all’anagrafe i cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno (tra cui quelli che chiedono protezione internazionale) e in questo modo dare loro la residenza.
LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
Giovedì sera fonti del Viminale hanno ricordato la richiesta dell’associazione guidata da Antonio Decaro per sostenere che il dl contro il quale ora alcuni sindaci fanno muro ha solo “raccolto quel suggerimento” e “non riduce le tutele del richiedente asilo”. Il suggerimento dei sindaci, in realtà, era stato raccolto già nel 2017 con un emendamento al decreto Minniti. Che, per ridurre il carico sugli uffici dell’anagrafe, rendeva prioritaria l’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti attraverso le “liste di convivenza anagrafica“, quelle riservate a gruppi di persone che vivono insieme per motivi assistenziali (come accade nei Cas). E in più consentiva la “cancellazione con effetto immediato” in caso di “revoca delle misure di accoglienza o allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale”.
Quelle novità, come rivendicato nel giugno 2017 in una lettera ai sindaci da Marco Biffoni, sindaco di Prato e allora delegato all’Immigrazione e Politiche per l’Integrazione dell’Anci, erano appunto “il risultato di una proposta emendativa presentata dall’Anci” su impulso dei “piccoli Comuni sul cui territorio insistono strutture di accoglienza temporanea, a volte anche di grandi dimensioni”, e che “hanno segnalato il sovraccarico degli uffici anagrafici e dei servizi sociali”.
I SERVIZI
L’articolo 13 del decreto Salvini abroga quelle modifiche e aggiunge un comma a un decreto precedente, quello del 2015 sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Il nuovo comma afferma che “il permesso di soggiorno non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica”, fermo restando che “l’accesso ai servizi previsti dal decreto e a quelli comunque erogati sul territorio”, come l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale, “è assicurato nel luogo di domicilio“. E’ vero quindi che alla negazione della registrazione anagrafica non corrisponde una diretta riduzione dei servizi alla persona come affermato da alcuni primi cittadini. Quella che si riduce, semmai, è la platea di persone che può accedervi.
Tuttavia, i sindaci che hanno annunciato la disapplicazione del decreto contestano altri punti come la restrizione dei permessi di soggiorno umanitari e la riduzione del sistema Sprar. Per farlo sottoporre a un giudizio di costituzionalità, intendono continuare a far iscrivere all’Anagrafe i cittadini stranieri con permesso di soggiorno. A quel punto, se scatterà una denuncia per abuso d’ufficio, nel corso del procedimento il giudice potrà trasmettere gli atti alla Consulta chiedendo che si pronunci sulla conformità del decreto alla Costituzione.