“Ci hanno promesso la riapertura della strada entro gennaio, i lavori sono partiti e aspettiamo, ma sono due mesi che la vita è difficile, conviviamo con la paura che crollino altre strade ogni volta che piove”. Questo lo sfogo di alcuni tra i 250 abitanti di San Carlo di Cese, frazione di Val Brevenna, nell’entroterra di Genova. L’11 novembre la strada che collegava il borgo con Genova Pegli è crollata e ora, per raggiungere il centro, è necessario fare un percorso tortuoso e impiegare molto più tempo: “Ma chi subisce maggiormente il disagio sono gli anziani che non possono muoversi e chi non ha l’auto, oltre ai bambini che al mattino devono prendere due pullman e svegliarsi un’ora prima”.
Per Renzo Bruzzone, del Comitato Val Brevenna, il problema non è però quanto siano isolati o quanto velocemente le istituzioni riusciranno a rendere nuovamente agibile l’arteria essenziale al collegamento con la città. “Il problema qui è che non c’è prevenzione, da anni ormai. Noi segnaliamo i continui crolli di alberi e addirittura pali della luce, ogni volta che piove o c’è vento forte, ma nessuno fa niente per prevenire. In più abbiamo il problema dei camion che vanno e vengono per queste vecchie mulattiere, oltre il peso consentito senza alcun controllo: è chiaro che con quel sovraccarico che si aggiunge al dissesto abbiamo sempre da temere il peggio”. La richiesta degli abitanti è che le istituzioni, Comune o Regione, non si limitino a scaricare le responsabilità sui privati proprietari dei terreni, ma “li costringano a tenere puliti i terreni di propria competenza, intervenendo piuttosto anticipando i costi e mandando poi il conto ‘in danno’ come è prassi in molti paesi di montagna quando i frontisti non fanno quello che dovrebbero fare per legge “. Dicono che non ci sono risorse, ma per Bruzzone, che a San Carlo di Cese è nato e ricorda il passato di lavoro e vita che contraddistingueva la Val Brevenna “è solo una questione di scelte politiche. Un tempo le condizioni delle strade venivano monitorate costantemente e così si riusciva a intervenire subito, prima che le situazioni degenerassero, ora delegano tutto al volontariato e, se mai, si interviene solo in emergenza“. “Non deve stupire lo spopolamento – aggiunge un altro residente del borgo – ci vorrebbero investimenti per ripopolare queste aree interne, non ‘grandi opere’ che magari contribuiscono ulteriormente a generare dissesto, ma ‘piccole opere’ di manutenzione che darebbero ugualmente lavoro e potenziale sviluppo delle nostre valli”.