“Più che un ritorno alla terra il mio è stato un viaggio di sola andata. Non ci avevo mai vissuto, l’avevo solo intravista grazie al lavoro dei miei nonni materni”. Emilio Goslino ha 32 anni, è originario di Savona, ha una laurea triennale in giurisprudenza e una specialistica in direzione dei servizi sociali. Oggi si prende cura della sua terra a Pareto, in provincia di Alessandria, e sta costruendo un’azienda apistica che si chiamerà Cascina Goslino. “L’agricoltura? È la migliore forma di schiavitù che conosca e l’unica che posso accettare”, sorride.
Fin da piccolo Emilio sentiva il desiderio di libertà che solo una giornata passata all’aria aperta riusciva a regalargli. “Sono cresciuto tra i palazzi di Savona, Genova e Milano – racconta –. A un certo punto ho sentito la necessità di capire come la natura potesse incidere sulle nostre vite”. Emilio se n’è andato allora per vivere in campagna, in una cascina nelle vicinanze di Mortara per poter fare l’orto e tenere qualche gallina. “L’inizio era tutto entusiasmo, poi sono arrivate la consapevolezza e la fatica”, ricorda. Quando Emilio ha dovuto per la prima volta fare la legna per scaldare la casa, quando per andare a fare la spesa doveva fare chilometri, ecco, in quei momenti si è chiesto se ne valeva la pena. “La risposta è stata sì: da lì in poi ho sempre più avuto bisogno della terra. Respiravo libertà”.
Per fortuna mi sento libero di sbagliare in maniera consapevole
Molti amici, però, non hanno fatto altro che aspettare il momento in cui Emilio sarebbe tornato indietro. “Risentimento? Mai provato. Non ho subìto le scelte di nessuno – spiega lui – e per fortuna mi sento libero di sbagliare in maniera consapevole”. In tanti, quando possono, oggi lo vanno a trovare, “ma non capiscono fino in fondo la mia decisione. La vedono come una scelta troppo estrema”.
La giornata è strapiena: “Mi sveglio, do da mangiare a cani, gatti e galline, poi vado a lavorare come mediatore culturale. Ho bisogno di soldi per finanziare la mia azienda apistica e allora faccio il contadino pluriattivo”. Alla sera quando Emilio rientra si impegna a scrivere progetti, rispondere a bandi, districarsi tra i documenti: “La burocrazia in agricoltura è un problema e in più siamo in Italia – sorride. – Lo Stato non mi ha mai aiutato e in generale non aiuta chi vuole tornare alla terra. Ci sono finanziamenti di ‘primo insediamento’ per chi ha meno di 40 anni e apre una partita iva agricola, è vero: ma beneficiarne è difficile. Meglio cavarsela da soli, rimboccarsi le maniche e farne a meno”. Lavorare la terra per Emilio significa ascoltarla. “Se stai un anno in campagna ti accorgi molto di più di quanto sia pieno di sfumature il cambiamento dall’inverno all’estate e dall’estate all’inverno. Le mezze stagioni esistono ancora, eccome”, spiega.
Il mio primo obiettivo è produrre facendo stare bene le api e allo stesso tempo far quadrare i conti
Il futuro? Emilio ha lavorato sodo per aprire la sua piccola azienda: “Il mio primo obiettivo è produrre facendo stare bene le api e allo stesso tempo far quadrare i conti”, racconta. In più sogna di lavorare nel mondo dell’ospitalità rurale. E “vorrei aiutare le altre persone che decidono di tornare alla campagna per rendere il loro passaggio il meno traumatico e realistico possibile”. Consigli? Per prima cosa non agire da soli, trovare maestri che sappiano alleggerire le difficoltà e dare coraggio. “Poi bisogna trovare un posto che costi poco e indebitarsi il meno possibile con le banche, perché in agricoltura i margini di guadagno sono piccoli, soprattutto all’inizio”. E infine fare rete: “Il mutuo aiuto è faticoso ma esiste anche in campagna e dà calore e colore alle giornate”.
Uno dei ricordi più belli di Emilio è stata la soddisfazione durante la seconda estate di produzione del miele: “Le piante che producono il nettare da cui poi si ricava il miele non fioriscono tutte insieme, ma non l’avevo mai notato – racconta –. È un tripudio di colori e profumi che conosco solamente perché me li hanno insegnati le api”. Per ora Emilio vive nella casa dei suoi nonni, sogna di avere 500 cassette di api, produrre miele biologico e dare ospitalità ad altri giovani agricoltori che con coraggio e passione verranno a produrre cibo di qualità. Guadagno? “L’agricoltura, anche in zone depresse come quella dove io vivo credo possa generare reddito. Ma per ora – conclude – i margini di profitto vengono assorbiti da moltissime spese”.
(foto di Giampaolo Parodi)