In queste ore l’autostrada del Sole è il luogo perfetto per illustrare l’Italia divisa. Dal lato sud la carreggiata è intasata, una colonna di auto si reca al Nord, torna al lavoro, agli affari o agli studi e conclude il percorso che due settimane fa aveva iniziato: tornare al paese almeno per Natale, per ritrovare i genitori, o i nonni, se ancora in vita. Aprire casa, farla respirare per un po’ e riassaporare il cibo dell’infanzia, salutare le proprie pietre. Una parentesi, in una vita che si svolge altrove. Il Sud ogni anno perde gli abitanti di una città grande quanto Foggia, ogni anno si allontana dal Nord, ogni anno si fa più vecchia e fragile. Il Sud Italia oggi è l’area più grande e più sottosviluppata dell’Unione europea. Tra due mesi, quando il Parlamento suggellerà l’autonomia allargata richiesta da tre regioni (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna) il raffronto sarà ancora più duro perché le risorse non saranno divise soltanto in ragione degli abitanti e dei relativi bisogni (quanti malati, in quale territorio; quanti studenti e quante scuole) ma anche, come chiede il governatore leghista del Veneto Luca Zaia, in proporzione al gettito fiscale.

Se la ricchezza pro capite diviene un parametro per dividere le risorse nazionali e si aggiunge a quello rimitivo degli abitanti, il Mezzogiorno perderà due volte. Meno abitanti=meno risorse, quindi meno ospedali e meno scuole, meno insegnanti, meno inservienti. A questa sottrazione si aggiungerà la nuova: più poveri e dunque ancora più poveri. Si ridurrà ancora la qualità delle prestazioni, si agevolerà il turismo sanitario e scolastico che già ora è un costo insopportabile. Ogni anno farsi curare al Nord costa al Sud un miliardo e duecento milioni di euro. Direte: colpa del Nord se al Sud gli ospedali sono più inefficienti? La porzione di verità che contiene questa domanda non esaurisce la questione. È del tutto vero che il Mezzogiorno sia stato malamente amministrato e che quindi fa i conti anche con la propria inefficienza. Sconta la propria responsabilità e i risultati si vedono. Ma questa osservazione non risolve il problema: gli ospedali del Nord sono pieni di bravi medici meridionali che avrebbero scelto di sicuro di rimanere nella loro terra se avessero trovato disponibilità. Ma al Sud gli ospedali chiudono. Così come le scuole, come la pubblica amministrazione la cui pianta organica è ormai ferma a 20 anni fa. Da allora solo pensionamenti, null’altro. Il reddito di cittadinanza, questo sussidio straordinario, è una forma di assistenza decisiva per le fasce ancora più povere, ancora più escluse. Ma, appunto, resterà assistenza se i percettori dell’assegno non potranno essere chiamati a un lavoro. Dove si trova il lavoro? Chi lo offre il lavoro?

Un territorio muore se non viene curato. E il Sud è senza cure da oltre un ventennio. Nessun programma di infrastrutture, nessuna opera industriale, niente iniziative. Il depauperamento anche civile conduce alla transumanza. E l’autostrada del Sole diviene la triste via dell’esilio.

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