I Verdi e il Movimento No Triv accusano l'esecutivo di non aver mantenuto la promessa di un'inversione di rotta in materia di estrazione di idrocarburi, denunciando la concessione di nuovi permessi. Ma il vicepremier smentisce, parla di eredità del vecchio governo e plaude l'eventuale impugnazione annunciata da Emiliano: "Sarà un ricorso di un governatore Pd contro una autorizzazione rilasciata dal Pd"
“È una bugia“. Luigi Di Maio interviene nella polemica sollevata da comitati e associazioni ambientaliste sul fronte trivelle, per tre permessi di ricerca nel mar Ionio e due concessioni di coltivazione (una nuova e una proroga) in provincia di Ravenna. “Erano state autorizzate dal Governo precedente e in particolare dal Ministero dell’Ambiente di Galletti che aveva dato una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole. A dicembre, un funzionario del mio ministero ha semplicemente sancito quello che aveva deciso il vecchio Governo. Non poteva fare altrimenti, perché altrimenti avrebbe commesso un reato”.
Quanto scrive Di Maio su Facebook è la stessa spiegazione che prima anche l’attuale ministro dell’Ambiente Sergio Costa ei l sottosegretario al Mise con delega all’Energia, Davide Crippa, avevano fornito di fronte alle critiche del Movimento No Triv, infuriato per i nuovi permessi di ricerca per gas e petrolio ma anche per la notizia (smentita dal ministro Costa) di 18 pareri favorevoli che il suo dicastero avrebbe rilasciato in un solo giorno. I No Triv, in pratica, accusano il governo del cambiamento di non aver cambiato proprio nulla rispetto al passato. Intanto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, annuncia che impugnerà le nuove autorizzazioni.
“Sono contento, non chiedo altro”, scrive sempre Di Maio in merito all’iniziativa del governatore. “Spero che un giudice blocchi quello che da qui non potevamo bloccare senza commettere un reato a carico del dirigente che doveva apporre la firma. Ma non sarà ‘un ricorso contro Di Maio’, bensì sarà un ricorso di un governatore del Pd contro una autorizzazione rilasciata dal Pd”, tiene a sottolineare ancora una volta il vicepremier.
Nel botta e risposta con gli ambientalisti, già prima il sottosegretario Crippa aveva sostenuto che “le autorizzazioni concesse dal Mise sono la conseguenza obbligata per legge dell’ennesima scelta assurda ereditata dal passato Governo”. Ma le sue parole non hanno convinto il comitato, tanto che Enzo Di Salvatore, costituzionalista e cofondatore del Coordinamento Nazionale No Triv, annuncia che non parteciperà alla riunione. “Trovo che quelle dichiarazioni – spiega – offendano l’intelligenza di coloro che alla causa no Triv hanno dedicato per molti anni il proprio impegno civile”. Ma il botta e risposta non si ferma, tanto che Crippa parla di una questione che sta ormai “assumendo dei caratteri di disinformazione voluti”. Dopo l’ennesima polemica è stato direttamente il ministro Costa, nuovamente, ad intervenire su Facebook, ribadendo di non aver firmato nessun nuovo permesso: “Quelli rilasciati in questi giorni dal Mise sono purtroppo il compimento amministrativo obbligato di un sí dato dal ministero dell’Ambiente del precedente governo, cioè di quella cosiddetta sinistra ‘amica dell’ambiente'” ha scritto Costa, ribadendo l’impegno del governo: “Lavoreremo per inserire nel dl Semplificazioni una norma per bloccare i 40 permessi pendenti come ha proposto il Mise”.
IL CASO APERTO DI MASSERIA LA ROCCA – Il tutto con la questione ancora calda che riguarda l’istanza di ricerca di idrocarburi ‘Masseria la Rocca’, nel comune di Brindisi di Montagna, in provincia di Potenza. Prima il governo si era opposto all’istanza, ma poi il Consiglio dei Ministri si è costituito in giudizio nel ricorso per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione che la Basilicata ha sollevato contro il permesso. Crippa e il portavoce M5S Mirella Liuzzi hanno chiarito che la costituzione in giudizio è stata ‘un atto dovuto’ e che l’istanza di ricerca sarà respinta, mentre il Movimento 5 Stelle modificherà la legge che permette al Governo di superare la mancata intesa delle Regioni in materia. Ma, di fatto, la vicenda è ancora aperta.
LA DENUNCIA DI BONELLI E LA REAZIONE DI EMILIANO – L’ultima polemica riguarda invece due concessioni (una nuova e una proroga) nel ravennate e tre permessi di ricerca di gas e petrolio nel mar Ionio su una superficie complessiva di 2200 chilometri quadrati (concessi alla società americana Global Med). Una polemica partita dalla denuncia di Angelo Bonelli dei Verdi: “Il Ministero dello Sviluppo Economico di Luigi Di Maio ha dato il via libera alle trivelle per la ricerca del petrolio nel mar Ionio”. Bonelli fa riferimento a quanto pubblicato il 31 dicembre 2018 sul Buig (bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse). “La ricerca – continua Bonelli – autorizza l’uso dell’air gun, le bombe d’aria e sonore che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica: è il regalo di Luigi Di Maio alla Puglia e alla Basilicata dopo Ilva e le autorizzazioni alla Shell rilasciate dal Ministero dell’Ambiente”. L’esponente dei Verdi se la prende con Di Maio che “con la legge di Bilancio avrebbe potuto abrogare l’articolo 38 della legge Sblocca Italia, voluta da Renzi, che consente di unificare l’autorizzazione di ricerca con la concessione a estrarre idrocarburi, ma – è l’accusa – come ha fatto con Ilva ha confermato per intero quello che ha fatto il precedente governo”. Non si è fatta attendere la reazione del governatore Michele Emiliano: “Impugneremo le nuove autorizzazioni rilasciate dal Mise a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. La battaglia contro le trivellazioni nei mari pugliesi continua”.
LE CONCESSIONI IN EMILIA-ROMAGNA – Sempre sul Buig del 31 dicembre sono stati pubblicati anche i decreti di conferimento della concessione di coltivazione ‘Bagnacavallo’ e di proroga della concessione di coltivazione ‘San Potito’, entrambi in Emilia-Romagna. La nuova concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi denominata ‘Bagnacavallo’, ricade entro la provincia di Ravenna ed è stata rilasciata in favore della società Aleanna Italia per la durata di 20 anni. “Il progetto estrattivo – ha spiegato in un post su Facebook il costituzionalista Enzo Di Salvatore, cofondatore del Coordinamento Nazionale No Triv – prevede la realizzazione e la messa in produzione di cinque pozzi (due esistenti e tre nuovi). La concessione di coltivazione “San Potito”, scaduta da anni, è stata prorogata per 15 anni in favore della Società Padana Energia Spa e ricade sempre entro la provincia di Ravenna. “La concessione è contigua a quella denominata ‘Bagnacavallo’. Anche in questo caso, il programma dei lavori prevede la realizzazione e la messa in produzione di cinque pozzi (due esistenti e tre nuovi).
LE ACCUSE DEI NO TRIV – Tre, in particolare, le ragioni per cui secondo i No Triv il governo attuale avrebbe “ceduto”, riproponendo quanto fatto già dai governi precedenti. In primis c’è autorizzazione della ricerca con l’Airgun “quando – ricorda Di Salvatore – con una sua proposta il M5S avrebbe voluto che l’utilizzo di tale tecnica fosse reato”. Il costituzionalista ricorda poi che sono stati prorogati titoli già scaduti “quando il governo Monti e il governo Renzi furono aspramente criticati proprio per questo”. Infine l’annosa questione del limite dei 750 chilometri quadrati previsti dalla legge e “nei fatti aggirato dal momento in cui si accordano a una stessa multinazionale due permessi contigui, ciascuno dei quali non è superiore ai 750 kmq (ma la somma fa quasi 1.500 kmq)”.
LA REPLICA DEL SOTTOSEGRETARIO CRIPPA – Alle accuse dei No Triv risponde il sottosegretario al Mise Davide Crippa: “Avevamo davanti due alternative: bloccare con forte rischio di impugnazione e non ottenendo alcun risultato, oppure lavorare per una proposta normativa in modo tale da porre fine al proliferare di richieste di trivellare il nostro territorio o i nostri mari”. Crippa ripercorre le tappe che hanno portato alle autorizzazioni. Per quanto attiene ‘Bagnacavallo’: il Ministero dell’Ambiente ha deliberato la Valutazione di Impatto ambientale favorevole nel 2016, la Regione Emilia Romagna ha espresso l’intesa favorevole nel 2017, così come i Comuni interessati Lugo e Bagnacavallo. “Stando alla normativa attuale – conclude Crippa – non era possibile negare il conferimento. Addossare la colpa a questo Governo è dunque un’assurdità che denota anche malafede”. Per quanto attiene i 3 permessi di ricerca della società Global Med che interessano lo Ionio, il Ministero dell’ambiente ha ottenuto la valutazione di impatto ambientale favorevole nel 2017. “Mesi prima – continua il sottosegretario – che si formasse il Governo del Cambiamento. Su questa ennesima eredità, così come sulle altre, daremo battaglia con una proposta che verrà presentata al decreto semplificazioni: un emendamento tale da bloccare l’iter di ben 40 titoli oggi pendenti”. Qualcosa sarebbe già accaduto: “Da quando siamo al Governo (1 giugno 2018, ndr), il Mise ha dato seguito alla rinuncia formale di tre permessi di perforazione in Sardegna e Sicilia, nonché all’iter di rigetto di sette permessi di ricerca nell’Adriatico e nel Canale di Sicilia. A queste si aggiungono altri tre titoli su terraferma che non verranno conferiti, Carisio (NO), Tozzona (BO-RA) e Masseria la Rocca (Basilicata)”.
LA CONTROREPLICA – Ma le parole del sottosegretario non convincono i No Triv. Che ribadiscono: “Le autorizzazioni concesse dal Mise non sono affatto ‘la conseguenza obbligata dell’ennesima legge assurda ereditata dal passato Governo’”, mentre “le firme dei quattro decreti non erano un atto dovuto”, in quanto “il diniego dei tre permessi e della concessione non avrebbe comportato lesione del legittimo affidamento in capo ai richiedenti”. Secondo il comitato la responsabilità più grave dell’Esecutivo sta nel “non avere posto la parola ‘fine’ al far west delle trivelle, approvando, ad esempio, una moratoria con un semplice decreto o dando corso all’iter di elaborazione del Piano Aree”. Il movimento contesta anche le parole di Crippa su quanto il governo avrebbe fatto finora. “Crippa ricorda male, anzi malissimo: di norma il Mise non si oppone alle istanze di rinuncia presentate da quelle compagnie Oil&Gas che per varie ragioni intendono abbandonare il campo”. Ebbene, nei Bollettini pubblicati da giugno a dicembre 2018 “è presente un solo atto di accettazione da parte del Mise – contestano i No Triv – di un’istanza di permesso di ricerca (‘Tozzona’ di Po Valley)”. Per quanto riguarda i permessi di ricerca, a giugno a dicembre 2018 risultano presentate – ma non accettate – altre due rinunce, entrambe da parte di Eni (Capparuccia e San Benedetto del Tronto dove peraltro si prevede un nuovo sito di stoccaggio gas). “Quanto all’iter di rigetto di 7 permessi di ricerca in Adriatico e nel Canale di Sicilia – conclude il comitato – nei Bollettini (nel periodo di riferimento, ndr) non c’è traccia di atti di rigetto”. Ma Crippa non ci sta e parla della volontà di omettere “informazioni definitive e fondamentali per screditare questo esecutivo”. “Riporto in allegato copia del Rigetto del pozzo di Carisio (NO) – scrive in un post – che qualcuno deve proprio far fatica a trovare, tant’è che nemmeno lo tiene in considerazione tra gli atti che questo governo ha portato a termine”. “Quando scrivo che è stato dato seguito all’iter di rigetto – precisa il sottosegretario – non vuol dire che il rigetto è stato già pubblicato. Il rigetto è frutto di un percorso formale di corrispondenza tra le parti che può portare, dopo tempistiche obbligate per le controdeduzioni, all’emanazione del rigetto”.
I 18 PARERI E IL CHIARIMENTI DEL MINISTRO COSTA – Insomma, il clima non è dei migliori. Basti pensare alla questione, tra l’altro ancora ribadita da Bonelli, dei 18 pareri che il 10 dicembre scorso il ministero dell’Ambiente avrebbe rilasciato in un giorno solo: pareri favorevoli di ottemperanza alla ricerca di idrocarburi in modo particolare nel mare Adriatico. Sulla vicenda si è espresso il ministro Costa nei giorni scorsi: “Quelle 18 verifiche di ottemperanza non sono provvedimenti che danno i permessi ad Agip e Eni per trivellare. Semplicemente perché quei permessi erano già stati dati quando io non ero ancora ministro”. L’ottemperanza è la verifica della conformità di un progetto soggetto a Valutazione di impatto ambientale. In sostanza “durante il governo precedente è stata rilasciata la Via con delle prescrizioni ambientali”. La commissione tecnica di verifica della Via del ministero dell’Ambiente accerta, con proprio atto, l’avvenuta ottemperanza: “È, dunque, una procedura di garanzia, perché le prescrizioni previste nella Via sono obblighi a carico delle aziende. È un’azione di vigilanza per permessi già accordati nel passato”.
Articolo aggiornato dalla redazione