Hanno preteso “silenzio assoluto”, costringendo i volontari “ad ascoltare l’integrale lettura di un comunicato che stigmatizzava” l’attività dell’associazione. I pm di Como hanno chiuso le indagini sull’irruzione di un gruppo del Veneto Fronte Skinheads del 28 novembre 2017, durante una riunione del movimento “Como senza frontiere” in cui si discuteva di migranti. Per questi motivi ai tredici indagati è contestata l’accusa di violenza privata.
L’irruzione delle teste rasate nei locali del Chiostro Sant’Eufemia dove si stava tenendo la riunione era stata denunciata dalla stessa associazione con una nota e un video pubblicato sul canale di Ecoinformazione Arci. “Sono entrati e ci hanno accerchiato, è stata una vera e propria intimidazione”, raccontava Annamaria Francescato, portavoce della rete Como senza frontiere, il giorno dopo l’incursione. Annamaria si trovava assieme ai rappresentanti di altre associazioni, sindacati e sigle politiche nella sede dell’associazione Artficio di via Terragni 4 quando gli skin “con atteggiamento squadrista” si sono presentati alla riunione e “dopo averci accerchiati hanno distribuito i volantini con la loro rivendicazione. Ci hanno insultati un po’. Noi non abbiamo reagito”, raccontava.
Nella ricostruzione dei pm coordinati dal procuratore Nicola Piacente, i tredici che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, l’atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, sono accusati di violenza privata per avere, scrivono , “in concorso tra loro, quali militanti del Veneto Fronte Skinheads”, fatto irruzione “senza alcun preavviso (pur avendola pianificata ed organizzata) nei locali del Chiostro Sant’Eufemia” con “fare intimidatorio“. Si erano poi sistemati “alle spalle dei volontari dell’associazione”, pretendendo “silenzio assoluto”.
È contestata, stando all’avviso di chiusura delle indagini, l’aggravante di aver commesso il fatto in più persone riunite e per uno degli indagati, residente in provincia di Como, di aver “promosso ed organizzato” il reato “con invio di messaggi di carattere organizzativo, inerenti anche l’abbigliamento da indossare in occasione della irruzione, e logistico”. La vicenda era stata ricostruita dalle indagini e dall’analisi del materiale sequestrato in occasione delle perquisizioni eseguite alcuni giorni dopo l’irruzione dagli agenti della Digos di alcune città del Nord Italia.