Il Consiglio nazionale delle ricerche-Isac di Bologna rileva che le temperature dello scorso anno sono state di oltre 1,5 gradi oltre la media. E Francesco rivolge un nuovo appello ai leader mondiali: "Collaborazione nell'intervenire con urgenza su questo preoccupante fenomeno"
In Italia il 2018 è stato l’anno più caldo dal 1800 a oggi, con un’anomalia di oltre 1,5 gradi rispetto alla media dell’ultimo trentennio del secolo scorso. Lo ha comunicato il Consiglio nazionale delle ricerche-Isac di Bologna. Un’emergenza, quella del cambiamento climatico del pianeta, ignorata da super potenze mondiali come gli Stati Uniti, ma ribadita con forza da Papa Francesco. Nel tradizionale discorso per gli auguri di inizio anno al corpo diplomatico accreditato in Vaticano, Bergoglio ha lanciato un nuovo allarme, proprio in concomitanza con la pubblicazione dei dati sul cambiamento climatico nel nostro Paese: “Tra le questioni su cui è particolarmente urgente trovare un accordo in seno alla comunità internazionale vi è la cura dell’ambiente e il cambiamento climatico. Anche alla luce del consenso raggiunto alla recente Conferenza internazionale sul clima (Cop24) svoltasi a Katowice, auspico un impegno più deciso da parte degli Stati a rafforzare la collaborazione nel contrastare con urgenza il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale”.
Francesco, autore dell’enciclica ecologica Laudato si’ nella quale già nel 2016 lanciava l’allarme sui pericolosi rischi per l’uomo dovuti al cambiamento climatico, ha sottolineato che “ripensare il nostro destino comune nel contesto attuale significa anche ripensare il rapporto col nostro pianeta. Anche quest’anno indicibili disagi e sofferenze provocate da alluvioni, inondazioni, incendi, terremoti e siccità hanno colpito duramente le popolazioni di varie regioni del continente americano e del sud-est asiatico”. Il Papa ha aggiunto, inoltre, che “la terra è di tutti e le conseguenze del suo sfruttamento ricadono su tutta la popolazione mondiale, con effetti più drammatici in alcune regioni. Tra queste vi è l’Amazzonia, che sarà al centro della prossima assemblea speciale del Sinodo dei vescovi prevista in Vaticano nel mese di ottobre, la quale, pur trattando principalmente dei cammini di evangelizzazione per il popolo di Dio, non mancherà anche di affrontare le problematiche ambientali in stretto rapporto con le ricadute sociali”.
In quell’enciclica il Papa era stato estremamente chiaro invitando a non ignorare questa grave emergenza. “Mai – ha scritto Bergoglio – abbiamo maltratto e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli”. Aggiungendo che “se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi”. Per il Papa “molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo. Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile”.
A differenza di tanti altri grandi leader mondiali come Donald Trump che continuano a negare il ruolo centrale dell’uomo nei cambiamenti climatici, Francesco si era molto speso per la riuscita positiva della Conferenza internazionale di Katowice inviando una delegazione della Santa Sede guidata dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Il Vaticano, però, al termine del vertice, aveva amaramente constatato che “i leader mondiali riuniti a Katowice per la Cop24 hanno faticato a trovare la volontà di mettere da parte i propri interessi a breve termine, economici e politici, e a lavorare per il bene comune”. La Santa Sede si era dichiarata profondamente delusa dall’accordo finale non nascondendo che esso “non riflette adeguatamente l’urgenza necessaria per affrontare il cambiamento climatico”.
Ma non era stata la sola dura critica. Secondo la delegazione vaticana, infatti, l’accordo di Katowice “sembra minimizzare i diritti umani. Mentre il grido delle persone più vulnerabili e quello della terra richiedono un’urgenza e un’ambizione più grandi, perché vanno di pari passo l’avanzamento della dignità della persona umana, l’alleviamento della povertà attraverso la promozione dello sviluppo umano integrale e l’attenuazione dell’impatto del cambiamento climatico”. Parole riprese da Bergoglio nel suo discorso agli ambasciatori.
“Tra i deboli del nostro tempo che la comunità internazionale è chiamata a difendere – ha affermato il Papa – ci sono, insieme ai rifugiati, anche i migranti. Ancora una volta desidero richiamare l’attenzione dei governi affinché si presti aiuto a quanti sono dovuti emigrare a causa del flagello della povertà, di ogni genere di violenza e di persecuzione, come pure delle catastrofi naturali e degli sconvolgimenti climatici, e affinché si facilitino le misure che permettono la loro integrazione sociale nei Paesi di accoglienza. Occorre poi che ci si adoperi perché le persone non siano costrette ad abbandonare la propria famiglia e nazione, o possano farvi ritorno in sicurezza e nel pieno rispetto della loro dignità e dei loro diritti umani. Ogni essere umano – ha concluso Francesco – anela a una vita migliore e più felice e non si può risolvere la sfida della migrazione con la logica della violenza e dello scarto, né con soluzioni parziali”.
Twitter: @FrancescoGrana