Il Team Principal paga la mancata conquista del titolo in F1, ma soprattutto il nuovo orientamento di Maranello: ridare potere alla componente squisitamente tecnica del reparto corse. Binotto, da 24 anni in Ferrari, è l'ingegnere che ha ridotto il gap con le Mercedes
Anno nuovo, capo nuovo. Sarà così per le Ferrari di Formula Uno, dal momento che i vertici del Cavallino hanno deciso di silurare il team principal Maurizio Arrivabene e mettere al suo posto colui che nella stagione da poco terminata era stato il direttore tecnico della scuderia: Mattia Binotto. Dopo l’anticipazione data dalla Gazzetta dello Sport è arrivata anche la conferma da Maranello, che con una nota ha ufficializzato l’incarico a Binotto: “Dopo quattro anni di impegno e instancabile dedizione Maurizio Arrivabene lascia la Scuderia. La decisione è stata presa di comune accordo con i vertici dell’azienda dopo una profonda riflessione in relazione alle esigenze personali di Maurizio e a quelle della Scuderia. A Maurizio vanno i ringraziamenti da parte di tutta la Ferrari per il lavoro svolto e per aver contributo a riportare la squadra a livelli estremamente competitivi. A lui vanno migliori auguri per il suo futuro e le prossime sfide professionali. A far data da oggi Mattia Binotto assume il ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari. A Mattia continueranno a rispondere tutte le funzioni tecniche“.
Nato a Losanna il 3 novembre del 1969 e laureato in ingegneria al locale Politecnico, Binotto ha fatto tutta la carriera in Ferrari dopo esservi entrato nel 1995 come motorista ed essere approdato nella squadra corse nel 2004, diventandone ingegnere capo nel 2007 e quindi responsabile operativo del reparto motori e Kers due anni dopo. Quindi, nel 2013, vice direttore del reparto motori ed elettronica e successivamente Chief Operating Officer per quanto riguarda l’intera Power Unit: decisione, questa, presa dallo stesso Sergio Marchionne, che in lui vedeva un predestinato. Da ultima, la promozione a Chief Technical Officer della Scuderia Ferrari nel 2016, dopo l’allontanamento dell’inglese James Allison.
Dicevamo della stima di Marchionne per Binotto. Aspettative ben riposte, dal momento che Mattia è stato l’uomo che più ha contribuito a ridurre il divario tecnico delle monoposto Ferrari da quelle Mercedes, specie nell’ultima stagione quando le Rosse sembravano (almeno all’inizio e fino agli errori di Vettel) in grado di sopravanzare le tedesche. Rigoroso ed esigente, acquisendo sempre più responsabilità negli anni è riuscito a creare un’organizzazione che ha messo in risalto la componente ingegneristica e tecnica in senso stretto di Maranello. A discapito degli uomini arrivati in Ferrari da altre esperienze industriali, non direttamente legate alla gestione tecnica di una scuderia.
Forse è anche per questo, oltre che per la sua intransigenza sul lavoro, che negli ultimi mesi era entrato in rotta di collisione con lo stesso Arrivabene. Uno che, non bisogna dimenticarlo, era stato prelevato dal marketing di Philip Morris. “Arrivabene non aveva esperienza di corse, ma solo come pubblicitario e forse era quello che mancava”, ha sentenziato il grande ex Cesare Fiorio commentando l’avvicendamento dai microfoni di Radio Anch’Io Sport.
Era chiaro che la convivenza tra i due sarebbe divenuta un qualcosa di impossibile da portare avanti. Così, dopo il mancato rinnovo del contratto dell’ex team principal, su cui pesa la responsabilità di non aver portato a casa il titolo in F1, il ribaltone non poteva che essere dietro l’angolo. Anche se nessuno, forse, si aspettava che fosse così repentino.
Un ribaltone che, tuttavia, lo stesso Fiorio ha accolto con favore, pur sottolineandone le insidie: “Binotto è cresciuto in Ferrari, grazie a lui la macchina si è evoluta in senso positivo limitando in parte il gap tecnico con la Mercedes. Rispetto ad Arrivabene ha maggior esperienza tecnica specifica, ma allo stesso tempo essendo un tecnico deve farsi le ossa su quella che è la gestione politica della squadra in un campionato che non lascia spazio a chi si deve improvvisare”.