La sarta è diventata 2.0, il boscaiolo ha ereditato il mestiere del papà e così i ricami non si fanno più con ago e filo ma con macchinari e computer. I vecchi mestieri tornati in voga tra i giovani si son solo adeguati ai tempi ma hanno tutti una matrice comune: sono nati in famiglia. E così Maria Alloa Casale, 27 anni, di Riva Presso Chieri, dopo cinque anni di liceo socio-psico-pedagogico ha mollato i libri di Jean Piaget e di Maria Montessori per dedicarsi alla sartoria e ora dopo qualche anno di esperienza ha persino una sua linea e un sito di vendita (www.alloacasale.com). “Ho iniziato da ragazzina, le mie zie erano sarte. Finito il liceo ho fatto un corso professionale di sartoria, taglio e confezioni per aprire una mia attività. Non avevo più voglia di studiare. Lo so che non è molto poetico a dirsi ma è andata così”, racconta Maria sorridendo.
Sul sito la spiega in maniera più affascinante la scelta del suo mestiere: “Tutto nasce da un’idea romantica: creare un prodotto capace di stare al passo con i tempi, e considerare un capo d’abbigliamento come qualcosa di bello e utile e non come una semplice aggiunta all’armadio che sarà presto dimenticato e raramente indossato. Ho pensato di scrivere questo post per condividere con voi il nostro modo di vedere la moda. Quando progettiamo un nuovo articolo, le cose importanti per noi sono solo tre: la materia prima, la versatilità e il comfort”. Il punto di partenza della sarta 2.0 è la ricerca continua: “È molto difficile – spiega – trovare tessuti al 100% naturali ed etici, ma, nel tempo, continuiamo a selezionare, direttamente sul territorio, produttori che lavorano con la nostra stessa attenzione per la qualità e l’ambiente”.
Da quando ha aperto bottega sono passati cinque anni e ora, oltre alla propria linea lavora per negozi che hanno le loro collezioni tra cui profili di alta moda. Di sarte come lei in paese non ce ne sono e finora la fortuna le ha fatto l’occhiolino: “Lavoro anche dieci ore al giorno”, specifica. Maria Alloa Casale guarda al futuro con entusiasmo: “Ho già vari macchinari industriali ma stiamo facendo un investimento per comprare la piattaforma Cad per fare i modelli”. Più a sud, a Santa Teresa di Spoltore in provincia di Pescara, Davide Coppa, 21 anni, ha scelto di fare il ricamatore. Quando ilfattoquotidiano.it lo contatta è stupito di tanto interesse per il suo mestiere: “Era un’attività messa in piedi da mio zio. Quando è morto l’ho ereditata io”. La storia di Davide ha inizio a 16 anni quando dopo aver frequentato la scuola professionale per un anno decide di lasciare i banchi e i libri per dedicarsi all’arte tramandata in famiglia. Un lavoro fatto da suo padre Claudio, dallo zio e dalla cugina Rossana. È lui, con il suo entusiasmo e con la sua voglia di fare impresa a rilanciare l’azienda. “Ricamiamo loghi di aziende su camici, giubbini, su abiti da lavoro. Facciamo questo lavoro anche sui maglioni, gli zaini e le mazze da golf. Abbiamo parecchio lavoro”.
Davide ci tiene a precisare che pur essendo un antico mestiere è fatto con moderni macchinari: “È tutto elettronico. Prima va elaborato il disegno che ci viene inviato via mail poi va posizionato al punto giusto nel macchinario”. Il giovane ricamatore ha le idee chiare sul futuro: “Spero di poter prendere qualche altra macchina per ingrandirmi un po’. Nel 2019 intanto mi sposterò perché lo spazio dove lavoro ora è troppo piccolo”. Non è da tutti nemmeno fare il boscaiolo. Francesco Marrazzo, 22 anni della provincia di Crotone, lo ha scelto un po’ perché ci si è trovato in mezzo, un po’ per passione. È di poche parole, concreto come chi ogni giorno si spacca la schiena per portare a casa uno stipendio. “Ho frequentato – racconta – la scuola di agraria. Terminato il ciclo di studi ho iniziato a fare quello che fa mio padre. Son cresciuto in mezzo ai boschi, tra la legna. Quello è il mio mestiere da sempre”. Francesco si è trovato l’attività già in essere: un camion, un trattore, le motoseghe. “Non c’è molto lavoro ma non mi posso lamentare. Speriamo di poter continuare così”.