A chiedere l'assegno, infatti, è stata Maria Maniscalco, moglie di Rosario Lo Bue, uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano. Il neo sindaco Nicolosi ha bloccato la pratica dopo aver scoperto che "qualcuno dal Servizio sociale del Comune ha addirittura telefonato alla signora Lo Bue per informarla che la domanda non era corretta, perché era stato inserito nel nucleo familiare il marito, attualmente detenuto. Così la signora ha presentato una seconda istanza"
Sostiene di vivere ai limiti della povertà. Per questo motivo ha chiesto di accedere al reddito d’inclusione, che prevede l’erogazione di un sostegno economico per le famiglie con Isee inferiore ai seimila euro. Solo che l’autrice dell’istanza è la moglie del boss di Corleone. A chiedere l’assegno, infatti, è stata Maria Maniscalco, moglie di Rosario Lo Bue, uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano.
La domanda della donna al servizio Politiche sociali del comune in provincia di Palermo risale al 25 novembre scorso. Il comune aveva già dato il suo via libera all’Inps, che deve erogare materialmente il reddito d’inclusione. Ma l’edizione palermitana di Repubblica ha chiesto notizie sul caso al neo sindaco Nicolò Nicolosi. Il primo cittadino non ne sapeva nulla. Ha preso informazioni e ha scoperto che “qualcuno dal Servizio sociale del Comune ha addirittura telefonato alla signora Lo Bue per informarla che la domanda non era corretta, perché era stato inserito nel nucleo familiare il marito, attualmente detenuto. Così la signora ha presentato una seconda istanza”.
Che, però, è stata bloccata da Nicolosi. Il sindaco ha anche annunciato l’apertura di un’indagine interna. “Sorge spontaneo il dubbio che la famiglia di un mafioso non sia proprio nullatenente“, dice il primo cittadino. Eletto alla fine di un turno amministrativo segnato dalle polemiche scatenate dalla foto che immortalava il candidato del M5s Maurizio Pascucci – poi sconfessato da Luigi Di Maio – insieme al nipote di Bernardo Provenzano. A Corleone, tra l’altro, la stessa figlia di Totò Riina aveva chiesto in passato di accedere al bonus Bebè. Le commissarie che reggevano il comune, in quel momento sciolto per mafia, si rifiutarono di concedere il beneficio alla figlia del capo dei capi.