C’è una tassa, in Italia, che colpisce migliaia di lavoratori e ben 52mila studenti (uno su tre) siciliani: è “l’imposta sul rientro”, che è insieme balzello sulla casa, sugli affetti, sulla propria terra e sui trasporti. Mute e rassegnate al niente che mai cambia, le famiglie dell’isola isolata pagano il pizzo sulle speculazioni aeree, che nella geografia trovano una giustificazione bugiarda. Basta un semplice confronto con la Sardegna in tempo di festività per accorgersene: “Il costo di un biglietto aereo è molto diverso: per raggiungere Milano, ad esempio, se si parte da Cagliari 68,69 euro, da Palermo 418,25 euro”. A dirlo è Marcello Susinno, consigliere comunale di Palermo per Sinistra Comune.

Ma a lamentarsi del pedaggio sull’aria di chi vola in Sicilia è anche la politica di destra, direttamente per bocca del governatore Nello Musumeci, che per un last minute da Roma a Catania per rientrare nella terra scalfita dal terremoto – e dalla solidarietà televisiva durata giusto qualche ora – ha pagato di tasca propria 540 euro, più di un RomaNew York andata e ritorno in bassa stagione.

Usura da ultimo minuto? No, il racket delle tariffe senza ritegno è scientifico e a lunga gittata. Anticipare l’acquisto non serve a niente: se il 6 gennaio si prova già a comprare un Milano-Comiso per i giorni che precedono la Pasqua, il costo passa da una media di 22 a 149,51 euro, solo andata. Nello stesso periodo Roma-Catania raddoppia, Milano-Palermo triplica. C’è da piangere lacrime di infamità, oppure rassegnarsi – neanche a prezzi accessibilissimi – al sedile di un bus o di un treno e restarci incollati per una ventina di ore.

La soluzione, a dire il vero, ci sarebbe: continuità territoriale. La invoca Musumeci oggi, l’hanno invocata un po’ tutti ieri, compreso il Movimento 5 stelle, per chiudere il triangolo della politica. La cronistoria recente si ricostruisce facilmente dai giornali. Febbraio 2018, l’Assemblea regionale siciliana approva la mozione del M5s che impegna il governo regionale a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a ottenere il regime di continuità territoriale per la Sicilia: attivare cioè tutte le misure che possano compensare il gap legato alla posizione geografica attraverso, ad esempio, agevolazioni sui costi dei trasporti aerei, marittimi e ferroviari. Luglio 2018, al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riunione per la continuità territoriale per gli aeroporti di Trapani e Comiso. La regione Sicilia si impegna a inviare al Mit entro venerdì 27 luglio le proposte operative da sottoporre alla Commissione europea e lo Stato a stanziare risorse per oltre 31,5 milioni di euro. Novembre 2018, M5s: “Regione inconcludente, mancanze e ritardi nel fornire la documentazione più volte richiesta”. Gennaio 2019: dopo che prima di Natale Comiso e Trapani consegnano i piani sulle tratte sociali da finanziare, si solleva l’idea di “una compagnia low cost siciliana pubblico-privata”.

Così il dibattito riprende quota con lentezza e a strattoni, che più che di aerei verrebbe da pensare si tratti di mongolfiere. A scaldare l’aria le famiglie di un’isola intera, che per riavere i figli a tavola nel giorno di festa versano a compagnie sanguisuga la metà di uno stipendio. Essere costretti a lasciare la propria terra per costruirsi un futuro è una vergogna, specularci sopra uno schifo.

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