La “scelta” di Marco Piovella di non collaborare “nonostante il dolore mostrato per la morte di Daniele Belardinelli, costituisce un forte ostacolo per l’accertamento di chi ne sia il responsabile”, perché il capo ultras “si è rifiutato anche di dire chi fosse intorno a lui” e “possa aver notato la vettura o le vetture che hanno travolto la vittima”. Anche per questo il leader dei Boys nerazzurri deve restare in carcere.

Lo ha stabilito il gip Guido Salvini respingendo la richiesta di domiciliari avanzata dai legali del designer, indagato per gli scontri prima di Inter-Napoli nel corso dei quali è stato investito Belardinelli, deceduto poche ore dopo in ospedale. La morte dell’amico, per la quale sono indagate 8 persone, è “dovuta peraltro a fatti che egli stesso ha contribuito in modo importante a generare“. Da parte dell’imprenditore-ultrà, sottolinea, non è arrivato “alcun cenno di riflessione critica sulle condotte proprie del mondo di cui fa parte con un ruolo di leadership”. Un “atteggiamento questo che tra l’altro comporta che fatti del genere possono più facilmente ripetersi qualora l’occasione nuovamente si ripresenti in altre e prossime trasferte dei tifosi con un rischio acuito dalla volontà di rappresaglie“.

Ad avviso del giudice, Piovella “ha seguito la regola dell’omertà propria” dei gruppi della curva “che ne uscirebbe certamente rafforzata se egli fosse scarcerato provocando ostacoli ancora maggiori all’accertamento della verità“. In un momento “in cui le indagini sono in piena evoluzione”, si legge nell’ordinanza con cui conferma il carcere, “l’applicazione nei confronti” di Piovella “di una misura attenuata rafforzerebbe obiettivamente, anche attraverso le campagne sui social network che già vi sono state e che è quasi impossibile controllare, l’omertà che caratterizza l’ambiente di cui Piovella fa parte in modo carismatico con ostacoli anche maggiori di quanti già esistono all’acquisizione della prova e alla sua genuinità”.

La concessione dei domiciliari in un caso del genere “costituirebbe infatti – spiega Salvini – un messaggio a rispettare le regole di gruppo che l’indagato ha dichiarato esplicitamente di voler rispettare e quindi implicitamente di far rispettare da tutti”. Il gip ricorda, tra l’altro, “le numerose minacce che sono già circolate, tramite gli strumenti di comunicazione degli ultrà interisti, nei confronti di Da Ros Luca” – arrestato e scarcerato sabato dopo aver indicato ai pm i nomi del ‘Rosso’, ossia di Piovella, e di altri ultras nerazzurri – “per la scelta che egli ha assunto e tali da estendersi, come messaggio, ad altri possibili testimoni“.

Riguardo alle “condizioni legittimanti il mantenimento della custodia cautelare in carcere”, il gip ricorda che Piovella è indagato per rissa aggravata “punibile sino a cinque anni di reclusione e che l’episodio concretamente si pone a livelli molto elevati di gravità”. Inoltre, anche a prescindere dall’iscrizione nel registro degli indagati per omicidio volontario (i pm hanno iscritto per questo reato, anche a garanzia, tutti coloro che erano presenti agli scontri), Piovella è accusato anche di “lesioni volontarie” e dell’utilizzo “in concorso con gli altri aggressori, di razzi, petardi, bastoni e coltelli nell’ambito di una manifestazione sportiva“, oltre che di “porto di bastoni e coltelli”.

Da ciò deriva che “è prospettabile l’irrogazione nei suoi confronti di una pena non inferiore a tre anni di reclusione, circostanza quindi che legittima il mantenimento della misura cautelare più grave”. Per il gip non ci sono elementi che “rendano possibile l’applicazione” dei domiciliari, misura che “per le caratteristiche dei mezzi di comunicazione attuali, non sarebbe in alcun modo sufficiente a troncare i rapporti fra l’indagato il suo ambiente”.

Nel frattempo, oltre alla Volvo V40 già sequestrata nei giorni scorsi, è stata bloccata anche una seconda auto a Napoli ed è imminente il sequestro della vettura, che potrebbe aver travolto l’ultrà del Varese, mentre la Volvo, poi, gli sarebbe passata sopra quando era già a terra. Lunga la lista degli indagati, anche a garanzia, per omicidio volontario, tra cui gli otto tifosi napoletani che erano sulle due auto. Gli investigatori avrebbero individuato chi era alla guida della Volvo, ossia un amico dell’ultrà 25enne nella cui disponibilità era l’auto, intestata a suo padre. Nessuno dei quattro della Volvo, però, ha ammesso l’investimento e decisive saranno anche le analisi della polizia scientifica alla ricerca di tracce di sangue sulla macchina. Analisi che verranno estese anche alla seconda auto.

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