Il capogruppo dem a Palazzo San Macuto sull'iniziativa della nuova commissione guidata da Nicola Morra che vuole "aggiornare" il codice di autoregolamentazione delle candidature inserendo tutte le condanne per reati contro la pubblica amministrazione: "Non siamo contro la modifica - dice - Ma ci sono altre priorità, come quella di attrezzare le commissioni elettorali affinché possano valutare la candidabilità delle persone, perché nei tempi e nei mezzi che hanno non ci sono gli strumenti adatti"
Il nuovo codice degli impresentabili della commissione Antimafia non è una priorità. Lo sostiene il capogruppo del Pd a Palazzo San Macuto, Franco Mirabelli. Il senatore si riferisce all’iniziativa della nuova commissione guidata da Nicola Morra che vuole “aggiornare” il codice di autoregolamentazione delle candidature inserendo tutte le condanne per reati contro la pubblica amministazione.
“Improvvisamente il presidente Morra ha convocato la commissione sul tema della modifica del codice di autoregolamentazione dei partiti, che non si può affrontare in maniera emergenziale. Questa cosa sembra più una bandierina che un’iniziativa che possa garantire una reale trasparenza delle liste. Il codice c’è già e alle prossime regionali Abruzzo si andrà a votare con quello”, dice Mirabelli. “Non siamo contro la modifica – specifica il capogruppo dem -, ma ci sono altre priorità, come quella di attrezzare le commissioni elettorali affinché possano valutare la candidabilità delle persone, perché nei tempi e nei mezzi che hanno non ci sono gli strumenti adatti. Inoltre bisogna ragionare su come la commissione Antimafia possa affrontare il tema della verifica del rispetto del codice di autoregolamentazione”. Per Mirabelli “si può verificare la bozza di un eventuale nuovo codice con calma, passando poi per le aule parlamentari così come siamo passati per quello precedente. Non credo che si possa pensare di introdurne uno nuovo senza fare lo stesso percorso”.
Nelle intenzioni di Morra, invece, il nuovo codice sarà una versione ancora più dura di quello varato nel 2014 quando la commissione era guidata da Rosy Bindi. In quel documento si definivano impresentabili i candidati condannati per concussione, corruzione per l’esercizio della funzione , corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari , induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio, istigazione alla corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione, usura, riciclaggio, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Era applicabile non solo alle elezioni (dalle politiche alle comunali) ma anche a tutte le designazioni negli enti pubblici. Ma come detto non aveva e non ha valore legislativo: i candidati condannati possono comunque correre alle elezioni. Seppur con il rischio di vedersi inseriti nella sempre nutrita pattuglia degli “impresentabili“.
Secondo una bozza del nuovo codice visionata dall’Ansa, invece, il novero di reati “sarà esteso anche a fattispecie che nelle più recenti innovazioni legislative sono stati ritenuti particolarmente allarmanti o che costituiscono illeciti-spia di più complesse attività illecite”. Tra questi i reati di “caporalato“, la tratta delle persone, l’autoriciclaggio, i reati di bancarotta fraudolenta, ma anche i reati di false comunicazioni sociali (come riformati dalla legge 27 maggio 2015 n. 69) e quelli di corruzione tra privati (come riformati dalla legge approvata dalla Camera il 18 dicembre 2018, in attesa di pubblicazione)”. In pratica tutti reati modificati in epoca successiva al codice della Bondi. Il regolamento – si legge ancora nella bozza – terrà anche conto dell’introduzione delle nuove “misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, così come previsto dalla nuova legge Anticorruzione.