Vi sono alcuni punti che, credo, non debbono mai essere persi di vista. La lotta di classe, non mi stancherò di ribadirlo, è oggi tra massa nazionale-popolare (hegelianamente, il Servo) ed élite global-elitaria (hegelianamente, il Signore). Il conflitto tra Capitale e Lavoro resta il fulcro di questa lotta. Ora il governo, se vuole essere del popolo e non contro il popolo (del Servo e non contro il Servo), deve esimersi tassativamente dalle perniciose politiche del “salvare le banche” (Carige in questo caso).

Salvare le banche è il motto dell’élite globalista e dei suoi araldi, gli armigeri del pensiero unico politicamente corretto ed eticamente corrotto. Occorre salvare il popolo, non le banche. Salvare le banche significa, com’è ovvio, massacrare il popolo: cioè usare fondi pubblici per interessi privati, ancora una volta attuando un keynesismo rovesciato, che giova unicamente ai dominanti. E che, per dispiegarsi, necessita di misure di lacrime e sangue per i dominati.

Lo chiamo keynesismo rovesciato: a differenza di quello classico, con cui lo Stato frenava la voracità illimitata del mercato e favoriva le classi più deboli mediante l’impianto welfaristico, il nuovo keynesismo élite-friendly opera in senso contrario. Attinge dal pubblico, per donare al privato. Preleva al popolo, per dare all’élite. Sottrae al basso, per donare all’alto. Lo stratagemma narrativo è sempre il medesimo, il capolavoro della retorica del potere: le banche sono too big to fail, “troppo grandi per fallire”. Se fallissero, ne scaturirebbero sciagure sociali immani. È una narrativa fuorviante, propria di chi, con essa, vuole colpire il basso per favorire sempre e solo l’alto.

Che fare, dunque, per riprendere il noto e sempre valido quesito leniniano? In primis, evitare intrusioni dei famelici lupi dell’Unione europea, id est della Bce. I quali, com’è ovvio, non vedono l’ora di intervenire con i soliti dispositivi di cattura, cioè per rinsaldare la nostra schiavitù. In secondo luogo, evitare senza esitazioni l’aiuto alle banche e il loro salvataggio con pubblici danari. In terzo luogo – ed è il punto decisivo – procedere in direzione dell’interesse nazionale-popolare, cioè nazionalizzare il sistema bancario. È ora di porre fine a questo sciagurato “comunismo capitalistico”, con cui si privatizzano gli utili e si rendono pubbliche le perdite, addossando alla collettività l’onere del salvataggio. Occorre nazionalizzare gli assetti fondamentali di questo Paese, dalle banche alla Fiat, reagendo alla “bestia selvatica” (Hegel) del mercato deregolamentato.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Luzzara ‘vieta’ l’hate speech e sì, è un buon segnale. Come fu per il fumo nel 2013

next
Articolo Successivo

La Generazione Erasmus esiste o no? La verità è che ai giovani non interessa questo dibattito

next