“Alla Scuola Normale Superiore di Pisa bisogna decidere se rimanere isolati in una torre d’avorio o aprirsi al resto del mondo, ma anche se nella gestione di questa istituzione siano opportune le interferenze di sindaci e quant’altro”. Mancano ormai poche ore alla riunione del Senato Accademico prevista per domani, nel corso della quale si discuterà sulla mozione di sfiducia presentata nei confronti del direttore della Normale Vincenzo Barone che, sentito da ilfattoquotidiano.it non nasconde la sua amarezza. La mozione è stata presentata il 12 dicembre scorso dai rappresentanti degli studenti, dopo l’approvazione in commissione Bilancio della Camera di una modifica alla manovra che avrebbe istituito sperimentalmente, per un triennio a decorrere dall’anno accademico 2019-2020, una sede della prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, negli spazi messi a disposizione dall’Università di Napoli Federico II. Un’idea lanciata proprio dal direttore e che gli si è rivoltata contro. Domani, la decisione tanto attesa. Se i due terzi o più voteranno la mozione di sfiducia, dovrebbe esprimersi tutto il corpo elettorale della scuola. A quel punto, però, Barone non vuole arrivare. “In quel caso io mi dimetterò subito perché non ho intenzione di tenere la scuola in stato di agitazione per un mese – annuncia – altrimenti valuterò in base a come è andata la votazione”. Nel frattempo commenta il progetto ‘alternativo’ della “Scuola Superiore del Sud” finanziato con 50 milioni di euro: “Molto diverso dall’idea iniziale, io non avrei accettato”.
IL DIRETTORE BARONE: “SONO AMAREGGIATO” – In queste ore Barone – protagonista in passato di denunce contro la discriminazione delle donne in ambito universitario – è a Roma, perché convocato dal ministro dell’Istruzione, università e ricerca. “Sono amareggiato non tanto per la valutazione politica e il risultato – spiega Barone – quanto per le modalità con cui si è svolta tutta la vicenda”. Non era mai accaduto prima, anche perché la scuola non ha mai avuto la possibilità di sfiduciare il direttore. “È una facoltà – sottolinea Barone – introdotta proprio da me nell’ultimo statuto. E poi si decide una sfiducia con una velocità inusuale. Lo interpreto come la volontà di eliminare un problema – continua – anche se temo che non sarà così facile, perché ormai è accaduto qualcosa. Ora bisogna chiedersi quale deve essere il ruolo della scuola”. L’idea di Barone è quella di un progetto più ampio “altrimenti non competiamo a livello internazionale”. L’alternativa è rimanere fedeli a ciò che la scuola già rappresenta. “Non è una strada che avrei intrapreso – aggiunge Barone -. L’ho detto subito che non sarei stato direttore, se questo avesse significato distaccarsi dalla mia visione. Se non si era d’accordo se ne poteva discutere e, se non si fosse raggiunta un’intesa, sarei stato e sono disposto ad andarmene”. Già agli inizi di dicembre il direttore aveva dichiarato: “Ho scritto chiaramente nel mio programma elettorale che volevo portare la Normale a Napoli e costruire una costellazione di Normali in giro per l’Italia con Pisa capofila e centro decisionale di questo network”. E oggi ribadisce: “Lo sapevano tutti”.
50 MILIONI PER UNA SCUOLA AL SUD – È finita che lo sdoppiamento della Normale non si farà, così come chiesto in primis dal sindaco leghista di Pisa Michele Conti e dal deputato del Carroccio Edoardo Ziello: il governo ha bloccato l’uso del nome Normale per altri istituti universitari di eccellenza diversi da quello fondato a Pisa da Napoleone Bonaparte nel 1810. Allo stesso tempo, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha confermato i fondi per la nascita della ‘Scuola Superiore del Sud’ a Napoli. Cinquanta milioni in tre anni per l’istituzione della scuola, nell’ambito di un piano strategico di formazione che vede la collaborazione di Miur, Federico II e della federazione che riunisce Scuola Superiore Sant’Anna, Scuola Normale e Iuss di Pavia.
IL PROGETTO ANDATO IN FUMO – Una soluzione che accontenta (almeno sulla carta) tutti, tranne il direttore della Normale. Barone era stato eletto nel 2016 con un mandato che sarebbe scaduto nel 2020, se non ci fosse stato il progetto del ‘clone’ della scuola universitaria di eccellenza pisana. Un’idea alla quale pensava già all’inizio del 2017. Ne parlò nel suo discorso per l’inaugurazione dell’anno accademico. Un’idea coltivata insieme al presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane Gaetano Manfredi, rettore della Federico II. Barone avrebbe voluto far iniziare i corsi già per il 2018, ma burocrazia e mancanza di fondi hanno fatto rinviare la partenza. Eppure la bomba è esplosa solo a fine 2018. Gli studenti e parte del corpo docente hanno chiesto le sue dimissioni, sottolineando che la scelta di aprire una sede a Napoli avrebbe snaturato i principi e fatto perdere centralità alla prestigiosa istituzione di Pisa. In queste settimane Barone ha raccolto anche sostegno: 300 docenti di rango mondiale gli hanno espresso solidarietà, mentre studenti e professori della Normale lo hanno criticato per una “mancata trasparenza sull’operazione, con risposte fin troppo reticenti anche a precise domande” e perché “non c’è stata alcuna condivisione del progetto”. Dopo l’approvazione in commissione Bilancio della Camera di una modifica alla manovra, è intervenuto anche il sindaco di Pisa, Michele Conti: “La maggioranza di governo ci ripensi, si ravveda e faccia marcia indietro”. Alla fine il ministro leghista Bussetti ha stralciato il piano, affidandolo alla Federico II.
LA SCUOLA A NAPOLI, “UN’ALTRA STORIA” – Un piano che non convince affatto Barone. “La mia idea iniziale – spiega – è che la Scuola Normale di Pisa aprisse una sede a Napoli sullo stesso suo modello e che, per un periodo di sperimentazione, fossimo noi a fare da incubatore”. Solo dopo la sperimentazione la sede di Napoli sarebbe diventata indipendente. “Già la versione iniziale della legge – aggiunge – ritengo avesse dei problemi”. In primis riguardo al comitato ordinatore nominato per tre quinti dal ministro, “mentre noi volevano che la nomina avvenisse su una rosa presentata da noi”. E per il nome, che è stato un po’ il pomo della discordia? “Se negli anni di sperimentazione la scuola di Napoli fosse stata sede della Scuola Normale, ovviamente avrebbe dovuto avere lo stesso nome, ma questa necessità sarebbe venuta meno una volta raggiunta la completa autonomia e indipendenza rispetto al modello di riferimento”. Nella nuova ‘versione’ invece, la scuola è gestita dalla Federico II. “Un modello completamente diverso rispetto al progetto iniziale” spiega Barone. Che aggiunge: “Faccio i miei migliori auguri al rettore (Gaetano Manfredi, ndr) che è un amico, ma non sono d’accordo sul fatto di aver accettato. Secondo me hanno sbagliato”.