L’onorevole Marco Bella ha sostenuto recentemente sul suo blog che il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato per le Università fino al 1° dicembre 2019 non costituirà un problema né per i ricercatori precari degli atenei né per coloro che, già assunti a tempo indeterminato, nutrono ambizioni di carriera, dato che i punti organico 2018 (distribuiti solo recentemente agli atenei) potranno in realtà essere utilizzati per bandire qualsiasi tipo di posizione. Il provvedimento contenuto in legge di bilancio è solo uno stratagemma, sostiene Bella, per “ingannare” gli occhiuti commissari europei, abituati al fatto, aggiungiamo noi, che nei loro paesi tutto avviene forse con un po’ più di criterio e puntualità, e non come da noi, dove i punti organico – che permettono agli atenei di assumere nuovo personale – arrivano alla fine dell’anno e vengono spesi l’anno successivo. L’onorevole Bella ha ragione: a turbare i sonni dei ricercatori precari italiani non è la data del 1° dicembre 2019, bensì i numeri contenuti nel FFO 2018 (il Fondo di Finanziamento Ordinario che ogni anno il Ministero trasferisce alle università pubbliche) che contrastano con quelli dei commi 209 e 209bis del Maxiemendamento appena votato.

L’onorevole Bella e il viceministro Fioramonti si vantano del fatto che i punti organico in distribuzione agli atenei sono circa 500 in più rispetto all’anno precedente. Si scordano però di dire che questi punti organico non paiono avere a oggi una copertura finanziaria. O meglio, la copertura finanziaria – corrispondente a circa 58 milioni di euro – era prevista, ma i commissari europei, per dare il via libera alla legge di stabilità, hanno chiesto un accantonamento della cifra fino a luglio 2019. Insomma: sull’altare dei vincoli europei è stato provvisoriamente sacrificato l’aumento di fondi previsto per l’università. A quali condizioni (economiche) questi fondi accantonati potranno arrivare nelle casse degli atenei nel secondo semestre 2019?

Preoccupa inoltre la locuzione “a decorrere da” che questo governo pare usare un po’ troppo spesso, per procrastinare un finanziamento che scappa alla stregua della bella Angelica rincorsa dall’innamorato Orlando: il FFO 2018 ha riservato 12 milioni di euro nel 2018 e ben 76,5 milioni “a decorrere dal 2019” per un piano straordinario di Ricercatori di tipo B, il contratto di ingresso in università introdotto dalla legge Gelmini. Si sarebbe trattato di un discreto (non eccezionale, ma discreto) bottino, se non fosse che nel comma 209 del Maxiemendamento appena approvato, i milioni di euro riservati a questo piano per ricercatori “quasi-stabili” sono solo 20 per il 2019, e 58,63 “a decorrere” dal 2020. Come se non bastasse, il comma 209bis pone un tetto di spesa di soli 10 milioni di euro per questo benedetto piano di assunzioni, che quindi si ridurrebbe a soli 150 posti.

L’onorevole Bella, dal palco della manifestazione di protesta contro la politica di questo governo in fatto di ricerca e diritto allo studio del 14 dicembre, aveva promesso un piano da 1000 ricercatori nel 2019, ma se va bene questa cifra sarà raggiunta nell’arco di tre anni. L’università italiana, stanti anche i pensionamenti di questi anni, avrebbe invece bisogno di un piano organico di circa 20000 assunzioni nei prossimi 5 anni.

È facile immaginare tuttavia che, andando avanti di questo passo, nella prossima legge di bilancio un’altra piccola fetta di reclutamento (se ci sarà) sarà per il 2020, mentre il grosso sarà “a decorrere” dal 2021, cioè “spalmato” in avanti.

Un’altra cosa che Bella non dice è che gran parte dello sbandierato aumento del FFO non è una scelta politica di questo governo volta a favorire nuovo reclutamento, ma un atto ereditato dalla passata legislatura. Infatti, dopo anni di mancata indicizzazione, gli stipendi dei docenti devono per legge riprendere a salire dal 2019, con scatti non più ogni tre, ma ogni due anni, con ripercussioni sui bilanci degli atenei. Fare un calcolo preciso di quanto ciò costerà alle casse dello Stato non è facile. Il Senato dell’Ateneo di Bologna ha stimato circa 100 milioni di euro per il 2019 (200 milioni nel 2020, 300 nel 2021): una cifra che – sinistramente – corrisponde su per giù all’innalzamento previsto del FFO e per ora accantonato prudenzialmente.

Marco Bella è in grado di rassicurarci a questo proposito, facendoci capire quali cifre reali per il 2019 le università italiane avranno a disposizione per bandire nuovi posti?

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