In questi giorni si è tornati a parlare di un tema spesso presente nel dibattito pubblico: quello della cosiddetta “Generazione Erasmus”, un simulacro vuoto che, come molti altri in Italia, viene scambiato da qualcuno per un vitello d’oro e da altri per un capro espiatorio, con conseguente baruffa di luoghi comuni e faziosità.
di Federico Fabiani
Gli ultimi a riprendere in mano la questione, dopo Diego Fusaro e la nostra collaboratrice Carolina (che ha svolto 10 mesi di volontariato europeo in Danimarca), sono stati i giornalisti del Foglio Lorenzo Borga e Lorenzo Ferrari, ripresi a ruota dal candidato alla Segreteria Pd Dario Corallo.
Confrontandomi con i miei colleghi di Scambieuropei, con cui da 10 anni lavoriamo nel mondo della mobilità giovanile europea (chiamiamolo Erasmus+ ma è molto di più…), a stretto contatto con migliaia di ragazzi e ragazze che grazie ad offerte trovate sul nostro sito hanno vissuto esperienze all’estero, ho sentito il bisogno di dire la mia su questa fantomatica Generazione Erasmus. Anche perché, teoricamente, sono uno di loro. Noi tutti di Scambieuropei lo siamo.
Cercherò di non riprendere gli argomenti caciareschi e totalmente fuorvianti del chierico ex studente e ricercatore di Filosofia, ora intrattenitore d’avanspettacolo e frequentatore dei fascisti di Casapound, che sappiamo avere come unico fine la boutade a scopo commerciale (non agevoliamolo in questo).
Vorrei invece focalizzarmi sull’articolo uscito sul Foglio che coglie spunti molto interessanti.
Numeri e responsabilità dell’Erasmus
Come citato nell’articolo, il dato a mio avviso più sconvolgente è che solo il 13% degli italiani under 35 ha dichiarato di aver trascorso almeno una notte all’estero nell’ultimo anno. Questo elemento, però, riguarda molto più le abitudini di consumo turistiche (e/o le disponibilità economiche) più che il rapporto con le istituzioni europee o il sentirsi cittadini europei. Risulta quindi fuorviante rispetto al tema in questione.
Sempre nell’articolo, accanto ad un’ottima analisi sull’utilizzo improprio e caricaturale del termine “Generazione Erasmus”, si fa notare in maniera abbastanza approssimativa come, nei 30 anni di esistenza del programma, solo il 2% dei giovani europei (9 milioni) abbia usufruito di una borsa Erasmus.
E’ ovviamente poco sensato calcolare questo dato sul totale dei giovani europei, considerando che il programma è rivolto solo a specifiche categorie di persone, la maggior parte dei quali studenti universitari: cioè un terzo del campione dal quale si estrapola questo 2%. Sono quindi dati poco indicativi. Di sicuro sappiamo però che nell’anno accademico 2017/18, solo con il progetto Erasmus, sono partiti dall’Italia 38mila studenti, con un aumento del 10% per l’anno accademico 2018/19.
Ricordiamoci inoltre che quando parliamo di Erasmus stiamo parlando di borse di studio che, purtroppo per alcuni o fortunatamente per altri, non sono a fondo illimitato. Spesso i finanziamenti a disposizione sono pochi, le destinazioni sono limitate o con restrizioni e i partenariati tra le università cambiano a seconda dell’ateneo di appartenenza.
Addossare quindi ad un programma di scambio per studenti universitari, che vale complessivamente 14,7 miliardi di euro in 7 anni divisi tra 27 Stati membri, la responsabilità di aver “plasmato” (nel bene o nel male) un’intera generazione è da considerarsi, nel peggiore dei casi, un intento goffo e ridicolo, un grosso abbaglio, nel migliore.
I giovani e l’Europa
Ok, i giovani che hanno fatto l’Erasmus sono “pochi” e appartengono a fasce precise della popolazione, per cui non si può certamente parlare di Generazione Erasmus, visto che questi non sono rappresentativi della totalità dei loro coetanei. Ma si può parlare di Generazione europea?
Di certo la generazione che stiamo analizzando è nata e cresciuta in un mondo in cui l’Europa c’è sempre stata, ed anzi si è evoluta con lei, insieme a tutte quelle cose che oggi rendono le persone e gli spazi più raggiungibili (voli low-cost, Internet, abbattimento di barriere doganali e frontiere e così via). Ma tra il godere delle comodità e delle opportunità oggettive legate all’unificazione europea, che noi oggi diamo per scontate, e il sentirsi parte di questo processo, può esserci un mare…
Definire la propria identità di cittadini e la propria appartenenza ad una comunità è complicato; è un processo intimo e difficilmente indagabile. Quello che però possiamo fare è porci domande precise per estrapolare medie più rigorose dalle risposte.
Eurobarometro fa questo da anni e nel suo ultimo rapporto rivela che la fiducia dei giovani italiani nell’Unione Europea è al 52% per chi ha tra i 15 e i 24 anni e al 46% per chi ha tra i 25 e i 39 anni. Possono sembrare percentuali basse per la fantomatica “Generazione Erasmus”, ma in realtà lo stesso sondaggio ci dice che la fiducia per governo e Parlamento nazionali è rispettivamente al 18% e 21% nella fascia 15-24 e al 17% e 20%per la fascia 25-39.
La problematica sembra essere, più in generale, quella del rapporto tra giovani e istituzioni, in particolare rispetto alle istituzioni nazionali più che a quelle europee.
L’Erasmus e la valigia di cartone
Forse è errato anche parlare di Generazione Europea.
Forse è proprio sbagliato voler dare un’etichetta a questa generazione, come un feticcio da sventolare in zuffe ideologiche inconcludenti, mentre i problemi reali restano sotto il tappeto. I giovani italiani non sono interessati a questo dibattito perché sono troppo occupati a scongiurare un futuro economico e lavorativo miserrimo e sempre più fosco. Spesso e volentieri lo fanno scegliendo proprio la via dell’espatrio.
Inutile ribadire qui le condizioni di precarietà lavorativa diffuse, l’ascensore sociale praticamente bloccato o i tassi di disoccupazione giovanile; ci basti citare il fatto che la quinta città italiana per popolazione non si trova in Italia, ma nel Regno Unito: si tratta di Londra, dove vivono oltre 300mila (solo quelli iscritti all’AIRE) dei 5 milioni di emigrati italiani, o che nel 2017 hanno abbandonato il Bel Paese in 128mila, il 45,6% dei quali giovani e circa 28mila dei quali laureati (+4% rispetto al 2016).
Questi sono i numeri di cui dovremmo preoccuparci… Ecco perché, Erasmus o non Erasmus, per questa generazione il futuro in Italia rischia di essere sempre di più incerto e la scelta di trasferirsi all’estero più vicina. E che sia per studio o per lavoro, una volta partita sarà difficile riportarla indietro.
Scambieuropei
Associazione no profit
Società - 9 Gennaio 2019
La Generazione Erasmus esiste o no? La verità è che ai giovani non interessa questo dibattito
In questi giorni si è tornati a parlare di un tema spesso presente nel dibattito pubblico: quello della cosiddetta “Generazione Erasmus”, un simulacro vuoto che, come molti altri in Italia, viene scambiato da qualcuno per un vitello d’oro e da altri per un capro espiatorio, con conseguente baruffa di luoghi comuni e faziosità.
di Federico Fabiani
Gli ultimi a riprendere in mano la questione, dopo Diego Fusaro e la nostra collaboratrice Carolina (che ha svolto 10 mesi di volontariato europeo in Danimarca), sono stati i giornalisti del Foglio Lorenzo Borga e Lorenzo Ferrari, ripresi a ruota dal candidato alla Segreteria Pd Dario Corallo.
Confrontandomi con i miei colleghi di Scambieuropei, con cui da 10 anni lavoriamo nel mondo della mobilità giovanile europea (chiamiamolo Erasmus+ ma è molto di più…), a stretto contatto con migliaia di ragazzi e ragazze che grazie ad offerte trovate sul nostro sito hanno vissuto esperienze all’estero, ho sentito il bisogno di dire la mia su questa fantomatica Generazione Erasmus. Anche perché, teoricamente, sono uno di loro. Noi tutti di Scambieuropei lo siamo.
Cercherò di non riprendere gli argomenti caciareschi e totalmente fuorvianti del chierico ex studente e ricercatore di Filosofia, ora intrattenitore d’avanspettacolo e frequentatore dei fascisti di Casapound, che sappiamo avere come unico fine la boutade a scopo commerciale (non agevoliamolo in questo).
Vorrei invece focalizzarmi sull’articolo uscito sul Foglio che coglie spunti molto interessanti.
Numeri e responsabilità dell’Erasmus
Come citato nell’articolo, il dato a mio avviso più sconvolgente è che solo il 13% degli italiani under 35 ha dichiarato di aver trascorso almeno una notte all’estero nell’ultimo anno. Questo elemento, però, riguarda molto più le abitudini di consumo turistiche (e/o le disponibilità economiche) più che il rapporto con le istituzioni europee o il sentirsi cittadini europei. Risulta quindi fuorviante rispetto al tema in questione.
Sempre nell’articolo, accanto ad un’ottima analisi sull’utilizzo improprio e caricaturale del termine “Generazione Erasmus”, si fa notare in maniera abbastanza approssimativa come, nei 30 anni di esistenza del programma, solo il 2% dei giovani europei (9 milioni) abbia usufruito di una borsa Erasmus.
E’ ovviamente poco sensato calcolare questo dato sul totale dei giovani europei, considerando che il programma è rivolto solo a specifiche categorie di persone, la maggior parte dei quali studenti universitari: cioè un terzo del campione dal quale si estrapola questo 2%. Sono quindi dati poco indicativi. Di sicuro sappiamo però che nell’anno accademico 2017/18, solo con il progetto Erasmus, sono partiti dall’Italia 38mila studenti, con un aumento del 10% per l’anno accademico 2018/19.
Ricordiamoci inoltre che quando parliamo di Erasmus stiamo parlando di borse di studio che, purtroppo per alcuni o fortunatamente per altri, non sono a fondo illimitato. Spesso i finanziamenti a disposizione sono pochi, le destinazioni sono limitate o con restrizioni e i partenariati tra le università cambiano a seconda dell’ateneo di appartenenza.
Addossare quindi ad un programma di scambio per studenti universitari, che vale complessivamente 14,7 miliardi di euro in 7 anni divisi tra 27 Stati membri, la responsabilità di aver “plasmato” (nel bene o nel male) un’intera generazione è da considerarsi, nel peggiore dei casi, un intento goffo e ridicolo, un grosso abbaglio, nel migliore.
I giovani e l’Europa
Ok, i giovani che hanno fatto l’Erasmus sono “pochi” e appartengono a fasce precise della popolazione, per cui non si può certamente parlare di Generazione Erasmus, visto che questi non sono rappresentativi della totalità dei loro coetanei. Ma si può parlare di Generazione europea?
Di certo la generazione che stiamo analizzando è nata e cresciuta in un mondo in cui l’Europa c’è sempre stata, ed anzi si è evoluta con lei, insieme a tutte quelle cose che oggi rendono le persone e gli spazi più raggiungibili (voli low-cost, Internet, abbattimento di barriere doganali e frontiere e così via). Ma tra il godere delle comodità e delle opportunità oggettive legate all’unificazione europea, che noi oggi diamo per scontate, e il sentirsi parte di questo processo, può esserci un mare…
Definire la propria identità di cittadini e la propria appartenenza ad una comunità è complicato; è un processo intimo e difficilmente indagabile. Quello che però possiamo fare è porci domande precise per estrapolare medie più rigorose dalle risposte.
Eurobarometro fa questo da anni e nel suo ultimo rapporto rivela che la fiducia dei giovani italiani nell’Unione Europea è al 52% per chi ha tra i 15 e i 24 anni e al 46% per chi ha tra i 25 e i 39 anni. Possono sembrare percentuali basse per la fantomatica “Generazione Erasmus”, ma in realtà lo stesso sondaggio ci dice che la fiducia per governo e Parlamento nazionali è rispettivamente al 18% e 21% nella fascia 15-24 e al 17% e 20%per la fascia 25-39.
La problematica sembra essere, più in generale, quella del rapporto tra giovani e istituzioni, in particolare rispetto alle istituzioni nazionali più che a quelle europee.
L’Erasmus e la valigia di cartone
Forse è errato anche parlare di Generazione Europea.
Forse è proprio sbagliato voler dare un’etichetta a questa generazione, come un feticcio da sventolare in zuffe ideologiche inconcludenti, mentre i problemi reali restano sotto il tappeto. I giovani italiani non sono interessati a questo dibattito perché sono troppo occupati a scongiurare un futuro economico e lavorativo miserrimo e sempre più fosco. Spesso e volentieri lo fanno scegliendo proprio la via dell’espatrio.
Inutile ribadire qui le condizioni di precarietà lavorativa diffuse, l’ascensore sociale praticamente bloccato o i tassi di disoccupazione giovanile; ci basti citare il fatto che la quinta città italiana per popolazione non si trova in Italia, ma nel Regno Unito: si tratta di Londra, dove vivono oltre 300mila (solo quelli iscritti all’AIRE) dei 5 milioni di emigrati italiani, o che nel 2017 hanno abbandonato il Bel Paese in 128mila, il 45,6% dei quali giovani e circa 28mila dei quali laureati (+4% rispetto al 2016).
Questi sono i numeri di cui dovremmo preoccuparci… Ecco perché, Erasmus o non Erasmus, per questa generazione il futuro in Italia rischia di essere sempre di più incerto e la scelta di trasferirsi all’estero più vicina. E che sia per studio o per lavoro, una volta partita sarà difficile riportarla indietro.
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tweet invecchiati male: un sottosegretario alla giustizia che attacca i magistrati che lo condannano. E la Meloni sta con lui. Dalla Repubblica delle Banane è tutto". Lo scrive Matteo Renzi sui social postando un tweet di Andrea Delmastro del 2015 in cui scriveva: "Renzi contro la magistratura. Esiste qualcosa che non sappia di berlusconismo con 20 anni di ritardo? #figliodiberlusconi".
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.