“Se non costruiamo la Rote Armee ogni conflitto si spegne (…) Se non costruiamo la Rote Armee quei maiali possono continuare a fare tutto quello che vogliono (…) Inasprire i conflitti vuol dire che loro non possono più fare quello che vogliono, ma sono costretti a fare quello che vogliamo noi. Non statevene seduti sul vostro divano (…) lasciate da parte chi se la fa sotto, i mangiatori di cavoli, gli assistenti sociali che non aspettano altro che farsela con il potere, razza di straccioni”.

Entrambi usciti per Il Saggiatore, Anatomia di una rivolta, di Agnese Grieco e Rote Armee Fraktion, di Stefan Aust (traduzione di Valentina Parisi) analizzano in modo esaustivo l’avventura eversiva della Raf tedesca, conosciuta, almeno inizialmente, anche come Banda Baader-Meinhof. Dalla manifestazione del 2 giugno 1967 contro la visita dello Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, durante la quale morì lo studente Benno Ohnesorg, assassinato con un colpo di pistola sparato a bruciapelo da un poliziotto – episodio che sancì, almento emotivamente, la nascita della formazione rivoluzionaria – agli addestramenti militari in Cisgiordania e a Gaza con i guerriglieri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, periodo in cui i giovani europei guardavano alla causa palestinese come a una fonte di guida e ispirazione.

Un’epopea che vede l’organizzazione d’ispirazione marxista-leninista, guidata in modo non troppo verticale da Andreas Baader, Gudrun Ensslin, Ulrike Meinhof, Jan-Carl Raspe, Holger Meins e Horst Mahler, scuotere l’intera Repubblica federale tedesca. Una storia che si conclude nel carcere di massima sicurezza di Stammheim, dove il 18 ottobre 1977 i fondatori della Raf furono trovati morti nelle loro celle.

Sia nel libro della drammaturga e regista teatrale milanese che in quello del giornalista tedesco (all’epoca dei fatti collega di Ulrike Meinhof nella redazione di Konkret) vengono ricostruite le vicende attraverso testimonianze, bollettini, documenti, fotografie, interviste. Il nichilistico progetto di una rivoluzione radicale con, sullo sfondo, avanguardie culturali, rabbia e frustrazione extraparlamentare, l’inasprirsi della guerra in Vietnam, rapine, omicidi, attentati, la repressione statale e lo spietato regime carcerario imposto ai detenuti, i dirottamenti aerei, il rapimento di Hanns-Martin Schleyer, potente industriale con un oscuro passato nelle SS, sequestrato il 5 settembre 1977 a Colonia, dopo un sanguinoso agguato terminato con la morte dei quattro uomini della sua scorta e ritrovato, ucciso, nel bagagliaio di un’auto dopo 43 giorni di prigionia.

Efficaci volumi di storia politica e culturale di un’epoca. Ricostruzioni puntuali, tendenzialmente oggettive; la libertà di interpretazione dei fatti lasciata al lettore. Una doppia analisi del binomio umanità-violenza, e dei valori libertari trasformatisi in impulsi distruttivi e autodistruttivi, che hanno condotto i militanti della lotta armata alla teorizzazione del “corpo come arma”. Sia Anatomia di una rivolta che Rote Armee Fraktion sono ottimi testi per comprendere una parte oscura, a tratti misteriosa, di fine anni Sessanta e, soprattutto, del decennio successivo.

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