Partiti giovani, tutti all’opposizione e con visioni politiche eterogenee, ma caratterizzati da una più o meno marcata spinta riformista nei confronti dell’Unione europea e dal punto fermo della democrazia diretta. Sono queste le caratteristiche che accomunano le prime forze politiche che potrebbero formare il nuovo gruppo parlamentare guidato dal Movimento 5 Stelle dopo le elezioni europee di maggio. Nomi svelati in un’intervista a Il Fatto Quotidiano proprio dal vicepremier Luigi Di Maio che, così, smentisce le indiscrezioni circolate su un possibile contatto con i partiti Verdi europei e addirittura con Jean-Claude Juncker ed alti membri del Partito popolare europeo (Ppe).

Oltre ai pentastellati, a far parte del nuovo gruppo politico, che secondo i Trattati deve essere formato da un minimo di 25 deputati che rappresentino almeno un quarto degli Stati membri, quindi sette diversi Paesi, sarebbero i polacchi di Kukiz ’15, i croati di Živi zid e i finlandesi di Liike Nyt. Formazioni che, a un primo sguardo, sembrano avere posizioni difficilmente coniugabili, visto che si passa da partiti definiti populisti e pigliatutto, ad altri che, come la formazione polacca, hanno una collocazione più definita, di estrema destra, nello scacchiere politico.

Di Maio, consapevole del fatto che per ottenere una poltrona importante in Commissione è necessario far parte di un gruppo politico in Parlamento, rivela di essere in trattativa con almeno altri due movimenti e con le costole non violente dei gilet gialli. Inoltre, assicura che ogni scontro tra i componenti della nuova formazione sarà evitato: “Su alcune cose non la vediamo nello stesso modo. Ma tutti assieme vogliamo essere l’ago della bilancia in Europa, partendo dai punti in comune. Firmeremo (un contratto) entro metà febbraio a Roma. Il primo punto sarà la democrazia diretta”.

Kukiz ’15, i nazionalisti polacchi guidati dal rocker
La formazione che più di tutte attira l’attenzione, non solo per il peso politico in patria, ma anche per le posizioni politiche di estrema destra, è quella dei polacchi del Kukiz ’15. Il partito, nato nel 2015 prendendo il nome dal suo leader, il musicista punk-rock Paweł Kukiz, si è affermato come terza forza politica alle ultime elezioni parlamentari del 2015, ottenendo più dell’8% e 26 seggi in assemblea, oltre al 21% dei consensi alle presidenziali dello stesso anno. Le sue posizioni politiche lasciano però perplesso chi si aspettava che il cosiddetto “Manifesto dei Sette”, come dichiarato anche dagli esponenti Cinquestelle, diventasse l’alternativa eurocritica e riformatrice alla coalizione sovranista con a capo l’alleato di governo Matteo Salvini. Kukiz ’15 ha in comune con il Movimento l’intento dichiarato di superare la partitocrazia, la forte presa sulle fasce più giovani della società e il progetto di democrazia diretta. A queste affinità, però, se ne affiancano altre che con le posizioni dei Cinquestelle hanno poco a che vedere e che avvicinano la formazione polacca al gruppo dei sovranisti: forti ideali nazionalisti, posizioni contrarie all’aborto e critiche sui diritti degli omosessuali.

Se il movimento Kukiz ha visto la luce solo nel 2015, l’attività politica del suo leader è iniziata già nel primo decennio dei 2000 e dimostra la malleabilità del personaggio e la propensione al mutamento dei propri ideali. Negli anni ’90, quando ancora non era impegnato in politica, la voce del gruppo Piersi fu accusata di insultare i sentimenti religiosi in alcuni dei brani della band. Agli inizi del nuovo millennio, però, le posizioni di Paweł Kukiz cambiano man mano che si avvicina alla politica attiva: nel 2005 è nel comitato di sostegno alla candidatura di Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio europeo ed esponente di Piattaforma Civica, partito di centro-destra liberale parte del Ppe, alle elezioni presidenziali. Nel 2006 sostiene invece la candidatura alle Parlamentari di Hanna Gronkiewicz-Waltz, sempre esponente di Piattaforma Civica. La svolta a destra si è avuta nel 2010, quando il rocker si è avvicinato e ha sostenuto la formazione conservatrice di destra fondata nel 2007 da Marek Jurek, Destra della Repubblica, alle presidenziali. Da quel momento fino alla sua discesa in campo, nel 2015, il processo di spostamento a destra di Kukiz non si è più fermato, tanto da far ipotizzare, negli anni passati, anche una possibile alleanza con il partito di governo Diritto e Giustizia.

Živi zid, i croati che vogliono uscire dall’Euro
Chi in alcuni tratti assomiglia al Movimento 5 Stelle delle origini è Živi zid (Scudo Umano in croato, ndr), movimento nato nel 2011 per portare avanti una battaglia contro gli sfratti e i pignoramenti occupando gli stabili e formando, appunto, uno scudo umano contro le forze dell’ordine. Il movimento, il cui leader è il 28enne Ivan Vilibor Sinčić, si è poi costituito partito nel 2015 per partecipare alle elezioni presidenziali, dove ha ottenuto oltre il 16% dei voti candidando il giovane ingegnere e attivista. I punti di affinità con il primo Movimento si ritrovano nella lotta alla corruzione, nella vocazione ambientalista, nell’avversione al Ttip e, aspetto che oggi rappresenta un elemento di rottura con il M5s, sono contrari all’adozione dell’Euro. “Non credono nell’Euro – ha dichiarato Di Maio a Il Fatto – mentre per noi non si esce dalla moneta unica”. Il rischio, come per il partito finlandese, è che non avendo mai partecipato alle Europee e avendo ottenuto appena tre seggi nel Parlamento croato alle ultime elezioni del 2016, potrebbero non riuscire a piazzare un loro rappresentante a Bruxelles, anche se i sondaggi li danno in crescita. Altro ostacolo da superare è quello ideologico: Živi zid è considerato un partito populista senza una precisa collocazione politica che tra le altre iniziative propone l’uscita della Croazia dalla Nato e una revisione dei poteri della Corte Costituzionale. Posizioni sulle quali il Movimento dovrà essere bravo a trovare un compromesso, anche con le altre formazioni.

Liike Nyt, i neonati liberisti finlandesi
Hanno appena 9 mesi di vita e un solo seggio nel parlamento finlandese (quello del loro fondatore Harry Harkimo, fuoriuscito dal Partito di Coalizione Nazionale) gli ultimi, per adesso, alleati dei Cinque Stelle in vista delle prossime elezioni a Bruxelles. Sono loro la più grande incognita, visto che contano circa 8mila membri e non si sono mai confrontati con elezioni parlamentari o europee. Basta un solo seggio europeo a questo nuovo partito per poter occupare uno dei sette slot nazionali necessari al “Manifesto dei Sette” per costituirsi gruppo nel Parlamento di Strasburgo. Una scommessa per gli altri membri della formazione europea a guida Cinquestelle. I colloqui con questa formazione, a detta dello stesso vicepremier, sarebbero in una fase leggermente meno avanzata rispetto ai partiti croato e polacco e i punti di contrasto non dovrebbero mancare. Uno su tutti il principio fondante della neonata formazione: quel liberismo in campo economico che non piacerà agli alleati mossi da spinte nazionaliste e anche ai Cinquestelle. La democrazia diretta li tiene legati alle altre formazioni, ma starà all’abilità dei leader pentastellati trovare il denominatore comune che tenga unita la nuova alleanza europea.

Twitter: @GianniRosini

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