Quale Europa vogliono i partiti e movimenti con i quali Lega e 5 Stelle cercano nuove alleanze in vista delle elezioni di maggio? Lo raccontano alcuni europarlamentari sovranisti del Gruppo di Visegrad – Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – intervistati da Fq Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez, nel numero attualmente in edicola. Sì all’Unione europea dei fondi strutturali e del libero mercato – è la sintesi – no a quella che preme per i ricollocamenti dei migranti, per lo Stato di diritto, la libertà d’espressione e l’indipendenza della magistratura.
Entrati da “poveri” nel 2004, nel 2017 i Paesi di Visegrad sono cresciuti velocemente, in media del 4,1% nel 2017, quando la Ue a 28 è al 2,4 (e l’Italia ferma all’1,6). Sono peraltro quelli che dall’Europa hanno avuto più soldi in assoluto in fondi strutturali, Polonia è in testa, molto più di quanto hanno dato.
«È vero, le politiche di coesione dopo il 2004 ci hanno aiutato molto» spiega per esempio a Fq MillenniuM Kosma Zlotowski, eurodeputato polacco dei populisti di Diritto e giustizia (Pis), il cui leader Jarosław Kaczyński ha ricevuto nei giorni scorsi la visita del leader leghista Matteo Salvini in cerca di alleati oltrefrontiera. «La Polonia è cresciuta grazie ai fondi, ma ci sono altri fattori». Quali? «Siamo un Paese importante per gli investimenti e abbiamo giovani preparati. E i soldi che riceviamo servono per aprire il nostro mercato interno alle industrie dell’Ovest».
Per l’assegnazione dei prossimi fondi per la coesione 2021-2027 (373 miliardi di euro, un terzo del bilancio) la Commissione ha introdotto un criterio inedito: il rafforzamento «del legame tra finanziamenti Ue e lo Stato di diritto», tanto da consentire all’Unione di «sospendere, ridurre o restringere l’accesso» ai fondi in proporzione alla «natura, gravità e portata delle carenze relative allo Stato di diritto». Sarà questo uno dei temi caldi della prossima assemblea plenaria del Parlamento europeo, in programma dal 14 al 17 gennaio.
«Il rispetto dello Stato di diritto? È molto importante», commenta Zlotowski, per precisare poi che «allo stesso tempo i criteri sono poco chiari e possono generare false accuse contro alcuni Stati membri. Siamo pronti a lavorarci insieme agli altri partner europei». «Vedo un grande problema nell’introduzione dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti», afferma invece Tamás Deutsch, eurodeputato ungherese tra i fondatori del partito di Orban, Fidesz, in Europa con i Popolari che però li hanno già messi in guardia sul rispetto dei diritti umani. «Vogliono aumentare il budget complessivo per loro e non dare sufficienti risorse per fare fronte a immigrazione clandestina e protezione delle frontiere».
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