Quando mio figlio avrà 14 anni andrà sulla luna perché da piccolo voleva fare l’astronauta. Non so se andrà all’università, perché lui dice che saranno i Lego a formalo. Star Wars è una buona scuola e poi la navicella Millennium Falcon l’ha costruita tutta ma proprio tutta, anche i pezzi più piccoli.

Quando l’altro mio figlio avrà 14 anni, invece, ballerà al teatro dell’Opera. Non so se sarà l’accademia a formalo, lui dice che per ora basta Just Dance Wii 2019. Forse anche Bolle ogni tanto ci gioca.

I miei figli hanno 8 e 4 anni, sognano, ridono, leggono tanto ma soprattutto giocano. Giocano e scelgono, ogni giorno, di essere qualcosa o qualcuno di diverso. Cambiano idea soprattutto, e per fortuna, perché fare l’astronauta può andare bene, ma a bordo della Millennium Falcon la vedo difficile. I mie figli sono piccoli ma sanno già che per essere, dovranno conoscere. E nessuno, per questo, potrà farli sentire sfigati.

Sarebbe troppo facile indignarsi per le parole di Briatore, quando dichiara che non manderà suo figlio all’università perché non ne vede la ragione. Troppo facile dire che studiare serve, che l’università va oltre lo studio, perché è conoscenza, esperienza, relazioni umane che si costruiscono tra giovani colleghi. Ce lo siamo detti mille volte, eppure abbiamo premiato una classe politica che ha sancito la rivincita degli ultimi della classe. Alla cultura che non serve a mangiare, all’istruzione come qualcosa di inutile, ormai siamo abituati. Ma nella parole di Briatore c’è qualcosa di più: c’è il passaggio che descrive lo studioso come uno sfigato, come colui che starà sempre dall’altra parte, quella che con i soldi si può anche comprare. Ed è il motivo per cui Briatore non vede la ragione di far studiare suo figlio: perché con i soldi può comprare le conoscenze degli altri, gli studi degli altri e utilizzarli senza dover per forza studiare lui stesso.

E allora una cosa è importante dirla, il punto non è tanto cosa decide di fare Briatore per suo figlio ma cosa quelli come Briatore stanno facendo ai nostri. Li stanno imbrogliando, dicendo loro che tutto si può comprare e che comprare equivale a essere. Gli stanno dicendo che chi studia sarà sempre un subordinato e che i suoi sforzi verranno acquistati da qualcun’altro, come fossero solo merce di consumo. Gli stanno smontando, di fatto, l’unico presupposto su cui ci aggrappavamo, quello della conoscenza che ti rende libero.

E allora per questo le parole di Briatore sono gravi, perché offendono chi all’università ci vorrebbe andare, ma non può e perché vogliono fissare l’idea che esista una nuova classe sociale, quella degli studiosi, ancora tutta da assoggettare. Lo studioso, invece, è libero per definizione. Anche di sognare – sin da piccolo – cosa sarà da grande.

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