Crolla la produzione industriale italiana a novembre 2018: i dati diffusi dall’Istat raccontano una diminuzione dell’1,6% rispetto ad ottobre e del 2,6% rispetto a novembre 2017. Un trend che segue quello dei maggiori Paesi europei, dove dopo gli andamenti negativi di Francia e Germania, anche Spagna e Gran Bretagna hanno registrato il segno meno, tanto da lasciar presagire una possibile recessione in tutta Europa. Tornando all’Italia, a novembre è precipitata in particolare la produzione nel settore auto: secondo i dati Istat, l’indice corretto per gli effetti di calendario ha registrato un calo del 19,4% su base annuale. Le flessioni maggiori si sono registrate, altrimenti, nell’industria del legno, della carta e stampa, nell’attività estrattiva e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche.
“Mi attendevo e temevo un dato negativo: già i dati per alcuni partner europei erano stati anticipati, ed era difficile che anche per l’Italia non fosse di segno negativo”, ha commentato il premier Giuseppe Conte. “Ma ancor di più è importante aver anticipato prima e compreso che sarebbe stata questa la ragionevole evoluzione del trend economico e ancora per questo è stato ancor più importante intervenire con quella manovra economica nel segno della crescita e dello sviluppo sociale”, ha aggiunto.
Nei primi undici mesi del 2018 la produzione industriale italiana è comunque cresciuta dell’1,2% rispetto all’anno precedente, sottolinea l’Istat, nonostante i dati negativi delle stima sulla produzione di novembre. L’istituto aggiunge che nella media del trimestre settembre-novembre 2018, il livello della produzione registra una flessione dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti.
L’indice destagionalizzato mensile, sottolinea l’Istat, mostra un aumento congiunturale solo nel comparto dell’energia (+1,0%). Variazioni negative registrano, invece, i beni intermedi (-2,4%), i beni strumentali (-1,7%) e i beni di consumo (-0,9%). Su base annua, gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano invece a novembre 2018 una moderata crescita tendenziale solo per i beni di consumo (+0,7%). Diminuzioni rilevanti si osservano, invece, per i beni intermedi (-5,3%), per l’energia (-4,2%) e, in misura più contenuta, per i beni strumentali (-2,0%).
L’andamento nei settori – I settori di attività economica con variazioni tendenziali positive sono le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,7%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+1,3%) e le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,1%). Calano invece rispetto a novembre 2017 tutti gli altri settori. Le maggiori flessioni si rilevano, viceversa, nell’industria del legno, della carta e stampa (-10,4%), nell’attività estrattiva (-9,7%) e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-6,7%).
Il settore auto – Crolla a novembre 2018 la produzione nel settore auto. Secondo i dati Istat, l’indice corretto per gli effetti di calendario ha registrato un calo del 19,4% su base annuale, cioè nel confronto con novembre 2017, e dell’8,6% su base mensile, ovvero nel confronto con ottobre 2018. Il dato conferma, ma con un ulteriore peggioramento, l’andamento di ottobre, quando era stato registrato un calo tendenziale del 14%. Nella media degli undici mesi 2018, la produzione è diminuita del 5,1%. Per quanto riguarda tutto il settore dei mezzi di trasporto, il calo è di -4,3 rispetto a novembre 2017.
Il trend europeo – La produzione industriale ingrana la retromarcia in tutta Europa. Il dato italiano su base mensile (-1,6%) è solo l’ultimo in ordine di tempo tra quelli negativi. In Germania il calo è stato addirittura dell’1,9%, in Francia dell’1,3% ed anche la Spagna ha registrato una diminuzione dell’1,5%. Poco migliori i dati in arrivo dalla Gran Bretagna, dove la produzione è scesa dello 0,4%. Nel terzo trimestre del 2018 l’Italia ha registrato un Pil negativo dello 0,1% e la Germania dello 0,2%. Due trimestri consecutivi di contrazione equivalgono per gli analisti alla cosiddetta “recessione tecnica“.