“La narrazione, il racconto è il primo patrimonio che i sopravvissuti del mare recano con sé, la propria storia, quel primo, fondamentale livello di dignità dell’esistenza umana. Quello, tanto per capirci, che nei lager nazisti veniva azzerato con dei numeri di identificazione tatuati sul braccio del prigioniero che volevano dire ‘nessuna biografia’”. Bastano 45 pagine appassionate scritte da un intellettuale vero, Maurizio Braucci, per fare luce sui migranti. L’infelicità italiana. Vademecum sull’accoglienza, i migranti e noi (Edizioni Napoli Monitor) è un pamphlet, un viaggio che lo scrittore e sceneggiatore napoletano ha fatto a bordo della sua moto, una Ducati. È partito dal suo quartiere a Napoli, il Vasto, per raggiungere la Calabria e incontrare persone, per farsi un’idea sul fenomeno dell’immigrazione e dei centri di accoglienza.

Un libretto che ha il merito di fare chiarezza sulla complessità di una questione scivolosa e scottante, troppo spesso trattata in modo superficiale e sommario. Una questione complessa che è diventata la priorità nell’agenda del governo pentastellato a trazione Lega. Maurizio Braucci indaga e analizza con onestà, si sporca le mani per restiturci un Paese confuso, miope, che invece di valorizzare l’eccellente esperienza di Riace preferisce con la sua politica incrementare un’imprenditoria che specula sui fondi statali ed europei per l’emergenza rifugiati, ovvero speculare sulle spalle degli ultimi.

“Chi aveva un albergo chiuso o che rendeva poco, oppure delle palazzine sfitte, le ha messe a disposizione di un’associazione d’imprese a cui è stato affidato un progetto di accoglienza. È necessario però, perché tutto questo sia proficuo, che il numero di ospiti sia elevato, oltre il centinaio di persone. Calcolando che lo Stato passa 35 euro al giorno di cui 2,5 vanno agli ospiti, un centro che accoglie 150 persone riceve 4.725 euro al giorno, che diventano 141.750 al mese e circa 1.701.000 all’anno.

Non è tutto guadagno, ma togliendo le spese di vitto e le paghe degli operatori si riesce a fare un buon profitto, senza fare quasi nulla e senza rischio imprenditoriale. Allora risparmiando sulle forniture (sono frequenti i casi di latte allungato con l’acqua e i pacchi di pasta provenienti dagli aiuti europei) e sottopagando dei disoccupati e precari italiani, il gioco è fatto. Si è arrivati addirittura al caso di ristoranti e pizzerie convertiti in centri d’accoglienza perché non avevano clienti. Milioni di euro piovuti negli ultimi anni per alleviare la depressione, soprattutto dei meridionali, distribuendone un po’ qua un po’ là”. E a questo punto lo scrittore si domanda: “Se non è miserabile quest’Italia che ha bisogno di disgraziati per tirare a campare, ditemi voi qual è”.

Questo piccolo scritto dovrebbe leggerlo chi parla degli immigrati per sentito dire, chi crede che il vero problema di questo Paese siano loro. Tutti dovrebbero leggerlo, perché non è un libro di parte, ma un libro che aiuta a capire da che parte stare.

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